Governo Meloni  e tassa sugli extraprofitti per chi ha maturato utili in abbondanza. Tassazione  ‘molto utile’ per la prossima  Legge di Bilancio

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Il governo starebbe pensando a una tassazione sugli extraprofitti. Secondo fonti politiche, ci sarebbero infatti delle proposte al vaglio alla stregua di quanto accaduto nell’agosto 2023, quando l’idea prese forma in un Consiglio dei ministri, ma poi non se ne fece più nulla. La norma, secondo quanto emerge,  riguarderebbe non solo le banche ma anche altre realtà, come assicurazioni e aziende.

Forza Italia è contraria: “Poco importa se è una tassa sugli extraprofitti o una misura una tantum: colpire le banche significa affondare le imprese. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di tassazione”, ha detto il portavoce azzurro, mentre  le opposizioni vanno all’attacco, parlando di un esecutivo “diviso dopo il voto europeo”. Ma il Pd non chiude le porte a un’eventuale norma, a condizione che ‘le risorse verranno destinate a sanità e altre priorità. In tal caso, siamo pronti a discuterne”.

Nel 2023  l’idea della tassazione degli extraprofitti  nacque in un Consiglio dei ministri. Quell’abbozzo di norma riguardava le banche e avrebbe dovuto portare due miliardi nelle casse dello Stato. Ma poi non se ne fece più nulla. In queste ore, il governo starebbe pensando a un intervento analogo, che potrebbe però guardare anche ad altre realtà come le assicurazioni

La strada è  in salita. Qualora il governo volesse imporre in maniera unilaterale una tassa sulle banche (o altro, come aziende e assicurazioni) per colpirne i maggiori utili, dovrebbe fare i conti con quegli ostacoli e paletti che lo scorso anno costrinsero l’esecutivo a rivedere il decreto in maniera sostanziale portando a zero il gettito per lo Stato. I nodi sono diversi: la vigilanza Bce in primis, dotata dopo la crisi finanziaria di ampi poteri, seguita dalle norme Ue sulla concorrenza e, da non sottovalutare, il mercato e la fiducia dei risparmiatori

Nel caso di un ipotetico provvedimento, gli istituti di credito hanno fatto sapere di aspettarsi che vengano coinvolti anche altri tipi di realtà, come i gruppi energetici. Ma secondo ambienti di governo, le banche non devono preoccuparsi perché una tassa sugli extraprofitti non sarebbe, al momento, al vaglio. “Sono prive di ogni fondamento le ricostruzioni giornalistiche secondo le quali sarebbe attualmente allo studio una norma sugli extraprofitti in alcuni settori dell’economia”, filtra dall’esecutivo

Si tratta di “notizie false su tasse che non ci saranno mai”, ha tagliato corto il capogruppo azzurro al Senato, Maurizio Gasparri. Alzare le tasse non è mai una buona soluzione e non lo è a maggior ragione oggi che le piccole e medie imprese fanno fatica ad accedere al credito. Le banche sono parte essenziale del sistema produttivo: bisogna dialogare con loro, non andare allo scontro.

Le indiscrezioni, o le false notizie,  preoccupano gli investitori, perché secondo loro l’imposta avrebbe un effetto negativo sulle banche e sull’immagine dell’Italia. Ma cosa prevederebbe, nello specifico, la norma? Non è chiaro il parametro da utilizzare come base imponibile e su cosa calcolare il presunto extraprofitto. La scelta di tenere in conto il margine di interesse, nella versione dell’anno scorso, era stata adottata per colpire chi aveva “speculato” sui tassi, e fu molto criticata dalla Bce nella memoria al governo e dall’Abi in audizione al parlamento. Secondo fonti politiche, le ipotetiche misure che sarebbero state valutate riguarderebbero, tra l’altro, interventi sulla progressività delle aliquote in base alle risultanze del bilancio netto o su alcuni tipi di profitti, sui margini di intermediazione bancaria o sulle variazioni dei tassi di interesse

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la posizione dell’Abi. L’associazione, nella sua memoria tecnico-giuridica aveva già paventato l’incostituzionalità della norma rispetto all’articolo 42 della Carta (quello sulla proprietà) di norma dal “carattere espropriativo” della ricchezza prodotta. Con meno profitti e meno utili distribuiti e accantonati, era stata poi la critica quasi unanime dell’istituto centrale e del mondo bancario, si poteva innescare un circolo negativo che avrebbe portato meno credito erogato in una fase dove i finanziamenti, anche per il calo della domanda da famiglie e imprese, erano già in ribasso

Secondo Elly Schlein, nel centrodestra dopo le elezioni europee le liti “sono più evidenti. Continuano a litigare e si dimenticano di governare: l’ultima questione è sugli extraprofitti che dividono Fratelli d’Italia da Forza Italia. Il governo ora nega che sia all’esame una misura per ottenere un contributo volontario da banche, assicurazioni, società energetiche. Posso dire che se si tratta di un contributo di solidarietà finalizzato alla sanità o al sociale noi saremmo pronti a valutarlo, ma questo governo non è credibile”

