‘No ponte’: recitavano i cartelli esposti da un gruppo di eurodeputati di Pd, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra nel corso del flashmob a Strasburgo in apertura della giornata di lavori al Parlamento europeo.
L’obiettivo: chiedere alla Commissione europea di negare la deroga a costruire relativa al Ponte sullo Stretto, “necessaria per aggirare i vincoli imposti alla costruzione in Zone protette speciali, quali sono quelle che verrebbero coinvolte nella realizzazione dell’opera”. Lo si legge in una nota. L’iniziativa è stata promossa da Annalisa Corrado (Pd), Sandro Ruotolo (Pd), Giuseppe Lupo (Pd), Ignazio Marino (Avs), Cristina Guarda (Avs), Leoluca Orlando (Avs), Benedetta Scuderi (Avs), Pasquale Tridico (M5s), Giuseppe Antoci (M5s).
“Noi non ci fermeremo: il tema è di assoluta rilevanza europea: la nostra posizione è che manchino del tutto i motivi di interesse pubblico che sono necessari per la concessione della deroga da parte della Commissione”, commenta Corrado, responsabile Conversione ecologica del Pd. “Quello dell’ecomostro voluto da Salvini è un progetto nebuloso, dannoso, antistorico e insostenibile che arrecherebbe danni incalcolabili ai territori coinvolti e alla biodiversità degli ecosistemi su cui inciderebbe, con rischi enormi per la salubrità ambientale che ricadrebbero sulle comunità coinvolte”, prosegue. “Per non parlare del fatto che si sta ragionando di costruire il ponte sospeso più grande d’Europa su faglie attive, in una zona ad elevatissima attività sismica”.
Ed è un fatto l’intesa raggiunta da Pd e Movimento Cinque Stelle, ma non parlo del Ponte sullo Stretto ma di una intesa fatta tra Pd e Cinque Stelle stretto tra Elly Schlein e Giuseppe Conte che riguarda la doppia finestra elettorale, tra l’autunno del 2025 e la primavera del 2026, per le elezioni regionali.
Si apriranno le urne in sei Regioni: Veneto, Campania, Puglia, Marche, Calabria e Toscana. L’accordo stretto da Conte e Schlein prevede questo schema: 4 regioni andranno al Pd e due al M5s. Il Pd indicherà il candidato presidente del campo largo in Veneto, Puglia, Toscana e Marche. Ai grillini spetterà la scelta del candidato governatore in Campania e Calabria. Non si celebreranno le primarie.
In Puglia, il campo largo punterà sull’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, che oggi siede a Bruxelles. Per il dopo Emiliano, Decaro è il candidato di punta dei dem su cui convergeranno i Cinque stelle. D’altronde, l’alleanza tra Pd e M5s è già stata sperimentata durante i 10 anni in Regione di Michele Emiliano. Resta una incognita che riguarda la commissione d’accesso al Comune di Bari. Se gli ispettori, inviati dal Viminale, accerteranno eventuali infiltrazioni della malavita nell’amministrazione pubblica durante l’era Decaro, Conte potrebbe rivedere la sua posizione. È una «clausola» allegata all’accordo sulle regionali. In Campania, l’indicazione del candidato presidente spetta al M5s. Al tavolo presente anche il partito di Matteo Renzi che pone una condizione: «No a un profilo troppo ortodosso», realtà che esclude la candidatura dell’ex presidente della Camera Roberto Fico perde quota mentre risalgono le possibilità dell’ex ministro Sergio Costa: nome che avrebbe l’ok del governatore uscente Vincenzo De Luca, ormai in trattativa con la Schlein nella battaglia per il terzo mandato. In realtà nella proposta fatta da De Luca era, e forse è, stabilito che la candidatura della presidenza deve essere scelta dall’attuale governatore. Non è un mistero che il reale polmone di voti in Campania appartiene, in lungo e in largo, a Vincenzo De Luca. La sorpresa arriva in Calabria, altra regione in quota M5s, dove Pasquale Tridico, padre del reddito di cittadinanza, eletto a Bruxelles, dovrebbe strappare la regione all’azzurro Roberto Occhiuto. Nelle Marche, Schlein schiera l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, per ora fermo al Parlamento europeo. In Toscana, l’uscente Eugenio Giani in quota Pd si prepara alla ricandidatura. Resta il Veneto, altra regione nella quale Schlein dovrà indicare il candidato presidente con il via libera di Conte. Questo schema terrebbe fuori i candidati di Bonelli e Fratoianni, segretari di Avs, che non sono felici dell’accordo che legano Pd e Cinque Stelle, ma che potrebbero ripiegare alle amministrative, strappando il sindaco in alcune città.
