Giorgia Meloni indagata e si scatena la bagarre in salsa tutta italiana

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Tanto tuonò che piovve. Dopo giorni di polemiche, dichiarazioni, controdichiarazioni, discussioni parlamentari e polemiche è stato notificato nel pomeriggio un avviso di garanzia alla Premier, Giorgia Meloni, e ai ministri di Grazie e Giustizia, Carlo Nordio e dell’Interno, Matteo Piantedosi e il sottosegretario della presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano. Per loro i reati che vengono ipotizzati dalla procura della Repubblica capitolina sono quelli di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri. Il fascicolo d’inchiesta incardinato dai magistrati di piazzale Clodio su esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti mira a fare luce sulla condotta dello Stato italiano, attraverso il vaglio dell’operato dei suoi massimi vertici istituzionali governativi, su quanto accaduto, a Torino, relativamente all’arresto e alla successiva liberazione del comandante libico che, poi, è stato espulso e accompagnato con un aereo di stato nel suo Paese. Il provvedimento giudiziale arriva a poche ore dall’informativa urgente che domani pomeriggio avrebbero dovuto dare in parlamento di due ministri indagati. La notizia ha fatto salire la tensione a tutto tondo e per ragioni opposte negli schieramenti politici scatenando una marea di reazioni. Va detto che in presenza di una denuncia circostanziata e sottoscritta, della cui identità del firmatario si è accertata l’esistenza per dettame costituzionale una procura ha l’obbligo di indagare e a garanzia degli indagati emette un avviso di garanzia. Quindi dov’è lo scandalo? S’è detto e scritto che il sottoscrittore, noto avvocato, possa essere amico dell’ex premier di centro sinistra, Romano Prodi. Che il legale, nel suo curriculum professionale vanta la difesa di diversi pentiti di mafia che il magistrato titolare del fascicolo è lo stesso pubblico ministero che mandò sotto processo, per sequestro di persona, il ministro Salvini quando, nel governo Conte, era titolare del Viminale. Bene, sono tutti dati di fatto ma cosa c’entrano con la garanzia istituzionale di indagare un fatto, una vicenda, un episodio verificatosi che, tra l’altro, è di interesse nazionale sia da un punto di vista politico che economico finanziario? Tutti gridano allo scandalo. Presunte vittime e presunti carnefici sono d’accordo, per tesi opposte, che si tratti di uno scandalo, di una gaffe, di una manovra poco chiara. Bene, sicuramente molti lati non molto trasparenti pare emergano in questi comportamenti e in questa vicenda e quale miglior viatico ci può essere in uno stato democratico che una verifica di un organo istituzionale terzo? Una verifica che, in questo caso, si chiama inchiesta che stabilirà la verità quella giudiziaria e quindi di Stato su quanto accaduto. Verità che se accerterà che l’operato dello Stato, attraverso le decisioni delle sue figure istituzionali, è stato corretto darà la patente di grande osservanza istituzionale delle regole e delle leggi ha chi a preso decisioni o che se in caso contrario dovesse stabilire che c’è stato qualche errore chiamerà a rispondere chi di quell’errore ne è stato responsabile. Punto e basta. Del resto come pensando con Ciceroniana o Sant’Agostiana memoria, anche se ci fosse stato un errore e questo venga dimostrato fatto in buona fede o per ragion di stato. Lasciarsi prendere dai facili isterismi vittimistici o trionfalistici non giova alla verità dei fatti e men che meno si addice al costume istituzionale di chi rappresenta lo stato o autorevoli organi di esso. Lasciamo fare il proprio corso alla giustizia come al Parlamento le leggi, in modo, scomodando l’evangelista Matteo che sempre, e non solo quando conviene a ciascuna delle parti, si possa dire “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Ricordando che la caccia agli untori è una filosofia che sottende la pseudo detenzione di una sottocultura medievale utilizzata tra il cinquecento e il seicento che, come descritta dal Manzoni ne “I promessi sposi”, parlava di credenze e non di certezze storiche e con le credenze, le ipotesi, le illazioni, le denigrazioni non si fa la storia di un Paese e, soprattutto, non se ne entra a far parte con ruoli emblematici.

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