Ilaria Salis passa dall’arresto alla concessione dei domiciliari: è merito di Palazzo Chigi e dell’esecutivo oppure è merito della mobilitazione popolare, che lo ha fatto diventare  caso politico e non solo giudiziario? Sono due tesi opposte e inconciliabili…

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Chico Forti torna in Italia dopo ventiquattro anni di detenzione in un carcere della Florida. Un successo diplomatico italiano, per il quale il premier Giorgia Meloni non ha nascosto la propria soddisfazione. C’è da sottolineare che Giorgia Meloni si è occupata di   Chico Forti anni prima di diventare premier. Ma la campagna elettorale per le europee prosegue e così c’è chi ha sfruttato la notizia del giorno per spostare l’attenzione su altro. In particolare, sulla candidatura di Ilaria Salis alla corsa verso il Parlamento Ue. A mettere a punto l’improbabile mossa è stato il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli.

“Bene Chico Forti che torna in Italia, una lunga battaglia che dura da anni. Ricordo che l’autorizzazione al trasferimento si attendeva da tre anni, dopo l’intervento del governo Draghi conclusosi con quello Meloni. Ora facciamo eleggere Ilaria Salis e liberiamola”, ha affermato in una nota il parlamentare, subito pronto a sminuire il lavoro dell’attuale esecutivo. Se è vero infatti che le pratiche per il rimpatrio dell’ex imprenditore trentino erano aperte ormai da tempo, è altrettanto vero che esse sembravano essersi arenate del tutto o quasi. Al punto che nessuno ne aveva più parlato. Solo recentemente, grazie anche all’incessante attività della Farnesina, la situazione di Forti si era sbloccata in maniera decisiva. Ora il 65enne verrà trasferito al carcere romano di Rebibbia, dove proseguirà la detenzione.

Ma a lasciare perplessi è, ancor più, il tentativo di Bonelli di utilizzare l’annosa vicenda per fare campagna elettorale in favore di Ilaria Salis. Operazione legittima, ovviamente, ma abbastanza strumentale. Peraltro, compiuta proprio nei giorni in cui la diplomazia italiana ha agevolato la concessione dei domiciliari in Ungheria per la maestra lombarda. “Ora facciamo eleggere Ilaria Salis e liberiamola”, dice Bonelli, mettendo così in correlazione la vicenda giudiziaria dell’insegnante e l’impegno politico di quest’ultima in vista delle europee. Due situazioni diverse, sia nella forma sia nella sostanza.

Che poi, a pensarci bene, l’uscita del parlamentare di Avs è pure un mezzo autogol dal momento che un’eventuale mancata elezione della giovane donna potrebbe rivelarsi un vero e proprio boomerang. Con potenziali riverberi indesiderati sul delicato caso e sull’obiettivo di riportare Ilaria in Italia, peraltro assecondato anche dallo stesso ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani.

Ilaria Salis, la maestra di Monza detenuta in Ungheria dal febbraio dello scorso anno, uscirà dal carcere e andrà ai domiciliari a Budapest. Dopo 15 mesi, la 39enne quindi vedrà una via d’uscita dall’istituto di pena dove è stata reclusa con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Ma a chi va il successo di questo risultato? Mentre la difesa della donna si attribuisce ogni merito, Alessandro Sallusti è di parere totalmente opposto. Il direttore de Il Giornale infatti ha chiarito il suo punto di vista sulle pagine del quotidiano che dirige e ne ha parlato a ‘Prima di domani’ su Rete 4. Ospite di Bianca Berlinguer, viene invitato dalla conduttrice a spiegare il suo pensiero sul caso Salis. “Oggi sul tuo giornale hai titolato: ‘Il governo Meloni fa scarcerare la Salis’. Ma dove l’hai trovata che è stato il governo Meloni a far scarcerare la Salis?” chiede Berlinguer.

Sallusti è perentorio e spiega i motivi per cui il merito dei domiciliari della scarcerazione sarebbe da imputare a Palazzo Chigi e all’esecutivo. Lo fa citando tre attori fondamentali nella vicenda: “L’ho trovato essendo a conoscenza e non sono atti segreti – spiega il direttore – di tutto il lavoro diplomatico che hanno svolto in maniera ufficiale il ministero degli Esteri guidato da Tajani”. Ma non solo, perché nella vicenda sarebbe stato fondamentale anche il lavoro del ministero “della giustizia guidato da Carlo Nordio”. E infine, spiega Sallusti, “immagino ma non penso di andare lontano dalla realtà, una moral suasion – letteralmente ‘persuasione morale’, praticamente un’opera di mediazione – di Giorgia Meloni che con il presidente Orban ha un rapporto molto fluido”.

Ilaria Salis sarà finalmente scarcerata. Tre giudici ungheresi le hanno concesso gli arresti domiciliari, che l’attivista antifascista dovrà trascorrere in un appartamento a Budapest, dopo il pagamento di una cauzione di 40mila euro e l’applicazione del braccialetto elettronico. La decisione, stando alle parole dei magistrati, si deve all’assenza del rischio fuga, alla disponibilità a collaborare sui termini della custodia e alla buona condotta tenuta in carcere in questi 16 lunghi mesi di detenzione. Condizioni, a dire il vero, che erano già presenti il 28 marzo, quando il giudice Jozsef Sos rigettò l’istanza per i domiciliari presentata dagli avvocati di Salis senza nemmeno ritirarsi in camera di consiglio.

