Gianfranco Rotondi e il ‘Patto di via dell’Anima’ che sancì la nascita del centrodestra

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Trent’anni fa, in questi giorni, fu firmato un documento che segnò la nascita del centrodestra, nell’assetto in cui lo abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni: il 9 marzo del 1995 veniva siglato il ‘Patto di via dell’Anima’, che sanciva l’alleanza del centrodestra berlusconiano col Partito Popolare, uscito sconfitto nelle elezioni dell’anno precedente, e guidato da Rocco Buttiglione.

Ascoltiamo Gianfranco Rotondi:

‘A via dell’Anima si trovava la residenza romana di Silvio Berlusconi, e fu lì che il patto fu firmato, dopo una riunione di ben otto ore, culminata con la firma di un documento da parte di Silvio Berlusconi e Cesare Previti per Forza Italia, Gianfranco Fini e Pinuccio Tatarella per An, Pier Ferdinando Casini per il CCD, Rocco Buttiglione e Gianfranco Rotondi per il Ppi. A breve tutti i firmatari smentirono di averlo fatto.

Oggi, trent’anni dopo, al centrodestra di oggi rimane solo Rotondi, visto che Berlusconi e Tatarella non ci sono più, Previti é fuori dalla politica, Fini e Casini hanno fatto altre scelte, Buttiglione é tornato ad altro.

I democristiani a quel patto sacrificarono la residua unità del loro partito, messa in crisi da tangentopoli e dalla riforma elettorale maggioritaria, rotta in quel marzo del 1995, quando la scelta di Buttiglione costrinse il Ppi a dividersi tra la destra e la sinistra del tempo.

Buttiglione prese atto che Berlusconi aveva occupato lo spazio politico ed elettorale della Dc, e al Ppi non rimaneva che allearsi con lui, lavorando ad un tempo all’evoluzione di Forza Italia in senso popolare, e al mantenimento di una presenza organizzata ed autonoma dei democratici cristiani; la sinistra popolare riteneva invece che lo spazio democristiano Berlusconi lo avesse usurpato, e che dunque occorresse ricostruire sul fronte opposto una presenza dei cattolici democratici capace di costruire e forse guidare l’alternativa al centrodestra.

Nacquero così, contemporaneamente e parallelamente, il Cdu di Buttiglione e l’Ulivo di Romano Prodi. In apparenza il secondo progetto ha avuto la meglio: l’Ulivo vinse le successive elezioni del 1996, Romano Prodi divenne presidente del consiglio, e tornò a palazzo Chigi anche dieci anni dopo, nel 2006, unico leader ad aver vinto due volte contro Silvio Berlusconi. Il Ppi é confluito nella Margherita e poi nel Pd, esprimendo una gran quantità di quadri dirigenti, parlamentari, ministri, tre premier e quello straordinario Capo dello Stato che è Sergio Mattarella.

Per l’interesse del Paese tutto ciò è stato utile, perché abbiamo avuto persone valide in ruoli difficili, e la sinistra non avrebbe potuto esprimerle senza i popolari. Ma quella scommessa politica é comunque persa: i popolari hanno avuto la funzione degli antichi indipendenti di sinistra, foglie di fico del partito Comunista. Invecchiata la dirigenza popolare, lasciato Prodi in un angolo a predicare, il Pd di oggi è un partito di sinistra, guidato da una donna intelligente e dotata di un suo fascino intellettuale, ma interamente rappresentativa di quella cultura radicale e anticattolica che nella sinistra italiana ha sostituito il marxismo.

Veniamo ai democristiani del centrodestra: sul piano del potere, non è andata bene come ai cugini di sinistra. Buttiglione é divenuto più volte ministro, e con lui una mezza dozzina di notabili, compreso il sottoscritto, peraltro per un tempo superiore agli altri. Del Ppi di Buttiglione non rimane nulla, del CCD nemmeno, stazionano nel centrodestra tre sigle post democristiane che si danno appuntamento solo nei tribunali per disquisire di simboli e marchi di cui non importa più nulla a nessuno.

Quanto alla scommessa politica di far evolvere Forza Italia, essa in parte è riuscita, ma non per merito di noi democristiani: accanto a Silvio rimanemmo in pochi, gli altri si sono dispersi in una sequenza di scissioni che non è bastato il mio libro ‘la variante dc’ per raccontare tutte. Oggi Forza Italia é nel PPE, ma ci è arrivata per conto suo, grazie a quel sottovalutato ma impareggiabile tessitore che è Antonio Tajani.

Potremmo dire allora che é un triste trentennale, che stiamo ricordando un fallimento? Sì e no. Intanto va dato atto a Rocco Buttiglione di aver messo la faccia su una scelta che era inevitabile: non fu lui a liquidare il Ppi, ma chi decise che la Dc non dovesse più costruire un’alleanza alternativa alla sinistra, così lasciando elettori e ruolo politico a Berlusconi. Rocco Buttiglione si limitò a trarre le conclusioni, e ad assicurare agli ultimi democristiani uno spazio di agibilità politica in forza del quale stiamo ancora qui a scriverne. Trenta anni dopo bisogna dirgli ancora grazie.

Poi, la vogliamo dire tutta? La tesi di Buttiglione é valida ancora oggi. Giorgia Meloni guida un centrodestra assai diverso da quello di Berlusconi, ma per certi aspetti capace di maggiore suggestione sui democristiani, che saranno pure la parte anziana della popolazione, ma in un paese invecchiato stiamo parlando della sua classe dirigente. A questa Italia tra i cinquanta e novant’anni Giorgia piace perché viene dalla politica, ne conosce virtù e vizi, e si vede. Viene da destra, ma del governo si nota solo la postura atlantista, solidarista, diversamente europeista, e tutto questo piace ai democristiani. Certo, Fdi non è la Dc, né vuole diventarlo. Per certi aspetti l’evoluzione democristiana sarà un effetto del voto di massa: il trenta per cento è la percentuale dell’ultima Dc, e giorno per giorno questo consenso scava un solco sempre più largo nel sentiero inizialmente angusto di Fdi.

E’ un tempo irripetibile e affascinante, in cui Giorgia Meloni é chiamata a costruire una novità politica che accompagni nel Paese la straordinaria novità di questo governo. I democristiani in questo tratto di strada ci debbono essere. E’ il loro posto, é anche la loro sfida. Ci debbono essere con la loro storia, col loro talento, anche con le loro vestigia. Se gli ultimi eredi dc lo capiranno, lo faremo assieme. Altrimenti lo faremo comunque, perché il calendario ci ricorda che trenta anni fa a via dell’Anima abbiamo firmato un sogno che non intendiamo ancora sotterrare’.

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