Kamala Harris e Tim Walz un’unica voce sul diritto all’aborto. Trump: ‘Vogliono gli Usa come la California: l’incubo di ogni americano’

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Kamala Harris ha scelto come suo vice il 60enne governatore del Minnesota Tim Walz. La notizia, anticipata dalla Cnn, è stata poi confermata dalla stessa Harris. Walz – che ha avuto la meglio sui governatori della Pennsylvenia Josh Shapiro, considerato favorito, e dell’Ariziona Mark Kelly – rafforza Harris in uno Stato cruciale del Midwest. Ma anche gli altri due candidati avrebbero rafforzato Stati chiave. Walz in più aveva dalla sua il forte gradimento dell’ala progressista dei democratici. Ha scelto “un radicale di sinistra”, ha commentato la campagna di Trump, non appena la notizia è stata divulgata.

Il governatore del Minnesota è un antesignano delle politiche Lgbt anche a scuola e un abortista convinto, ma il vero motivo per cui sarebbe stato preferito a Shapiro lambirebbe le tematiche antisemite. Il governatore della Pennsylvenia, infatti, è stato soprannominato “Genocide Josh”: è ebreo ed è finito al centro delle polemiche per la gestione delle manifestazioni pro-Pal all’università.

Sposato con due figli, Walz è un veterano della politica avendo servito al Congresso per 12 anni, prima di essere eletto alla guida del suo Stato per due volte. Di recente è stato tra i promotori del comitato “White Dudes for Harris”, che ha riportato sulla scena democratica una figura a lungo vituperata e marginalizzata dal pensiero liberal: quella del maschio bianco. Lui, in più, oltre a essere un ex docente di storia, è un veterano della Guardia nazionale, nella quale si arruolò a 17 anni, e un allenatore di football, che piace anche all’America rurale. Insomma, uno di quei maschi bianchi che, da quelle parti, fino a poco tempo fa, avrebbe fatto pensare immediatamente a una mascolinità muscolare e, dunque, tossica.

Invece, il governatore del Minnesota, che è anche a capo dell’associazione dei governatori democratici, viene indicato dalle cronache con il soprannome che gli hanno dato i suoi colleghi: “l’amabile Walz”. Il che non gli impedisce di essere anche pungente: è stato lui a coniare la definizione, ampiamente utilizzata dalla stessa Harris, di “plain weird”, semplicemente bizzarri, per la coppia Trump-Vance.

Fonti della campagna di Trump citate dalla Cnn hanno commentato sottolineando che Harris “si è inginocchiata di fronte alla sinistra antisemita e anti-israeliana e ha scelto qualcuno di pericolosamente progressista come lei”. Sui social media il super Pac pro-Trump Make America Great Again Inc ha scritto che “il governatore Tim Walz e Kamala Harris andranno molto d’accordo. Sono entrambi radicali di estrema sinistra che non sanno come governare”. La campagna Maga Inc ha definito Walz un “liberale incompetente”.  “Proprio come Kamala Harris, Tim Walz è un pericoloso estremista di sinistra, e il sogno di Harris e Walz” di trasformare gli Stati Uniti a immagine della California rappresenta “l’incubo di ogni americano”, ha sottolineato in una nota Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump.

Walz è noto per le sue posizioni progressiste: tra le altre cose è un sostenitore del diritto all’aborto, della legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo e di maggiori controlli sul possesso di armi da fuoco.

Donald Trump in un video di quattro minuti, in cui afferma di voler lasciare ai singoli Stati la decisione se consentire o meno l’interruzione di gravidanza. Trump dice di non volere un bando nazionale all’aborto e di essere comunque sempre a favore dell’interruzione di gravidanza “in caso di stupro, incesto o pericolo di vita per la madre”. “Fate quello che è giusto per la vostra famiglie e quello che è giusto per voi”, raccomanda Trump alle donne americane. I conservatori religiosi accusano Trump di tradimento e  i democratici lo dipingono come la peggior minaccia per i diritti e la salute delle donne.

Trump ha deciso di dire la sua in tema di aborto dopo essersi assicurato la nomination repubblicana. Questo la dice lunga sulla prudenza con cui l’ex presidente maneggia, da sempre, la questione. È sua convinzione che l’aborto è ciò che ha fatto mancare ai repubblicani la clamorosa vittoria prevista alle elezioni di midterm nel 2022. Ed è sua profonda convinzione che i repubblicani debbano evitare di farne un tema qualificante alle elezioni 2024. Trump ritiene anzi che proporre un bando nazionale all’aborto, durante questa campagna elettorale, porterebbe a una straordinaria mobilitazione dell’elettorato femminile e a una sconfitta quasi certa per i repubblicani. Meglio, ha spiegato, concentrarsi su altro: “l’orribile confine, l’inflazione, la cattiva economia, la morte e distruzione del nostro Paese”.

