Qualche anno fa, quando avviarono la loro scalata ai palazzi del potere, dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, gli esponenti del Movimento Cinque Stelle. Loro, che erano i fautori della partecipazione diretta e attiva della cittadinanza, sono stati coloro i quali, nella scia di precedenti esperienze politiche nazionali, hanno chiamato un non rappresentante del popolo, all’epoca non eletto in parlamento, a guidare il Paese, il professor avvocato Giuseppe Conte. Un presidente non eletto dal popolo che per la verità se l’è dovuta vedere con il mostro Covid e che ha gestito il Paese in un contesto davvero unico. Loro che avevano fatto del vincolo dei due mandati un altro loro vessillo. Loro che per dirla alla maniera del presidente Campano, De Luca, hanno mandato Gigino Di Maio a rappresentare il governo all’estero, sono rimasti imbrigliati nella loro stessa rete. La rete del pescatore Conte, che si è mangiato il tonno Grillo. Lui che è asceso al potere non passando da nessun tipo di consultazione elettorale si è ingoiato Beppe Grillo in un paio di bocconi proprio a suon di consultazioni popolari. Come dire, politicamente parlando, Beppe Grillo ha creato il mostro Conte che lo ha annientato. Annientato anche economicamente, azzerandogli l’assegno annuale di circa 300 mila euro come garante del movimento. E per dirla alla maniera evangelica, senza incorrere nella blasfemia, al comico ligure sarebbe il caso di dire come rispose Gesù all’invito del diavolo di trasformare in pane le pietre del deserto, per saziare la fame sopravvenutagli dopo 40 giorni e notti di digiuno e riportato nel Vangelo di Matteo: “non di solo pane vive l’uomo”. Chissà se la stessa cosa può valere per il comico che, per anni, ha fatto, a suon centinaia, di migliaia di euro, l’occhiolino alla politica?