La “brand ambassador” delle orecchiette baresi potrebbe ricorrere a Mattarella

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Sotto l’albero di Natale, Nunzia Caputo, meglio conosciuta come la signora delle orecchiette al punto di finire per essere stata una dei vettori promozionali della pubblica amministrazione regionale e cittadina oltre che a vedersi associata ad un brand di abbigliamento, ha trovato un pacco. Un insolito regalo che le è stato notificato ieri dal comune di Bari. All’interno dell’inaspettato regalo “Nunzia delle orecchiette”, ha trovato una sanzione amministrativa di cinque mila euro e l’ordinanza di chiusura della sua attività di home restaurant che, pare eserciti, nella sua abitazione di via Arco Basso, nel borgo antico del capoluogo pugliese, a poche decine di metri dal Castello Svevo. Tutto nasce come riportato nell’atto amministrativo adottato ieri dagli uffici del comune di Bari da “immagini video della trasmissione televisiva «Mi manda Rai Tre», mandata in onda il giorno nove novembre scorso, per un servizio realizzato, quindici giorni prima, il 25 ottobre di quest’anno e da accertamenti esperiti d’ufficio” secondo i quali sarebbe “emerso che all’interno della propria abitazione esercita attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, senza aver presentato, al S.U.A.P., lo sportello unico per le attività produttive del comune di Bari la prescritta segnalazione certificata d’Inizio Attività. Nella circostanza, di tempo e luogo”, si legge nella determinazione “così evidenziata durante la ripresa televisiva, si constatava la somministrazione di alimenti e bevande agli avventori, tra cui gli stessi giornalisti della predetta trasmissione, seduti al tavolo presente all’interno dell’abitazione.” Per queste ragioni l’attività di home restaurant della signora Nunzia per la  ripartizione del corpo di polizia locale, protezione civile e attività produttive “è da considerarsi come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande” e “può essere esercitata previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali ai sensi dell’art. 71 del D.Lgs. 26/03/2010 n. 59 e previa presentazione (…)di una scia”. Secondo la normativa vigente l’attività di home restaurant è disciplinata come forma artigianale con un guadagno annuale al di sotto di cinque mila euro, altrimenti si configura un’altra classificazione, ovvero di un pubblico esercizio come home restaurant e in questo caso occorre presentare al comune di competenza la scia sanitaria e una apposita dichiarazione attraverso la quale si determina il  si fissano coperti e giorni. A supportare questa tesi arrivano le linee guida per l’applicazione della normativa sull’igiene degli alimenti in attività di preparazione e/o somministrazione di alimenti presso locali utilizzati principalmente come abitazione privata (Home food – Home Restaurant) approvate dalla giunta regionale l’11 febbraio del 2020 che prevedono che “ogni soggetto che intenda intraprendere l’attività di produzione e/o somministrazione di alimenti nell’ambito di una micro impresa domestica deve notificarla tramite il SUAP all’Autorità competente sanitaria, ai fini della registrazione ai sensi della normativa vigente. Alla luce di tutto ciò visto che agli uffici comunali baresi “non risulta aver presentato notifica ai fini della registrazione per l’attività di home restaurant” è stata notificata ieri alla signora Nunzia la chiusura della sua attività di home restaurant disponendo “l’immediata cessazione con divieto di prosecuzione di ogni esercizio di attività di somministrazione di alimenti e bevande, abusivamente esercitata all’interno della propria abitazione in mancanza di notifica sanitaria ai fini della registrazione”. E mentre Nunzia, preferisce non rilasciare nessuna dichiarazione sulla questione, si profila all’orizzonte una querelle burocratica che potrebbe sfociare anche in qualche aula di tribunale avendo la destinataria la possibilità di opporsi contro la decisione entro due mesi al Tribunale Amministrativo Regionale  o 120 giorni direttamente al Presidente della Repubblica.

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