Trump è stato  capace di nominare tre giudici conservatori alla Corte Suprema, che nel 2022 hanno revocato la Roe v. Wade e “l’hanno consegnata alle ceneri della Storia”, come amano dire proprio i religiosi. Quel successo ha però radicalizzato la situazione. Due dozzine di Stati a guida repubblicana hanno votato leggi che, in modi e forme diverse, bandiscono il diritto all’aborto. Ciò ha rinvigorito l’azione dei gruppi pro-choice. In Florida, ad esempio, è in corso una raccolta firme per chiedere un referendum contro la legge approvata dai repubblicani di Ron DeSantis, che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le sei settimane (quando spesso una donna non è nemmeno a conoscenza di essere incinta). Nello stesso tempo, dopo la vittoria alla Corte Suprema del 2022, i gruppi antiabortisti sono in difficoltà, incapaci di trovare altre ragioni e occasioni di battaglia. Il tentativo di mettere fuori legge la pillola abortiva sembra per esempio destinato a fallire.

A questo punto, Trump preferisce dunque non approfondire lo scontro. Sa che il tema può diventare tossico per i repubblicani. Sa che gli può far perdere ampi settori di voto femminile e portare alle urne migliaia di democratici e progressisti che magari se ne starebbero a casa se non fossero in discussione in diritti riproduttivi. Trump è per esempio molto preoccupato per quanto avviene in Florida. Il Sunshine State è ormai da qualche anno un solido bastione repubblicano. L’aver votato la norma draconiana che mette al bando l’aborto dopo sei settimane rischia di avere effetti destabilizzanti. Il referendum richiesto dai gruppi pro-choice dovrebbe infatti tenersi il 5 novembre, quindi in concomitanza con il voto delle presidenziali. C’è da aspettarsi un’affluenza al voto di decine di migliaia di elettori poco propensi ad avvallare le scelte di DeSantis, dunque sicuramente non in linea con la candidatura di Trump. La Florida potrebbe dunque tornare a essere uno swing state, uno stato in bilico tra democratici e repubblicani. Non è quello che Trump vuole. Ed è ciò che, tra le altre cose, lo ha spinto a registrare il video in cui si dice contrario al bando nazionale all’aborto.

Il governatore del Minnesota è un antesignano delle politiche Lgbt anche a scuola e un abortista convinto e il tema relativo all’aborto può essere determinante per l’accesso alla Casa Bianca. A questo punto, Trump preferisce dunque non approfondire lo scontro. Sa che il tema può diventare tossico per i repubblicani. Sa che gli può far perdere ampi settori di voto femminile e portare alle urne migliaia di democratici e progressisti che magari se ne starebbero a casa se non fossero in discussione in diritti riproduttivi. Trump è per esempio molto preoccupato per quanto avviene in Florida. Il Sunshine State è ormai da qualche anno un solido bastione repubblicano. L’aver votato la norma draconiana che mette al bando l’aborto dopo sei settimane rischia di avere effetti destabilizzanti. Il referendum richiesto dai gruppi pro-choice dovrebbe infatti tenersi il 5 novembre, quindi in concomitanza con il voto delle presidenziali. C’è da aspettarsi un’affluenza al voto di decine di migliaia di elettori poco propensi ad avvallare le scelte di DeSantis, dunque sicuramente non in linea con la candidatura di Trump. La Florida potrebbe dunque tornare a essere uno swing state, uno stato in bilico tra democratici e repubblicani. Non è quello che Trump vuole. Ed è ciò che, tra le altre cose, lo ha spinto a registrare il video in cui si dice contrario al bando nazionale all’aborto.

Nel 2014 la California aveva stabilito l’obbligo per le assicurazioni sanitarie private di includere nella copertura il rimborso per le pratiche abortive. E quando l’ex presidente Donald Trump aveva cercato di fare pressione per ribaltare questa disposizione, il governatore Democratico Gavin Newsom – che i Repubblicani hanno cercato di recente di rimuovere, ma senza riuscirci – aveva definito la manovra come un «atto politico meschino» aggiungendo che «l’assistenza sanitaria delle donne è una questione di salute pubblica».

Nel maggio del 2019, la California si era ufficialmente proclamata stato garante della «libertà riproduttiva», impegnandosi a difendere il diritto all’aborto.

Per dare continuità e concretezza all’impegno, lo scorso settembre era stato costituito il California Future of Abortion Council (CA FAB Council), organo composto da più 40 organizzazioni a favore della libertà di scelta, sostenuto da diversi politici e fondato, tra gli altri, proprio dal governatore Gavin Newsom. A dicembre, il CA FAB Council ha pubblicato una serie di raccomandazioni «per proteggere, rafforzare e espandere» i servizi legati all’aborto nello stato.

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