Il 5 novembre 2024, negli Stati Uniti, i cittadini saranno chiamati a votare per eleggere la Camera dei Rappresentanti, un terzo del Senato, ma soprattutto il nuovo presidente. La sfida è tra la vicepresidente in carica Kamala Harris, democratica ed ex procuratrice generale della California, e Donald Trump, ex presidente, Repubblicano, imprenditore e famosissimo personaggio televisivo.
I due candidati sono divisi su ogni argomento, dai diritti individuali alla politica estera, fino all’economia. Il risultato del voto potrebbe decidere la direzione che prenderanno non solo gli Usa, ma moltissimi altri Paesi del mondo.
La candidata alla presidenza degli Stati Uniti Kamala Harris ha rilasciato un’intervista esclusiva alla Cnn, nella quale ha affrontato alcune delle questioni più delicate del suo percorso politico. Dalla difesa del bilancio economico dell’amministrazione Biden alle spiegazioni sui cambiamenti nelle sue posizioni politiche, Harris ha dimostrato una volontà di affrontare le critiche e di chiarire la sua visione per il futuro del paese.
Tra le dichiarazioni più sorprendenti, la vicepresidente ha espresso l‘intenzione di nominare un Repubblicano nel suo gabinetto, segno di una strategia volta a unire il paese. Harris ha inoltre esposto un approccio più pragmatico all’immigrazione e ha discusso la complessa questione del conflitto in Medio Oriente.
Sul tema dell’economia la Harris non si è tirata indietro. Ha elencato i risultati raggiunti dall’amministrazione Biden, tra cui la riduzione dell’immigrazione irregolare e la ripresa economica post-pandemia. Nonostante le critiche sugli effetti dell’inflazione e il costo della vita, Harris ha difeso con forza le politiche adottate, citando la diminuzione della disoccupazione e i progressi nel ridurre i costi dei farmaci da prescrizione
Uno dei momenti più tesi dell’intervista è stato quando le è stata chiesta spiegazione sui cambiamenti nelle sue posizioni politiche. Harris ha risposto con decisione, affermando che i suoi principi sono rimasti immutati, mentre le strategie si sono adattate alle circostanze. Le accuse di incoerenza non l’hanno scalfita, e ha mantenuto la linea senza esitazioni.
In materia di immigrazione, Harris ha mostrato un approccio più pragmatico rispetto al passato. Ha fatto riferimento alla necessità di un consenso ampio per risolvere i problemi legati alla sicurezza dei confini, un cambio di direzione rispetto alle posizioni progressiste che aveva sostenuto in precedenza. Questo nuovo approccio suggerisce che Harris intende presentarsi come una candidata in grado di unire l’elettorato, senza compromettere i valori fondamentali.
Il confronto con Cnn ha toccato anche il conflitto in Medio Oriente, con Harris che ha chiarito la posizione della Casa Bianca: l’obiettivo è raggiungere un accordo che ponga fine alle ostilità e garantisca un futuro stabile per entrambe le parti. Nonostante le pressioni di alcune frange del suo partito, la vicepresidente non ha preso impegni su un eventuale embargo delle armi verso Israele, facendo il periplo della domanda, in sostanza, senza entrare nel dettaglio.
Quando le è stato chiesto se avrebbe adottato una politica diversa rispetto a Biden nelle vendite di armi a Israele, Harris ha evitato di fare promesse specifiche, preferendo concentrarsi sull’obiettivo di porre fine al conflitto in Medio Oriente.
Il presidente degli Stati Uniti on è eletto direttamente dai cittadini. Viene scelto da 538 grandi elettori nominati dai partiti, che formano il Collegio elettorale. Il voto degli statunitensi stabiliscenumero di grandi elettori che ogni partito può nominare.
Per capire come funzionano le elezioni presidenziali negli Usa, bisogna pensarle come 51 elezioni locali, che concorrono tutte a formare il Collegio elettorale. Ogni Stato, più il District of Columbia, la regione in cui si trova la capitale degli Usa Washington, elegge un numero di grandi elettori in base alla propria popolazione. Il partito che vince in uno Stato nomina tutti i grandi elettori di quello Stato, anche se riceve un solo voto in più dell’avversario.
Le elezioni statunitensi si tengono, domani, martedì 5 novembre. Solitamente le operazioni di voto cominciano alle 7 del mattino ora locale di ogni Stato, ma ci sono alcune eccezioni che portano l’orario a variare tra le 5 e le 10 del mattino.
Gli Stati Uniti sono però divisi in sei fusi orari, con alcuni Stati che hanno addirittura più di un fuso orario al loro interno. Quattro sono le fasce principali: Estern, il fuso di New York, Central, quello di Chicago, Mountain, quello di Arizona e New Mexico, e Pacific, quello di Los Angeles. Variano, da est a ovest, tra le 6 e le 9 ore indietro rispetto al fuso orario di Roma, quello italiano. Alaska e Hawaii hanno due fusi propri, 10 e 11 ore indietro rispettivamente.
Per seguire le elezioni americane è importante seguire quasi esclusivamente gli Stati in bilico. Questi sono gli orari italiani di apertura e chiusura dei seggi in ognuno di loro:
- North Carolina; apertura: 12:30; chiusura 1:30 del 6 novembre
- Pennsylvania; apertura: 13:00; chiusura 2:00 del 6 novembre
- Georgia; apertura: 13:00; chiusura 1:00 del 6 novembre
- Michigan; apertura: 13:00; chiusura 2:00 del 6 novembre
- Wisconsin; apertura: 14:00; chiusura 2:00 del 6 novembre
- Arizona; apertura: 14:00; chiusura: 3:00 del 6 novembre
- Nevada; apertura: 16:00; chiusura: 2:00 del 6 novembre
La nottata elettorale comincerà a urne chiuse, quindi tra l’1:00 e le 3:00 di notte del 6 Novembre ore italiane. Già dai primi minuti dello scrutinio le principali testate giornalistiche e televisioni statunitensi inizieranno ad eseguire le cosiddette “Call”, le chiamate degli Stati. Pur senza un risultato ufficiale, valuteranno le proiezioni dei risultati assegnando a uno dei due partiti maggiori una previsione di vittoria nei vari Stati.
Gli Stati in bilico saranno molto probabilmente “too close to call” troppo in bilico per la chiamata, e bisognerà attendere fino al mattino per sapere i risultati. Il sito della Fec, la Commissione elettorale federale che si occupa dei risultati delle elezioni, sarà aggiornato con un po’ di ritardo. Il modo migliore per seguire lo scrutinio degli Stati in bilico è di visitare i siti delle commissioni elettorali dei singoli Stati.