I dazi di Trump che colpiranno l’Italia

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Trump annuncia misure imminenti di dazi che colpiranno soprattutto il settore farmaceutico, l’acciaio e l’alluminio. Proprio i settori in cui l’Italia esporta di più negli Stati Uniti, per circa 20 miliardi di euro annui.

La prima volontà economica di Trump è imporre dazi a chip per i computer, prodotti farmaceutici e acciaio importato in un tempo breve. Questo è solo il primo passaggio che sarà seguito dal ‘riportare la produzione negli Stati Uniti. Se vuoi smettere di pagare le tasse devi costruire il tuo impianto proprio qui, in America». Il fenomeno dell’offshoring – vale a dire la costruzione di fabbriche in Paesi con condizioni economiche vantaggiosi – ha danneggiato in modo eccessivo il gigante a stelle e strisce. Che, attraverso Trump, alza gli scudi, promettendo a chiunque riporterà la produzione nella madrepatria, un «abbassamento delle tasse del 15%». E per l’Italia cosa succederà?

Donald Trump ha un occhio di riguardo per il governo italiano, lo ha detto lui stesso: «Giorgia Meloni mi piace molto, vediamo cosa succede (sui dazi, ndr)». Tajani ha già parlato con il nuovo segretario di Stato americano, Marco Rubio, preparando le carte per un’eventuale accordo: «E se il buongiorno si vede al mattino – ha detto – credo che ci siano margini per un buon dialogo con gli Stati Uniti». E l’Italia ne avrebbe bisogno, anche perché i dazi voluti da Trump andrebbero ad azzoppare proprio quelli che sono i settori chiave dell’export italiano oltreoceano.

 “Una guerra commerciale in generale non fa bene a nessuno, in modo particolare a un Paese come il nostro che ha con l’export il 40% del proprio PIL. Il nostro interesse è che ci siano delle soluzioni positive e non azioni e reazioni in campo commerciale”. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in un punto stampa a Bruxelles. “Lavoreremo per raggiungere questo obiettivo, ne riparleremo in occasione del prossimo incontro con Rubio, l’ho invitato a Roma prima del vertice di Monaco dove ci rivedremo e affronteremo anche questo tema. Le relazioni fra Stati Uniti e Italia sono sempre molto positive, uno dei punti principali della nostra politica estera è il rafforzamento delle relazioni transatlantiche – ha sottolineato Tajani -. Credo che grazie alle buone relazioni che ci sono con la nuova amministrazione americana, l’Italia possa essere un ponte per tutta l’Europa nel rafforzare le relazioni con Washington”.

Il settore farmaceutico, l’acciaio e l’alluminio sono proprio i settori in cui l’Italia esporta di più negli Stati Uniti, per circa 20 miliardi di euro annui. Al momento non sembrano esserci molti spiragli per rendere il nostro Paese un’eccezione alla nuova strategia commerciale americana. Nel 2023 il valore delle esportazioni verso gli Usa ha raggiunto i 67,3 miliardi di euro, contro un import di 25,2 miliardi. Una differenza di 42 miliardi che sorride all’Italia, anche perché quasi sempre in crescita nell’ultimo decennio. Da un approfondimento sulle relazioni commerciali con gli Stati Uniti, pubblicato dal Ministero degli Esteri, sono chiari i punti di forza. 12,3 miliardi di euro per i macchinari, 8 miliardi per i prodotti farmaceutici e 12 miliardi per mezzi di trasporto e autoveicoli.
È indubbio che nuovi dazi peserebbero non poco.

L’istituto di previsioni economiche ha però distinto due casistiche possibili. La “migliore” per l’Italia sarebbe l’aumento dei dazi oggi in vigore, che andrebbe a colpire maggiormente settori come la moda e il cibo e porterebbe a un costo aggiuntivo di 4 miliardi. La peggiore sarebbe, invece, un aumento generalizzato e unilaterale su tutte le linee tariffarie di 2 punti e mezzo. In questo caso, andando a colpire il settore farmaceutico e dei macchinari, il costo aggiuntivo supererebbe i 7 miliardi.

Sullo sfondo europeo aleggia lo spettro di tensioni commerciali con gli Stati Uniti, come minacciato dal presidente Usa Donald Trump. “Siamo preoccupati per la politica dei dazi“, ammette Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, al termine della missione istituzionale a Bruxelles. “Dazio chiama dazio, e quindi si genera una politica che non consente la circolazione delle merci”.

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