Il governatore Toti e ‘le accuse tutte da dimostrare’. L’inverno dello scontento di altri governatori posti agli arresti, a ragione e no, nel passato

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‘Le intercettazioni le ho lette anch’io e sono rimasto colpito da alcuni aspetti”-‘. Edoardo Rixi lo dice senza mezzi termini pur ribadendo che “le accuse sono tutte da dimostrare”. Nell’intervista al Secolo XIX, il viceministro a infrastrutture e trasporti dice che sarà Toti a decidere sulle sue eventuali dimissioni ‘perché conosce lui cosa ha fatto e cosa no’, tuttavia le parole del leader della Lega in Liguria suonano come l’apertura di una fase nuova.

Del resto lo scenario di “dimissioni per potersi difendere meglio” ed elezioni anticipate era già stato messo sul tavolo martedì scorso da Matteo Rosso. Il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia aveva comunque ribadito vicinanza a Toti, ma anche attesa per il lavoro della magistratura. Insomma se diverse figure nazionali del centrodestra – da Gasparri a Urso fino a Musumeci, stamane alla Spezia – sposano la linea del garantismo e delle non dimissioni, almeno per il momento, dalla Liguria il post Toti sembra già iniziato anche per alcune componenti dell’attuale maggioranza.

Diversi sono stati i presidenti incappati nel recente passato in condanne penali passate in giudicato: a quelli di area conservatrice come Galan (Regione Veneto), Formigoni (Lombardia) e Scopelliti (Calabria) si aggiunge, per il centro-sinistra, Del Turco (Abruzzo). Insomma, la sensazione è che il potere di chi guida una Regione italiana (non a caso li chiamiamo comunemente “governatori”) sia decisamente sconfinato, e sconfinate siano le tentazioni di cedere alle lusinghe di chi all’ombra della politica cerca di prosperare in tutti i modi, in particolar modo quelli meno leciti. Sulla consistenza delle accuse dell’inchiesta ligure, tocca attendere gli sviluppi delle indagini e l’eventuale processo.

L’arresto di Giovanni Toti riporta alla mente alcuni casi di governatori di regione arrestati mentre erano in carica.

Ricordiamo Roberto Formigoni, ex governatore della regione Lombardia; Ottaviano Del Turco, arrestato nel 2008 mentre era presidente della regione Abruzzo; Totò Cuffaro, i cui guai con la giustizia sono iniziati nel 2003, durante il suo primo incarico da presidente della regione Sicilia; Giuseppe Scopelliti, condannato in via definitiva a 6 anni di reclusione nel 2014, mentre era in carica come governatore della Calabria; e il suo successore Mario Oliverio, eletto appunto nel 2014 e indagato già nel 2018, dalla procura di Catanzaro, per abuso d’ufficio.

Il ‘caso Maugeri’, che  travolse Roberto Formigoni, governatore della Lombardia per quattro mandati consecutivi – quasi vent’anni, dal 1995 al 2013. Il suo ultimo mandato (2010-2013), coincidente con la IX legislatura regionale, è stato caratterizzato da inchieste e arresti che hanno coinvolto esponenti della maggioranza di centrodestra e hanno portato alla fine anticipata della legislatura. Secondo la procura di Milano, negli anni in cui Formigoni è stato presidente della Regione Lombardia ha ottenuto tangenti in cambio di una serie di concessioni alla Fondazione Maugeri, una delle punte di diamante della sanità in Lombardia, specializzata in terapie riabilitative, e all’ospedale San Raffaele di Milano.

Per i giudici, Formigoni ha favorito i due enti con una serie di delibere approvate dalla regione, ricevendo in cambio soldi in contanti, vacanze gratis in Sudamerica, Patagonia, Brasile, l’uso di tre yacht, una villa in Sardegna. Per quei reati, ‘il Celeste’, che era già stato deputato, sia in Italia che in Europa – dove aveva anche occupato la carica di vicepresidente del Parlamento europeo – è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi di carcere. Alla sanità pubblica sono stati sottratti circa 60 milioni di euro. La sanità regionale – e i relativi flussi di denaro che ne conseguono – è stata anche al centro dell’inchiesta che ha coinvolto, nel 2008, l’ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco, seppellito, secondo le cronache dell’epoca, da ‘una montagna di prove’ che accertavano il suo diretto coinvolgimento in una maxi tangente da 6 milioni di euro. Accusato di corruzione, concussione e associazione a delinquere, l’ex governatore (Pd) è stato condannato in via definitiva a 3 anni e 11 mesi di reclusione nel 2018.

