Rimane accesissimo il dibattito sullo ius scholae da quando il ministro Tajani ha dichiarato che “l’Italia è cambiata” e ha bisogno di una netta modifica ai criteri con cui si ottiene la cittadinanza: secondo le stime di Tuttoscuola, mezzo milione di studenti diventerebbero italiani nell’arco di cinque anni. Questo perché lo ius scholae, per definizione, semmai dovesse entrare in vigore, riconoscerebbe la cittadinanza a tutti gli studenti stranieri che hanno concluso il primo ciclo di istruzione, fino alla terza media. A rientrare pienamente nella riforma, durante il primo anno di applicazione, sarebbero 300mila studenti; gli altri a seguire, considerata anche una piccola, ipotetica percentuale di ragazzi che, per vari motivi, potrebbero non concludere la scuola secondaria di primo grado.
Il totale di nuovi cittadini ammonterebbe a 560mila entro il 2029. In Italia, gli studenti senza cittadinanza italiana sfiorano il milione; si tratta dell’11,2% della popolazione scolastica. Infatti, solo il 15,5% delle scuole non registra la presenza di studenti con cittadinanze diverse e la loro distribuzione non risulta omogenea. Oltre il 30% dei ragazzi interessati dalla modifica vive in Lombardia e solo il 15% al Sud.
Secondo ricerche di Save the Children sull’integrazione dei rifugiati in Italia, riconoscere la cittadinanza a questi bambini risulterebbe in un ampliato senso di comunità sia negli italiani dalla nascita, sia nei nuovi cittadini, aprendo la strada ad un cammino partecipato verso una cittadinanza globale, un contesto in cui la parola “integrazione” non sia più necessaria. Per la Lega, questa non dovrebbe essere una priorità nell’agenda di Governo; la Premiere non si è ancora espressa a riguardo. Secondo il ministro Salvini, infatti “siamo il Paese europeo che concede più cittadinanze ai cittadini stranieri, ritengo assolutamente di buonsenso il compimento del diciottesimo anno e la conoscenza della lingua”.
Ma se è vero che l’Italia riconosce più cittadinanze degli altri Paesi (il 22% delle nuove cittadinanze UE è italiano), è anche vero che rientra tra quelli con i criteri più stringenti: solo in Italia e Slovenia, infatti, si deve aspettare dieci anni per richiedere la cittadinanza. Altri paesi hanno optato per lo ius soli, per quanto con caratterizzazioni diverse a seconda dei casi; in altri ancora esiste lo ius soli temperato, per cui basta nascere da genitori residenti nel territorio da almeno un numero di anni variabile per potersi dichiarare cittadino. Per Save the Children, lo ius scholae gioverebbe al problema della sicurezza tanto caro alla maggioranza: la marginalizzazione, al contrario, non ha mai contribuito positivamente.