Meloni ha fatto sapere che “la Presidenza italiana del G7 intende porre il tema dell’arresto per Netanyahu all’ordine del giorno per la prossima ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre, presieduta dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani.
Si tratta della seconda riunione dei Ministri degli Esteri del G7 ospitata in Italia nel corso del 2024, dopo quella tenutasi a Capri dal 17 al 19 aprile, e la quarta di competenza della Farnesina dopo quelle di Reggio Calabria e Pescara. L’obiettivo dell’incontro è rafforzare il ruolo del G7 come principale forum di consultazione tra le grandi democrazie liberali e come fattore di stabilità di fronte alle grandi crisi in atto a livello globale.
L’agenda dei lavori della Ministeriale di Fiuggi sarà focalizzata sui principali temi al centro del dibattito internazionale, a partire dalla situazione in Medio Oriente, dopo il brutale attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023.
“Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Giorgia Meloni ha commentato così la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, insieme a quello per il capo del braccio armato di Hamas, Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, noto anche come Mohammed Deif, che Israele tempo fa ha annunciato di aver ucciso senza però che vi fosse mai una conferma da parte di Hamas. Il premier ha chiarito che “approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni – ha aggiunto – che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.
La sentenza ha spiazzato le cancellerie europee, strette tra le valutazioni politiche sul conflitto in Medio oriente e la necessità di tenere fede agli impegni assunti con la Cpi. Un’eco del dibattito si è avuta anche in Italia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, prendendo le distanze dal merito della sentenza hanno entrambi sottolineato, sostanzialmente, che non è possibile ignorarla. Tajani, parlando di “sentenza sbagliata” ha chiarito anche che “noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione”. Discorso simile per Crosetto.
Tra i temi in discussione a Fiuggi, la grave crisi umanitaria a Gaza, la situazione in Libano, quella nel Mar Rosso, l’esigenza di promuovere un orizzonte politico credibile per la regione che garantisca pace e sicurezza, nella prospettiva di “due popoli, due Stati”.
È poi previsto un confronto sulla guerra in Ucraina a fronte dell’aggressione della Russia. La Presidenza italiana intende confermare il pieno sostegno del G7 a Kyiv, sul piano militare, politico, economico e finanziario, puntando a una pace complessiva, giusta e duratura. L’Italia ospiterà tra l’altro la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina il 10-11 luglio 2025.
La stabilità dell’Indo-Pacifico, regione prioritaria per gli equilibri politici e per il commercio mondiale, nonché le principali questioni regionali ed i grandi temi globali troveranno anche spazio nel dibattito.
Fra i grandi partner europei, la Germania ha annunciato un “esame coscienzioso” del caso che riguarda Netanyahu: “Esamineremo attentamente” le misure da adottare, ha dichiarato in una nota il portavoce del governo Steffen Hebestreit, sottolineando che “la Germania ha partecipato all’elaborazione dello statuto della Cpi ed è uno dei suoi maggiori sostenitori”, ma non garantisce l’applicazione della sentenza e, dunque, un eventuale arresto nel caso Netanyahu dovesse recarsi nel Paese, anche alla luce della sua storia, che determina “relazioni uniche e una grande responsabilità nei confronti di Israele”.
La Francia, si legge in una nota del ministero degli Esteri, “prende atto” dei mandati d’arresto e “fedele ai suoi impegni di lunga data a sostegno della giustizia internazionale, ricorda il suo attaccamento al lavoro indipendente della Cpi”.
Londra ha fatto sapere che “la Gran Bretagna rispetta sempre i suoi impegni giuridici così come previsto dalle leggi nazionali e anche da quelle internazionali”. Il portavoce premier Keir Starmer, che ha rilasciato questa dichiarazione, però, non è voluto entrare nel merito del caso specifico.
L’Olanda, invece, si è detta subito pronta ad agire in linea con il mandato di arresto, se necessario. E lo stesso ha fatto l’Irlanda.
Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è stato invece altrettanto chiaro nel dire che “non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione”. “Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della Cpi non avrà alcun effetto.
Di vicenda “scandalosa” parlato gli Usa. “Vorrei essere chiaro ancora una volta: qualunque cosa la Cpi possa insinuare, non c’è equivalenza, nessuna, tra Israele e Hamas. Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza”, ha fatto sapere il presidente Joe Biden con una nota. Gli Usa, però, non sono tra i Paesi membri della Corte.