‘No ponte’: recitavano i cartelli esposti da un gruppo di eurodeputati di Pd, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra nel corso del flashmob a Strasburgo in apertura della giornata di lavori al Parlamento europeo.
L’obiettivo: chiedere alla Commissione europea di negare la deroga a costruire relativa al Ponte sullo Stretto, “necessaria per aggirare i vincoli imposti alla costruzione in Zone protette speciali, quali sono quelle che verrebbero coinvolte nella realizzazione dell’opera”. Lo si legge in una nota. L’iniziativa è stata promossa da Annalisa Corrado (Pd), Sandro Ruotolo (Pd), Giuseppe Lupo (Pd), Ignazio Marino (Avs), Cristina Guarda (Avs), Leoluca Orlando (Avs), Benedetta Scuderi (Avs), Pasquale Tridico (M5s), Giuseppe Antoci (M5s).
“Noi non ci fermeremo: il tema è di assoluta rilevanza europea: la nostra posizione è che manchino del tutto i motivi di interesse pubblico che sono necessari per la concessione della deroga da parte della Commissione”, commenta Corrado, responsabile Conversione ecologica del Pd. “Quello dell’ecomostro voluto da Salvini è un progetto nebuloso, dannoso, antistorico e insostenibile che arrecherebbe danni incalcolabili ai territori coinvolti e alla biodiversità degli ecosistemi su cui inciderebbe, con rischi enormi per la salubrità ambientale che ricadrebbero sulle comunità coinvolte”, prosegue. “Per non parlare del fatto che si sta ragionando di costruire il ponte sospeso più grande d’Europa su faglie attive, in una zona ad elevatissima attività sismica”.
Ed è un fatto l’intesa raggiunta da Pd e Movimento Cinque Stelle, ma non parlo del Ponte sullo Stretto ma di una intesa fatta tra Pd e Cinque Stelle stretto tra Elly Schlein e Giuseppe Conte che riguarda la doppia finestra elettorale, tra l’autunno del 2025 e la primavera del 2026, per le elezioni regionali.
Si apriranno le urne in sei Regioni: Veneto, Campania, Puglia, Marche, Calabria e Toscana. L’accordo stretto da Conte e Schlein prevede questo schema: 4 regioni andranno al Pd e due al M5s. Il Pd indicherà il candidato presidente del campo largo in Veneto, Puglia, Toscana e Marche. Ai grillini spetterà la scelta del candidato governatore in Campania e Calabria. Non si celebreranno le primarie.
In Puglia, il campo largo punterà sull’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, che oggi siede a Bruxelles. Per il dopo Emiliano, Decaro è il candidato di punta dei dem su cui convergeranno i Cinque stelle. D’altronde, l’alleanza tra Pd e M5s è già stata sperimentata durante i 10 anni in Regione di Michele Emiliano. Resta una incognita che riguarda la commissione d’accesso al Comune di Bari. Se gli ispettori, inviati dal Viminale, accerteranno eventuali infiltrazioni della malavita nell’amministrazione pubblica durante l’era Decaro, Conte potrebbe rivedere la sua posizione. È una «clausola» allegata all’accordo sulle regionali. In Campania, l’indicazione del candidato presidente spetta al M5s. Al tavolo presente anche il partito di Matteo Renzi che pone una condizione: «No a un profilo troppo ortodosso», realtà che esclude la candidatura dell’ex presidente della Camera Roberto Fico perde quota mentre risalgono le possibilità dell’ex ministro Sergio Costa: nome che avrebbe l’ok del governatore uscente Vincenzo De Luca, ormai in trattativa con la Schlein nella battaglia per il terzo mandato. In realtà nella proposta fatta da De Luca era, e forse è, stabilito che la candidatura della presidenza deve essere scelta dall’attuale governatore. Non è un mistero che il reale polmone di voti in Campania appartiene, in lungo e in largo, a Vincenzo De Luca.
La sorpresa arriva in Calabria, altra regione in quota M5s, dove Pasquale Tridico, padre del reddito di cittadinanza, eletto a Bruxelles, dovrebbe strappare la regione all’azzurro Roberto Occhiuto. Nelle Marche, Schlein schiera l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, per ora fermo al Parlamento europeo. In Toscana, l’uscente Eugenio Giani in quota Pd si prepara alla ricandidatura. Resta il Veneto, altra regione nella quale Schlein dovrà indicare il candidato presidente con il via libera di Conte. Questo schema terrebbe fuori i candidati di Bonelli e Fratoianni, leader di Avs, che non sono felici dell’accordo che legano Pd e Cinque Stelle, ma che potrebbero ripiegare alle amministrative, strappando il sindaco in alcune città.