A settembre si terranno tre importanti elezioni in altrettanti stati orientali della Germania: l’1 settembre si voterà per eleggere i parlamenti della Turingia e della Sassonia, mentre tre settimane dopo, il 22, si voterà anche per il parlamento del Brandeburgo.
A poche settimane dal voto, i sondaggi danno in grande difficoltà i partiti di centrosinistra che controllano il governo federale, usciti molto male anche dalle elezioni europee. Il favorito dai sondaggi in tutti e tre gli stati è invece il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), che ormai da anni raccoglie parecchi voti negli stati dell’ex Germania est. Salvo grossi imprevisti però AfD rimarrà all’opposizione in tutti e tre gli stati: nessun partito tedesco sembra disponibile a un’alleanza. Formare un governo quindi sarà complesso, a meno di sorprese.
Importante guardare i dati sull’andamento dell’economia tedesca che evidenziano una leggera contrazione dello 0,1% rispetto al primo trimestre dell’anno, quando il Pil aveva messo a segno un incremento dello 0,2%. E’ il segnale di una persistente stasi dell’economia tedesca, complice il rallentamento della domanda interna, gli elevati costi dell’energia, del lavoro e del capitale. Di contro, per quel che riguarda l’Italia, il secondo trimestre dell’anno ha messo a segno un incremento rispetto al trimestre precedente dello 0,2%, e dello 0,9% in termini tendenziali. Ne consegue che la variazione acquisita per l’anno in corso, che si otterrebbe se nei prossimi due trimestri la crescita dell’economia fosse nulla è dello 0,7%. Ora l’indice Zew di fiducia degli investitori tedeschi evidenzia un crollo ad agosto a 19,2 punti da 41,8 di luglio, molto peggio delle previsioni che indicavano un calo più contenuto a 32 punti. Si tratta del valore più basso negli ultimi sette mesi. E’ un ulteriore segnale del rallentamento della ex locomotiva tedesca, che potrebbe trasformarsi nuovamente in recessione tecnica o comunque in una prolungata stagnazione, con evidenti ripercussioni sull’andamento dell’economia dell’eurozona e italiana in particolare.
Secondo le ultime rilevazioni pubblicate dall’Istat nel 2023 le esportazioni italiane verso la Germania sono diminuite del 3,6% attestandosi a 74,65 miliardi di euro rispetto all’anno precedente; mentre le importazioni dalla Germania ammontano a 89,68 miliardi di euro, sostanzialmente invariate rispetto al 2022. La composizione dell’interscambio mette in luce i possibili effetti della frenata tedesca sull’economia italiana, tanto da porre nuovamente in discussione la possibilità, prevista dal Governo nel Def di aprile, di centrare quest’anno l’obiettivo di una crescita pari all’1%, giudicata ottimistica e non condivisa, se pur di pochi decimali, dai principali previsori interni e internazionali. Già nel Def si dava conto peraltro che per la prima volta in dieci anni (ad eccezione dell’anno di inizio della pandemia) sono risultate in contrazione le vendite verso la Germania, “che rappresenta un importante mercato di sbocco dati i forti legami economici che legano le due economie. Sono risultate, invece, in leggero aumento le esportazioni verso la Francia e, in maggior misura, la Spagna, cui si affianca l’incremento più ampio verso gli Stati Uniti, seppur in decelerazione rispetto all’anno precedente”. Ed è in una Germania in recessione che si vota in tre regioni chiave l’1 settembre.
La recessione in Germania non è ufficiale, in quanto tecnicamente il Pil dovrebbe contrarsi per due trimestri di seguito. In questa situazione molto difficile, a settembre andranno al voto tre Laender, i corrispondenti delle regioni italiane, ma con molta maggiore autonomia. Trattasi di Turingia, Sassonia e Brandeburgo. Tutti e tre si trovano ad est e appartenevano all’allora Ddr, la Germania comunista.
I sondaggi sono più che impietosi per il cancelliere Olaf Scholz e la sua maggioranza. Insieme, i tre partiti che lo sostengono (socialdemocratici, verdi e liberali) otterrebbero appena il 12% dei consensi in Turingia, il 14% in Sassonia e salendo fino a meno del 30% in Brandeburgo. I primi due Laender voteranno l’1 settembre, il terzo il giorno 22. In Turingia trionferebbe Alternativa per la Germania, la destra euro-scettica accusata dagli altri partiti di simpatizzare per il nazismo. Avrebbe il 30% dei consensi, davanti anche al 22% dei cristiano-democratici. In Sassonia, sarebbe testa a testa sopra il 30% tra i due. In Brandeburgo, invece, AfD tornerebbe prima con il 25%, seguita dal 19,3% dei socialdemocratici.
Da notare che la cosiddetta “sinistra rossobruna” di Sarah Wagenknecht (Bsw) otterrebbe il 19% in Turingia, il 12% in Sassonia e il 17% in Brandeburgo. In Turingia, un altro 15% andrebbe alla Linke. In pratica, in questo land i due terzi dei consensi sarebbero conquistati da partiti “anti-sistema”. C’è la concreta possibilità che non si riesca a formare un governo regionale capeggiato da uno dei partiti tradizionali. Una disfatta particolarmente devastante per la coalizione di governo. Se i dati venissero confermati, sarebbe travolta. I liberali resterebbero fuori da tutti i tre Landtage. I verdi rischiano in tutti e tre, mentre i socialdemocratici in due di loro.
