Il Senato approva il ddl Varchi, contro la maternità surrogata. Vietata anche se fatta all’estero

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Il Senato ha approvato in via definitiva il ddl Varchi contro la maternità surrogata. La norma vieta agli italiani di praticare la cosiddetta “gestazione per altri” non solo nel nostro Paese, dove è già illegale, ma anche all’estero nei paesi dove invece la pratica è possibile. A votare a favore le forze di maggioranza, Fdi, Fi e Lega. Hanno votato no le opposizioni. I sì sono stati 84, i no 58. Durante il dibattito si sono registrati momenti di alta tensione, suscitati dal furore con cui la sinistra si oppone a questa legge contro l’utero in affitto, scritta e pensata per le donne, e per le più fragili tra loro, oltre che per affermare il principio che la vita non è un bene in vendita e i bambini non sono merce da ordinare magari dopo averne scelto le caratteristiche su un catalogo.

Il disegno di legge, introdotto dalla deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi, mira a rendere perseguibili penalmente anche i cittadini italiani che ricorrono alla maternità surrogata all’estero: laddove questa pratica sia consentita. Non si tratta di un’ingerenza negli affari di stati sovrani; piuttosto di una misura volta a tutelare le donne e a porre fine a questo lucroso mercato. Un giro d’affari che, secondo i dati, ha raggiunto gli 11 miliardi di dollari nel 2022 (nel 2016 era 3,8 miliardi); e si prevede arrivi a 33 miliardi entro il 2027. Questa cifra impressionante racconta molto più di quanto facciano gli slogan della “solidarietà” lanciati da molti politici discutibili. In paesi come l’Ucraina o gli Stati Uniti, il prezzo per avere un figlio tramite surrogata può arrivare fino a 300.000 dollari; ma a ricevere solo una minima parte sono le donne che mettono a disposizione il proprio corpo.

La bagarre si è scatenata già sulla discussione delle pregiudiziali presentate dall’opposizione, tre, tutte respinte con 87 voti contrari. Sulle barricate sono saliti parimenti esponenti Pd, M5s e Avs, che hanno accusato la maggioranza di ogni nefandezza, dall’accanimento contro i bambini (Ilaria Cucchi, Avs) al “volgare attacco alle coppie omosessuali” (Elisa Pirro, M5S), e di incredibili derive politiche, dalla volontà di affermare uno “stato etico” (Susanna Camusso, Pd) o “confessionale” in preda a un “delirio di onnipotenza” dettato da un “desiderio narcisistico” (Roberto Cataldi, M5s).

“Per voi va bene il commercio di bambini, il servizio di schiavitù e di acquisto dei bambini, la surrogazione di maternità è una pratica vergognosa fatta da coppie etero o omossessuali”, ha detto il capogruppo di FdI, Lucio Malan, nel suo intervento, nel quale ha anche inchiodato la sinistra alle sue contraddizioni. “La donna povera può abortire solo se lo decidono i padroni, questa è una limitazione del diritto all’aborto”, ha detto Malan, ricordando che “c’è una tutela che prevede per le madri di gatti e cani che il piccolo non possa essere allontanato prima di due mesi mentre i bimbi nati con la Gpa vengono subito portati via. Pretendiamo per loro – è stata la provocazione di Malan – la stessa tutela!”.

“Il bambino è un oggetto di diritti altrui o un soggetto di diritti? Il bambino può forse essere acquistato, venduto, prodotto come un oggetto che si ordina su internet scegliendone il colore degli occhi e dei capelli?”, ha chiesto poi ai colleghi di opposizione la senatrice di FdI, Lavinia Mennuni, membro tra l’altro della Commissione parlamentare sull’Infanzia. E, ancora: “Siete voi che infierite col soggetto più debole, che è il nascituro. E ancora: anni di battaglie per la valorizzazione della donna sono forse serviti a ridurla in un forno in cui tenere un bambino e toglierlo in cambio di soldi? Questa è la libertà?”. “No, perché la libertà – ha concluso Mennuni – finisce quando inizia la libertà di un nascituro di sapere chi sono i suoi genitori e di una donna di non essere vittima di sfruttamento”.

Le narrazioni che dipingono la maternità surrogata come un gesto di puro altruismo vacillano di fronte alle storie reali. Come spiega Birgit Kelle, autrice di un libro dal titolo ‘Mi compro un figlio’: l’ignobile affare della maternità surrogata, nonché attivista tedesca e giornalista che, in incognito alla Fiera della procreazione assistita di Berlino 2024 le è stato offerto un “pacchetto surrogata” per 52.000 euro, scontato a 36.000 euro per l’opzione online. «L’embrione sarebbe stato prodotto in Ucraina, la surrogata sarebbe arrivata da Bulgaria o Kazakistan e avrebbe partorito a Cipro, dove sarei stata registrata come madre. A rientro in Germania avrei avuto tutti i miei diritti di madre single», racconta all’Avvenire. Nulla in questo quadro evoca solidarietà, al contrario svela un freddo mercato in cui donne e bambini sono trattati come prodotti di consumo.

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