Il servizio fuffa di Report e Ranucci, contrario alla deontologia giornalistica e veicolato, in aperta malafede, come giornalismo d’inchiesta

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Sigfrido Ranucci  può mettere in onda servizi sulle inchieste aperte in Liguria mentre in quella regione si vota? Ranucci ha parlato di  cose risapute sull’inchiesta che ha portato Giovanni Toti alle dimissioni. Il centrodestra – Gasparri in testa– è insorto e se ne riparlerà in Vigilanza. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la missione di un servizio pubblico, osserva, a giusta ragione, Aldo Grasso.  A dirlo sarà la commissione di Vigilanza Rai e saranno le eventuali istanze di valutazione disciplinare interna che saranno richieste alla Rai.

Giampaolo Sodano, a lungo direttore di Rai Due, è sbigottito: «La considero una cosa assurda, contro la norma che da decenni prevede che finita la campagna elettorale, ci sia il silenzio. Non può essere svolto alcun intervento pubblico capace di indirizzare l’opinione degli elettori, mentre si vota. Poi figuriamoci se si interviene sulla vicenda Toti, Signorini e Spinelli, inserendosi in una vertenza politica molto delicata e complessa, trattata da inchieste giudiziarie ancora in corso».

L’ex direttore Rai non la manda giù: «Se ci fossi stato io avrei convocato il conduttore e gli avrei semplicemente detto che questo servizio era rimandato alla settimana successiva, dopo il voto. Questione di opportunità, di deontologia. Che il giornalista si deve porre per primo », conclude Sodano.

Aldo Grasso dal Corriere della Sera stronca “Report” che alla fin fine,  nell’ultima   puntata,  che avrebbe dovuto far venire giù tutto il governo,  non ha detto nulla di nuovo: “Tanto rumore per nulla. Questo non è servizio pubblico”, scrive Grasso. E, quanto alle notizie che Sigfrido Ranucci veicolava come scoop, si sapeva già tutto. “Una puntata senza sorprese”, titola il quotidiano nelle pagine interne.

“Il servizio che nelle intenzioni degli autori avrebbe dovuto spingere il ministro Alessandro Giuli alle dimissioni inizia con una intervista a Rainaldo Graziani – scrive Grasso-: fondatore di Meridiano Zero, che lo descrive come «una figura brillante». Trascorsi di cui Giuli ha già parlato in articoli passati. A questo si aggiunge anche il riferimento a un suo coinvolgimento nella stesura del programma culturale della Lega». Tutto era già noto, visto che il ministro in più interviste aveva confermato tutto senza alcun freno. E questo Ranucci lo definisce giornalismo d’inchiesta? Del presunto secondo caso Boccia solo una realtà illusoria e senza fondamento, in pratica non era presente neanche l’ombra.

La puntata di Report “probabilmente la vedrò a casa, in diretta al telefono col mio legale. Non vedrò la partita. Ma so già cosa trasmetterà Report. Manderà per esempio in onda un estratto di una intervista a Rainaldo Graziani, fondatore di Meridiano Zero e figlio del fondatore di Ordine Nuovo Clemente Graziani, che mi definisce un traditore. Quindi Graziani rischia di diventare così uno dei miei migliori avvocati”, osserva il ministro  Giuli.

Grasso si chiede: “Ma davvero Spano, capo di gabinetto del ministro Giuli, ha rassegnato le dimissioni undici giorni dopo aver ricevuto l’incarico per paura dell’inchiesta «Da Boccia a Boccioni»? E poi per cosa? Perché il suo compagno aveva una consulenza al Maxxi, tale da configurarsi come conflitto d’interessi? O c’è altro che esula dal presunto scoop di «Report»?

 “Poi c’è la storia della mostra sul Futurismo affidata a un giornalista del «Tempo» cui il critico d’arte Alberto Dambruoso aveva chiesto il favore di una recensione per segnalarsi al ministro: il racconto era così raffazzonato che era difficile capire dove andasse a parare. Infatti, chi ha seguito la vicenda sa che Federico Mollicone aveva spiegato per filo e per segno la questione della mostra sul futurismo, sconfessando sia Report, sia Repubblica. Insomma -tira le somme sul Corriere-  la tanto strombazzata inchiesta di «Report» ci conferma  che Alessandro Giuli, oltre a un passato giovanile in formazioni di estrema destra  ha una passione per la cultura esoterica; e che ci sono scontri all’interno di Fratelli d’Italia. Per Grasso il giornalismo di Ranucci  ricorda  metodi basati sul «dileggio all’olio di ricino» (copy Giuliano Ferrara). Se a  Report insegnano questi metodi, non si parli di servizio pubblico».

Per non parlare, poi, del servizio sulla Liguria ad urne ancora aperte, visto che si votava lunedì fino alle 15. Ranucci ha parlato di  cose risapute sull’inchiesta che ha portato Giovanni Toti alle dimissioni. Grasso sottolinea che questo giornalismo non ha nulla a che vedere con la missione di un servizio pubblico.

Tutta fuffa montata per avere un soddisfacente dato di share. Infatti, il programma ha registrato una media di 2.643.000 spettatori pari al 13.8%. Si tratta del miglior risultato della prima serata tv di domenica 27 ottobre. Se è questo che Ranucci voleva ottenere…

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