Dal 7 maggio il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e di atti contrari ai doveri d’ufficio. Secondo la procura di Genova, negli scorsi anni il comitato elettorale di Toti è stato finanziato da alcune società a cui sarebbero stati promessi favori. Il presidente della Regione Liguria, che è stato sospeso dal suo incarico per effetto della ‘legge Severino’, sarà interrogato oggi,  venerdì 10 maggio.

Ricordiamo che secondo l’articolo 27 della Costituzione ogni imputato ‘non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva’. Toti è stato messo agli arresti domiciliari perché, a fronte dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, ci sarebbe il pericolo che possa ricommettere lo stesso reato di cui è accusato in vista delle prossime elezioni europee.

I casi simili a quello di Toti

In ordine temporale, l’ultimo presidente sottoposto a una misura cautelare mentre guidava una regione è stato Mario Oliverio. Il 17 dicembre 2018 a Oliverio, esponente del PD a capo della Regione Calabria, è stato imposto l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, comune in provincia di Cosenza dove aveva la residenza. L’accusa nei suoi confronti era di abuso d’ufficio nella gestione di due appalti. L’obbligo di dimora è stato revocato tre mesi dopo, il 20 marzo 2019, dalla Corte di Cassazione. Successivamente Oliverio ha deciso di non dimettersi dalla carica di presidente, ma non si è ricandidato alle elezioni regionali del 2020, vinte dalla candidata di centrodestra Jole Santelli. Il 4 gennaio 2021 l’esponente del PD, nel mentre coinvolto in altre indagini, è stato assolto dal Tribunale di Catanzaro, al termine di un processo con rito abbreviato. 

Sempre nel 2018, il 6 luglio l’allora presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella è stato messo agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità, con l’accusa di falso e abuso d’ufficio. Pittella, che era un esponente del PD e guidava una giunta di centrosinistra, è uscito dai domiciliari il 24 settembre 2018, ricevendo però il divieto di dimora nella città capoluogo di Potenza. Pittella si è dimesso poi dalla carica di presidente di regione il 24 gennaio 2019. Quasi tre anni dopo, il 22 dicembre 2021, l’ex esponente del PD – oggi candidato alle elezioni europee con Azione – è stato assolto in primo grado, assoluzione poi confermata in Appello il 1° marzo 2024.

Un altro presidente di regione di centrodestra ha trascorso alcuni giorni in carcere e oltre due anni agli arresti domiciliari: Giancarlo Galan. Presidente della Regione Veneto da giugno 1995 ad aprile 2010, il 22 luglio 2014 l’esponente di Forza Italia è entrato nel carcere di Opera dopo che la Camera dei deputati, di cui Galan faceva parte, aveva consentito il suo arresto. Secondo la procura di Venezia, tra il 2005 e il 2011 Galan aveva ricevuto denaro per favorire in modo poco trasparente l’avanzamento dei lavori del Mose, il sistema di barriere che protegge Venezia dall’acqua alta. A ottobre 2014 Galan ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi di detenzione, quasi tutti trascorsi agli arresti domiciliari, e una multa da 2,6 milioni di euro.

Infine, c’è il caso particolare di Giuseppe Scopelliti. Il 26 dicembre 2021 l’ex presidente di centrodestra della Regione Calabria ha finito di scontare la pena in carcere dopo che nel 2018 è stato condannato dalla Cassazione per falso e abuso d’ufficio. La condanna, però, riguardava fatti avvenuti quando Scopelliti, all’epoca esponente di Alleanza Nazionale, era stato sindaco di Reggio Calabria, carica ricoperta tra il 2002 e il 2010. Scopelliti ha ricoperto il ruolo di presidente della Regione Calabria tra il 2010 e il 2014, e ad aprile 2014 si è dimesso dopo essere stato condannato in primo grado.

Da parte nostra Toti può legittimamente restare al suo posto, visto che la custodia cautelare potrebbe essere presto revocata e continuare a esercitare il suo mandato fino a quando il tribunale non sancirà  un’eventuale condanna.

D’altra parte  l’ipotesi del terzo mandato per i governatori è decisamente, e fortemente, da scongiurare…

Il governatore Giovanni Toti è arrivato al tribunale di Genova per l’interrogatorio di garanzia intorno alle 13:30. A bordo di un’auto scura è stato fatto passare dal parcheggio sottostante il palazzo.

Davanti a Giovanni Toti, assistito dal legale Stefano Savi, la gip Paola Faggioni oltre a uno dei magistrati che stanno conducendo l’inchiesta.

L’interrogatorio di Giovanni Toti, arrestato martedì 7 maggio con l’accusa di corruzione, è stato lampo, visto che  il presidente della Regione Liguria si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere al giudice per le indagini preliminari (gip).

Dopo circa mezzora, Toti è uscito dal tribunale.

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