Ilaria non tornerà ancora in Italia, né tantomeno si tratta di una liberazione. Continua a rischiare una condanna a 20 anni di carcere. Non lo dobbiamo dimenticare. Ma la notizia arrivata dall’Ungheria è di quelle buone, che ti fanno sorridere. È un successo. Parziale, ma pur sempre un successo. E, infatti, così lo considerano praticamente tutti gli attori politici e mediatici italiani. Che, però, un secondo dopo si dividono sulle ragioni.

C’è chi sostiene che l’ottenimento degli arresti domiciliari sia dovuto alla mobilitazione popolare, al fatto che la questione sia diventata caso politico e non solo giudiziario. Il padre di Ilaria, Roberto Salis, intervistato dal Corriere della Sera, ad esempio afferma: “Penso abbia pesato moltissimo la forte mobilitazione popolare in Italia, l’attenzione dell’opinione pubblica su una vicenda che appare assurda da qualunque lato la si voglia guardare, averla fatta diventare un fatto mediatico. Anche con la candidatura alle europee”. Esulta anche Alleanza Verdi Sinistra che l’ha candidata alle prossime europee, nei collegi Nord-Ovest e Isole: “alzare la voce serve”.

Sul ruolo del governo, Roberto Salis, aggiunge: “Non ho dei sassolini nelle scarpe, ma della ghiaia grossa, ho i piedi insanguinati. I cittadini italiani sono stufi di dover implorare le istituzioni di agire, le istituzioni sono al servizio dei cittadini. Paghiamo il ministro della Giustizia e degli Esteri per lavorare per noi, non abbiamo visto nessuna attività concreta per risolvere il problema di Iaria da parte di questi due ministeri”.

Al contrario, la destra politica e mediatica italiana sostiene che se si è arrivati a questo risultato lo si deve solo al sotterraneo lavoro della diplomazia. Il ministro degli Esteri Tajani: “È la prova che quando si lavora sottotraccia, e non suonano i tamburi, i risultati arrivano”. Indicativo anche il titolo del Foglio: “La strategia del silenzio scarcera Salis. Altro che la candidatura alle elezioni europee. La militante di sinistra ottiene i domiciliari in Ungheria grazie a un lavoro diplomatico che è stato continuamente messo a rischio dalla politicizzazione del caso”.

Sono due tesi opposte. Inconciliabili. Dalle enormi implicazioni. Fosse vera la seconda significherebbe che la mobilitazione, la protesta servono eccome. Altro che quella frase di apparente buon senso che si sente ripetere di continuo ogni attivista, qualunque sia la trincea della sua lotta: “tanto non serve a niente”. Così i domiciliari a Ilaria Salis dimostrerebbero che la mobilitazione popolare serve, perché incide sui processi decisionali e può portare ad aprire spazi di possibilità laddove prima non se ne scorgevano.

Fosse vera la prima, invece, significherebbe che la virtù che dobbiamo acquisire è in primis la pazienza. Dobbiamo essere pazienti perché politica e istituzioni sono al nostro servizio e agiscono nel nostro interesse. È una tesi prodromica alla passivizzazione delle masse. La loro azione autonoma, infatti, danneggia. “Lasciar fare” le istituzioni – quelli che sanno e che hanno potere – aiuta.

Chi ha ragione? Se ci limitiamo a leggere dichiarazioni e titoli non andiamo lontani. A farci propendere per la prima o per la seconda sarà l’impostazione ideologica pregressa..

C’è poi un’informativa dell’ambasciata ungherese in Italia al governo di Budapest. L’ambasciatore Adam Kovacs, stretto sodale di Orbàn, una settimana prima del pronunciamento dei giudici ha inviato a Budapest un dossier sul caso Salis: un malloppo di articoli di giornale, di scritti sul web con cui Kovacs fa presente a Viktor Orbàn che questa storia sta diventando un boomerang per il governo ungherese. Che la vicenda è ormai vicenda politica, prima ancora che giudiziaria, con tanto di danno d’immagine per l’Ungheria.  

Fa specie che nessuno – o quasi – si appelli all’indipendenza della magistratura. Probabilmente perché in molti considerano l’Ungheria una “democratura” in cui la divisione dei poteri non è più garantita. Tuttavia, la verità è che il potere giudiziario, per quanto formalmente indipendente, è pur sempre inserito in una realtà ambientale e sociale che ne condiziona le decisioni.

Ilaria Salis uscirà presto dal carcere per andare ai domiciliari a Budapest, ma i problemi non sono ancora finiti. Il papà dell’insegnante e attivista milanese detenuta nel carcere di Gyorskocsi Utca, nella capitale ungherese, ha infatti lanciato un appello ai giornalisti parlando di problemi e timori per la sua sicurezza. Già qualche settimana fa, parlando dell’eventualità dei domiciliari, aveva detto di temere che i neonazisti andassero a cercarla sotto casa.

«Chiediamo a tutti i giornalisti di non presentarsi davanti al carcere dove è detenuta Ilaria perché ci sono forti timori per la sua sicurezza e quindi, quando uscirà, andrà nel suo domicilio in modo riservato», l’appello alla stampa di Roberto Salis. Ilaria uscirà settimana prossima dopo che le sono stati concessi i domiciliari. «Chiediamo a giornalisti – ha detto  Roberto Salis – che sono stati sempre sensibili e comprensivi di capire la situazione e di garantire la sicurezza a Ilaria e alle persone che sono a lei vicine».

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