Non è forse soltanto la recessione in Germania a spiegare un disastro elettorale di queste proporzioni, visto che siamo dinnanzi a un intero blocco politico che rischia di essere spazzato via a ogni livello. Il campanello d’allarme era suonato fortissimo alle elezioni europee di tre mesi fa, quando i socialdemocratici scesero in terza posizione, dietro a conservatori e destra radicale. Insieme, i tre partiti della maggioranza hanno ottenuto poco più del 31%. In buona sostanza, oggi come oggi meno di un tedesco su tre rivoterebbe per questo governo. Una delegittimazione pesante, seppure informale. La coalizione potrà restare in sella fino alla scadenza naturale della legislatura tra tredici mesi. I verdi hanno sequestrato il cuore manifatturiero del continente con un programma ideologico e devastante per l’industria nazionale.
La recessione in Germania si spiega anche, se non soprattutto, tramite l’ostinazione con cui Scholz ha deciso di dare seguito a misure di politica economica aberranti nel nome dell’ambientalismo e non è detto che riesca a superare indenne il mese di settembre. Le elezioni anticipate a Berlino sono quasi un tabù, ma nel 2005 furono chieste e ottenute da un altro cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schroeder dopo la disfatta nella storica roccaforte rossa del Nord-Reno-Vestfalia.
La vera sorpresa di queste elezioni potrebbe essere invece l’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW): un partito populista di difficile collocazione, con posizioni di sinistra in economia e argomenti molto vicini a quelle dell’estrema destra su migranti e vaccini, nonché filorusso e contrario al sostegno all’Ucraina, fondato meno di un anno fa.
La BSW gode di grande sostegno negli stati orientali tedeschi e, in questo momento, sta andando molto bene nei sondaggi, con percentuali tra il 15 e il 20 per cento negli stati in cui si voterà a breve. Sono numeri notevoli, che se venissero confermati alle elezioni potrebbero rendere la BSW un potenziale partner di coalizione per vari partiti.
Nelle ultime settimane in Germania si è discusso con crescente insistenza della possibilità che la BSW dopo le elezioni possa effettivamente allearsi con partiti più istituzionali come l’Unione Cristiano Democratica (CDU, di centrodestra) in Sassonia e in Turingia, e i Socialisti della SPD in Brandeburgo, soffermandosi sul fatto che gli esponenti locali di questi partiti non hanno mai esplicitamente escluso questa possibilità e, anzi, in alcuni casi hanno fatto delle aperture nei confronti dei candidati locali della BSW. Da settimane inoltre Sahra Wagenknecht parla apertamente anche della possibilità di sostenere il candidato governatore della CDU in Sassonia, Michael Kretschmer, in cambio del sostegno della CDU alla propria candidata governatrice in Turingia, Katja Wolf.
La centralità che la BSW potrebbe avere nelle elezioni di Turingia, Brandeburgo e Sassonia è piuttosto sorprendente se si considera che il partito è stato fondato da pochissimo e che almeno in un primo momento la sua crescita sembrava piuttosto contenuta.
A inizio giugno Der Spiegel aveva raccontato in un lungo articolo i primi mesi di attività della BSW, spiegando che il partito si stava muovendo con grande cautela per il desiderio di Wagenknecht di avere il maggiore controllo possibile sui candidati, ed evitare di ritrovarsi con persone problematiche all’interno del partito. Pochi mesi fa, ad aprile, la sede centrale della BSW occupava soltanto un piccolo ufficio in uno spazio di coworking a Berlino: otto metri quadrati con un tavolo, quattro sedie e una stampante. Linda Rehmer, la responsabile dell’organizzazione del partito, lavorava sul proprio computer personale.
Alle scorse elezioni europee, le prime a cui abbia partecipato, la BSW aveva ottenuto comunque un buon risultato, cioè il 6 per cento dei voti su base nazionale, riuscendo a fare eleggere sei europarlamentari. In base alle analisi dei flussi elettorali sembra che la BSW abbia sottratto molti voti all’SPD e alla Sinistra soprattutto nelle regioni della Germania orientale che avevano fatto parte della Repubblica Democratica Tedesca. In questi stati Wagenknecht è diventata molto popolare per le sue posizioni conservatrici unite a idee più “di sinistra” sullo stato sociale: «in Germania orientale molte persone sono conservatrici e scettiche nei confronti delle migrazioni, ma tengono molto alla giustizia sociale», spiega il sociologo Steffen Mau: «e questa posizione è esattamente quella che sostiene Wagenknecht».
Anche le posizioni filorusse e contrarie al sostegno all’Ucraina sostenute da Wagenknecht hanno contribuito alla sua popolarità, secondo Mau. Negli ultimi mesi, e durante la campagna elettorale per le elezioni di settembre, Wagenknecht ha parlato molto della guerra in Ucraina e dei danni che le sanzioni contro la Russia hanno provocato all’economia tedesca. Sono posizioni che piacciono molto al governo russo.
Anche i candidati locali dei partiti che sostengono l’Ucraina, come la CDU e la SDP, hanno adottato delle posizioni meno rigide nei confronti della Russia, di fatto adattandosi all’orientamento di buona parte degli elettori e avvicinandosi alle posizioni di Wagenknecht.
Sahra Wagenknecht ha parlato delle elezioni di settembre come di un voto «per la pace o per la guerra». Le elezioni però non avranno molto a che fare con la guerra, ma con molte questioni pratiche più vicine alla vita degli abitanti di Turingia, Brandeburgo e Sassonia: temi come la costruzione di nuove case, l’istruzione e la sicurezza, ha scritto l’Economist. «Se la BSW vuole dimostrare di saper governare, siamo disposti a parlare con loro», ha detto Dietmar Woidke, l’attuale governatore del Brandeburgo e candidato dell’SPD per la posizione: «a ogni modo, però, nello stato di Brandeburgo non si prenderanno decisioni sulle politiche migratorie né sul futuro dell’Ucraina».