Il centro destra italiano si trova ad affrontare una crisi di politica estera e europea senza precedenti. Tralasciando il rapporto con Elon Musk, su cui molto si è scritto e detto, importante in questo momento capire dove si andrà a collocare il governo italiano sia rispetto alla Casa Bianca sia rispetto alla Commissione von der Leyen. Rispetto alla prima questione l’ amministrazione Trump è in itinere e le nomine di fatto annunciate saranno operative a gennaio e quindi c’è ancora un po’ di tempo per riflettere sul loro significato in prospettiva. Il secondo , il rapporto con la Commissione von der Leyen, o per meglio dire, la travagliata delega a Fitto come vice Presidente, per Meloni e per il suo governo assume un significato di ordine politico ed istituzionale, per il rischio, alquanto improbabile che possa cadere e con esso minare politicamente il governo italiano e la stessa presidenza von der Leyen che si vedrebbe esposta alla minaccia dei popolari europei e nello stesso tempo diventerebbe ostaggio dei socialisti. Il problema ruota intorno al delicato equilibrio dei pesi politici. Infatti se i socialisti, di cui il Pd è il partito di maggioranza relativa, dovessero riuscire nel loro intento di impedire a Fitto di avere la delega di Vice Presidente esecutivo, la Von der Leyen ne uscirebbe azzoppata, senza contare che i popolari potrebbero, per ripicca , ostacolare la nomina della socialista spagnola , Ribeira. A questo punto salterebbero tutti gli assetti costruiti dalla Presidenza in questi mesi; il posto di rilievo dato a Fitto è il tentativo di Ursula di coinvolgere nel governo della Commissione Fdi. E’ ovvio che tutto ciò che avviene a Bruxelles si riflette inevitabilmente anche su Roma. E la Meloni canterebbe vittoria per due motivi: il primo, la nomina di Fitto con delega esecutiva di Vice Presidente, il secondo di spostare l’asse politico dell’ esecutivo a destra , nonostante il suo voto contrario alla nomina della von der Leyen. Se vincessero i socialisti, al contrario la sconfitta accomunerebbe sia Giorgia Meloni che la Presidente della Commissione. Il prezzo da pagare a questo punto sarebbe altissimo, con la nascita di un governo europeo decapitato, oltre a fare il gioco degli anti europeisti che con la vittoria di Trump non vedono l’ora di far saltare l’ Unione Europea. La Meloni al contrario sta usando una tattica e insieme una strategia prudente, spostando un po’ a destra l’assetto della Commissione, quasi in punta di piedi. E questo le consentirebbe di non finire ostaggio dei trumpiani americani e di casa nostra, considerando anche il fatto che i nomi indicati dal nuovo capo della Casa Bianca, per quanto discutibili non sembrano affatto ammiratori di Putin, per cui la sua posizione, apertamente pro Ucraina non rischia di diventare uno scontro con l’alleato d’oltre oceano. A questo punto l’Italia si ritaglia un ruolo primario in virtù della stabilità.