Il 26 ottobre di settant’anni fa: quando Trieste tornò all’Italia

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In piazza dell’Unità d’Italia questa mattina alla cerimonia dell’alzabandiera era presente anche l’Esercito Italiano, con assetti operativi e promozionali, coordinati dal Comando CME FVG.

La cerimonia di alza bandiera si è svolta accompagnata dalle note della Fanfara della Brigata “Pozzuolo del Friuli”; in piazza c’era inoltre un Reparto Interforze, numerosi Gonfaloni e Labari delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma del capoluogo.

Per tutta la giornata è stato organizzato un info point di Forza Armata a cura del Reggimento Piemonte cavalleria (2°).

La Fanfara della Brigata Pozzuolo del Friuli, nell’ambito della ricorrenza, si esibirà nel pomeriggio in un concerto, con il repertorio di musiche triestine dell’epoca, nella sala del Consiglio Comunale alla presenza delle autorità cittadine e dei rappresentanti delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine e con la partecipazione dei labari delle Associazioni Combattentistiche.

 La folla presente ha applaudito il Gonfalone di Trieste, decorato di M.O. al Valor Militare, e il Tricolore. Tra i presenti, anche alcuni reduci triestini che il 26 ottobre 1954 accolsero i Reparti dell’Esercito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Al termine delle cerimonie i Reparti intervenuti hanno sfilato rendendo gli onori, tra gli altri, al Comandante Militare Regionale, Col. Giuliano Innecco, e alle altre autorità.

All’alba del 26 ottobre 1954, settanta anni fa oggi, Trieste dopo quasi dieci anni di angoscia torna all’Italia: l’urlo di gioia delle folle che gremivano le strade della città in quella giornata storica risuona ancora oggi dalle foto in bianco e nero che documentano le emozioni, i sogni e le paure di quelle ore che scatti e testimonianze raccontano, immortalandone per sempre storia, suggestioni, ricordi. «Trieste italiana»: è la fine di un incubo. E Giorgia Meloni, in un intervento su quella storica giornata, pubblicato su alcuni quotidiani locali, ripercorre le orme storiche e le emozioni di quegli indimenticabili momenti.

«Settant’anni fa, il 26 ottobre 1954, sotto una pioggia battente ed un impetuoso vento di bora, una moltitudine di donne e uomini accoglieva le truppe italiane che entravano a Trieste», è l’incipit del ricordo commemorativo della premier. Che poi prosegue: «Tutta la città aveva vegliato quella notte, aveva aspettato i soldati col Tricolore per abbracciarli e con loro stringersi di nuovo al resto della Nazione. Quel giorno, la Patria tornava a Trieste e Trieste tornava alla Patria. Una giornata scolpita nella memoria del popolo italiano, arrivata al culmine di una lunga storia d’amore e di sofferenze, di sconfitte e di vittoria, di amarezze e di speranze».

Una giornata dal forte valore storico e dal potenziale simbolico vigoroso, su cui il premier ricorda come «nella Prima guerra mondiale Trieste era stata il simbolo del compimento del Risorgimento e dell’Unità d’Italia». E come invece «al termine della Seconda guerra mondiale, la città ha incarnato una storia completamente diversa»: a partire dai «quaranta giorni di occupazione jugoslava. I massacri delle foibe. L’amministrazione angloamericana. E l’incombere delle conseguenze di un trattato che separava Trieste dall’Italia, confinandola a “Territorio Libero”». Una storia che porta «alla perdita delle province dell’Adriatico orientale –Pola, Fiume e Zara – e al conseguente esodo degli italiani da quelle terre, a cui si aggiunse una nuova “questione Trieste”, città contesa tra Italia e Jugoslavia, tra mondo libero e mondo comunista».

«Ma – sottolinea al contempo Meloni – la questione triestina non è rimasta mai confinata alla disputa diplomatica tra le cancellerie e ai rapporti tra i governi. È stata una questione di popolo, che ha infiammato i cuori di un’intera generazione di italiani, animato il dibattito culturale e di costume. I giovani di ogni città dello Stivale sfilavano con il Tricolore e la bandiera di Trieste, su cui si staglia l’alabarda di San Sergio, e a Sanremo si cantava il volo di una colomba bianca che era al contempo una dichiarazione d’amore, il saluto e la promessa del ritorno di Trieste all’Italia».

Nel novembre 1953, la rivolta di Trieste contro gli inglesi, innescata da un Tricolore strappato, aveva costituito la premessa del riscatto. I sei caduti di quelle giornate, tra cui un giovanissimo esule zaratino di appena 14 anni, Pierino Addobbati, hanno fatto rivivere alla Nazione la spinta ideale di un rinnovato Risorgimento», conclude il presidente del Consiglio, augurandosi che «il settantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia sia l’occasione per rinnovare una promessa e fissare nuovi traguardi da raggiungere».

Perché ancora oggi, in quella Piazza dell’Unità d’Italia affacciata sul mare e sulle Rive la presenza di quelle donne, di quegli uomini, di quelli italiani accorsi in massa nonostante il diluvio e la bora, a sfidare storia, dramma, tempo e angosce, c’era l’Italia. L’Italia dei cittadini, dei superstiti, dei bersaglieri e dei fanti; dei Carabinieri, degli aerei, seguiti poco dopo dall’incrociatore Duca degli Abruzzi e da tre cacciatorpediniere che entrarono nel porto. E poi lei, la nave Vespucci. Dieci anni ci sono voluti, ma quello è l’ultimo atto del lungo Risorgimento italiano. Un capitolo della storia incredibilmente ancora oscuro a molti…

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