Indulto parziale e Renato Brunetta aprono un dibattito politico italiano

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Il sistema carcerario italiano è da tempo al centro di un acceso dibattito politico. Le condizioni di vita all’interno delle prigioni, il sovraffollamento e la gestione dei detenuti sono temi che emergono ciclicamente, richiamando l’attenzione di politici e cittadini. Recentemente, l’idea di un indulto parziale ha riacceso le discussioni, con proposte che mirano a migliorare la situazione senza compromettere la giustizia. Questo tema è particolarmente rilevante in un momento in cui la società italiana è chiamata a riflettere su valori fondamentali come umanità e dignità.

Lo spunto viene dal presidente del Cnel ed ex ministro azzurro Renato Brunetta che sul Sole 24 ore chiede una convergenza a opposizione e maggioranza proprio su questo tema.

«Penso che la proposta di Renato Brunetta vada ripresa, sostenuta, resa effettiva. Spero che opposizione e maggioranza possano convergere su un obiettivo minimo di umanità, civiltà, decenza. Chi ci sta?» scrive su X il senatore del Pd Filippo Sensi.

L’idea di un indulto parziale che coinvolga i detenuti per reati meno gravi, già evidenziata dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, viene sostenuta anche da Benedetto Della Vedova: «In un carcere sovraffollato, luogo di isolamento, umiliazione, malattia e morte, la pena rischia di perdere la certezza dell’esempio, che è la vera fonte di legittimazione della potestà punitiva, per trasformarsi invece in certezza della recidiva. È vero, e non conviene a nessuno un modello di pena che incentivi i detenuti a tornare a delinquere o a cominciare a farlo – rimarca Della Vedova – se detenuti ingiustamente. E la proposta di indulto parziale, per il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, merita attenzione e una iniziativa parlamentare trasversale. Sarebbe infatti positivo che anche nella maggioranza la proposta di Brunetta, che ha alle spalle una lunga militanza nel centrodestra, venisse raccolta e rilanciata. La situazione nelle carceri è incivile ed inaccettabile, quindi bisogna agire con urgenza».

Cauta ma comunque aperturista la responsabile giustizia del Pd, Debora Serracchiani: «Noi abbiamo le nostre idee, non condividiamo tutto, ma almeno iniziamo a discuterne seriamente e per dare risposte ad una situazione ormai insostenibile. Lavoro, misure alternative, sconto per buona condotta, case di reinserimento sono tutte proposte condivisibili e giuste che abbiamo presentato più volte con emendamenti puntuali. Sempre respinti. Vale la pena ricordare il comportamento della maggioranza, ed in particolare di Forza Italia, sulla proposta Giachetti di liberazione anticipata o quanto accaduto sull’inutile decreto carcere o quanto contenuto nell’inaccettabile ddl Sicurezza. Basta quindi farsi belli con proposte che poi non si è disponibili a sostenere al momento opportuno. Si passi ai fatti e non si sprechino solo parole al vento. Il partito democratico è pronto a discuterne».

Un invito che sembra rivolto soprattutto ad Fi e al suo leader Antonio Tajani che proprio in occasione dell’apertura della Porta Santa a Rebibbia da parte del Papa, il giorno di Santo Stefano, parlò di una iniziativa che «impegni tutti ad affrontare il tema carceri». Un ragionamento che viene tradotto in ambienti del partito azzurro con iniziative a favore del miglioramento della condizione carceraria mantenendo però la certezza della pena – come spiega il portavoce Raffaele Nevi – e, quindi, la contrarietà all’indulto.

Fa chiarezza il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il sovraffollamento delle carceri – tema sicuramente reale- non si risolve con tali strumenti. «Amnistia e indulto» non sono la strada giusta. Si tratta di atti «plausibili come segno di forza e di magnanimità. Ma se vengono interpretati come provvedimenti emergenziali svuota-carcere sono manifestazioni di debolezza», che mandano un segnale di «impunità» e di invito «alla commissione di nuovi reati».

Il governo sta lavorando seriamente sul tema del sovraffollamento delle carceri. “Intanto, dei 16mila detenuti in custodia cautelare o in esecuzione della pena in carcere, migliaia non dovrebbero trovarsi lì”, spiega Nordio. La maggior parte della popolazione carceraria composta da stranieri – quasi totalmente clandestini- determina varie problematiche: molti, pur avendo i requisiti per andare agli arresti domiciliari, sono impossibilitati ad andarci perché non hanno domicilio. L’idea su cui stiamo lavorando è di creare delle strutture, dei condomini, dove permettere a questi stranieri senza domicilio di scontare gli arresti: con un controllo periodico, non continuo, delle forze dell’ordine”.

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