Contraria Italia Viva: “L’idea che ci sia un livello di profitto giudicato giusto o sbagliato dallo Stato è roba da Unione Sovietica” ha detto il deputato Luigi Marattin

L’idea di fondo, sia chiaro,  è quella di colpire tutte le imprese che hanno ottenere le ‘risorse necessarie per la Legge di Bilancio Gli extraprofitti rappresentano guadagni inaspettati e di notevole entità, derivanti da circostanze insolitamente favorevoli. Tali profitti derivano spesso da situazioni di mercato più che da meriti dell’azienda e possono considerarsi in tal caso un fenomeno di quasi-rendita. Nel lungo periodo e in un contesto di concorrenza perfetta, il fenomeno degli extraprofitti tende ad annullarsi. L’extraprofitto indica un guadagno superiore rispetto al profitto normalmente conseguito negli anni precedenti e deriva da fattori come impennate temporanee o prolungate dei prezzi o carenze nell’offerta. Questi profitti imprevisti possono interessare un’intera industria o anche singole aziende. Nella storia recente sono diversi gli esempi di extraprofitti generati in alcuni settori o gruppi di aziende.

Settore energetico: tra dicembre 2020 e dicembre 2021, l’incremento repentino dei prezzi del gas (+800%) ha portato profitti inaspettati per le società energetiche, derivanti dal rapido cambiamento del contesto di mercato. Per compensare gli effetti economici derivanti dall’impennata dei prezzi dell’energia sui bilanci delle famiglie è stata introdotta una tassa legata agli «extraprofitti», definita come «contributo di solidarietà per l’anno 2023» con lo scopo di finanziare misure di sostegno contro il caro energia a favore di imprese e famiglie.

Banche: nell’ultimo anno, l’aumento dei tassi da parte della BCE ha incrementato i costi del denaro per famiglie e imprese, ma non c’è stato alcun aumento dei rendimenti delle somme depositate sui conti correnti dai clienti. Il margine è la discrepanza tra i tassi di interesse passivi, addebitati ai clienti per i prestiti, e quelli attivi, pagati dalla banca a chi investe nei suoi prodotti finanziari come conti di deposito o conti correnti.

In particolare, Unimpresa ha calcolato che i tassi sui conti correnti sono lievemente cresciuti nell’ultimo anno, passando dallo 0,02% di giugno 2022 all’0,32% di giugno scorso. Le banche acquisiscono dunque fondi dai clienti a prezzi minimi, poi li prestano ad imprese e famiglie con tassi più alti, intorno al 4,25% in media. Questa differenza crea un notevole margine, stimato al 40% e che sale al 75% per le principali banche, che il governo vuole regolamentare.

Come funzionano gli extraprofitti:

Un esempio pratico può chiarire il concetto di extraprofitto. Immagina di vendere borse a 50 euro. I costi di produzione includono 30 euro per le materie prime, 4 euro per le bollette e 6 euro per il personale, per un totale di 40 euro. Di conseguenza, generi un profitto di 10 euro (50 euro di vendita – 40 euro di produzione).

Nel caso in cui i prezzi delle materie prime diminuiscono in modo significativo a causa dell’aumento dell’offerta e della competizione, il nuovo costo di produzione scende a 25 euro (15 euro per le materie prime, 4 euro per le bollette e 6 euro per il personale). Pur mantenendo il prezzo di vendita a 50 euro, il profitto si amplia a 25 euro (50 euro di vendita – 25 euro di produzione).

Prima, l’extraprofitto era di 10 euro, ma con i nuovi costi ridotti, è cresciuto a 25 euro, aggiungendo 15 euro all’utile. Questa differenza di 15 euro rappresenta l’extraprofitto, frutto dell’ottimizzazione delle spese di produzione.

La prima tassa sugli extraprofitti della storia

La prima tassa sugli extraprofitti è stata introdotta durante la prima guerra mondiale, negli Stati Uniti. Grandi aziende industriali trassero enormi guadagni dalla produzione bellica, incrementando profitti fino al 1000%. Questo portò a richieste di tassazione progressiva per equilibrare il «profitto di guerra». Nel 1917, quando gli Stati Uniti entrarono ufficialmente in guerra, aumentò la pressione per tassare i profitti. Si studiarono i modelli di tassazione esistenti in Canada ed Europa e nell’ottobre 1917 fu introdotta la tassa sugli extraprofitti di guerra, applicata con aliquote progressive dal 20% al 60%. Questa tassa generò entrate significative, rappresentando il 40% delle entrate fiscali federali. Tuttavia, le aziende più grandi riuscirono progressivamente a ridurre gli effetti della tassa sui bilanci mentre gravò di più sulle piccole. La tassa fu abolita nel 1921. Durante la seconda guerra mondiale, Franklin D. Roosevelt ripropose la tassa sugli extraprofitti per colpire i profitti bellici. Queste tasse ebbero successo in periodi di crisi, ma spesso non mantennero equità fiscale a lungo termine.

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