La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 5, comma 1 e 3 (diritto alla libertà e alla sicurezza) della Carta: un uomo, assolto per incapacità di intendere e di volere, è rimasto internato in una residenza psichiatrica per l’esecuzione delle misure di sicurezza oltre i termini che sarebbero stati altrimenti previsti per lui nel caso di una condanna. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che lo Stato dovrà versargli 8mila euro per i danni morali subiti, molti meno dei 60mila che l’uomo richiedeva. Dalla sentenza emerge che l’individuo è stato condannato nel febbraio del 2003 dal tribunale di Firenze per detenzione d’armi e ricettazione, ma che l’anno dopo in appello è stato assolto, perché, appunto, ritenuto non in grado di intendere e volere. La Corte d’Appello però ha ritenuto di dover prevedere di internarlo in un ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo iniziale di 2 anni. L’uomo è stato in seguito spostato in diverse residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, e liberato solo a fine ottobre del 2016. La sua liberazione sarebbe dovuta avvenire al più tardi a fine marzo 2015, perché nel frattempo era entrata in vigore una legge (la 81/2014) secondo cui le misure di sicurezza non possono durare più a lungo dell’eventuale condanna. Nonostante che la giustizia italiana abbia riconosciuto l’illegalità del prolungamento dell’internamento, i tribunali, compresa la Corte di Cassazione, hanno ritenuto che l’uomo non avesse diritto a un risarcimento, come richiedeva.
La Cedu condanna l’Italia per un uomo internato oltre i termini
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