In attesa di un nuovo primo ministro, sempre più pressione incombe su Macron. La richiesta di dimissioni, inizialmente confinata tra le fila dell’opposizione, si sta estendendo come un contagio anche tra le forze moderate. Jean-François Copé, sindaco Lr di Meaux, ha rotto gli indugi, chiedendo apertamente una «partenza anticipata» del presidente. Della stessa opinione sembra essere Bruno Retailleau che non ha intenzione di fare compromessi o governare al fianco della gauche. Secondo gli ultimi dati, il 59% dei francesi vorrebbe che Macron lasciasse l’Eliseo prima della fine del mandato, un incremento di cinque punti rispetto a settembre.
Tre mesi è durato il mandato di Michel Barnier a Matignon. Un arco di tempo insufficiente persino per lasciare un’impronta, ma più che sufficiente per sancire un fallimento politico che si riverbera direttamente sull’Eliseo. Mercoledì sera, una mozione di sfiducia, sostenuta dall’inconsueta alleanza, ma non di amicizia, tra la sinistra di Mélenchon e il Rassemblement National, ha abbattuto il governo. Il giorno successivo, ecco sul tavolo le dimissioni del povero Barnier. Ma ai francesi non basta, il 59% vogliono che sia Emmanuel Macron ad uscire di scena.
Il Presidente, ricomparso dopo il viaggio in Arabia, fa sapere alla nazione: «Non mi assumo la responsabilità di altri». E punta il dito contro le «forze del caos» per la caduta del braccio dell’esecutivo. «L’estrema destra e l’estrema sinistra si sono unite in un fronte anti-repubblicano. Non per costruire, ma per distruggere», ha dichiarato, cercando di attribuire agli avversari il peso di un disordine ormai palese. Eppure, secondo un sondaggio Odoxa-Backbone Consulting per Le Figaro, i francesi non ci stanno: il 46% lo ritiene il principale responsabile dell’instabilità, relegando il Rassemblement national e il Nouveau front populaire a percentuali irrisorie (rispettivamente 11% e 10%). Macron, insomma, è terribilmente più solo.
E’ il dato politico complessivo a gettare ombre sul futuro: la Francia è senza un governo stabile, e i francesi non nascondono un desiderio crescente di una soluzione radicale, che parte dalle dimissioni di Macron.
Questo sentimento attraversa quasi tutte le fasce elettorali, eccezion fatta per il partito presidenziale (9%). Persino tra gli elettori della destra repubblicana, che formalmente sostengono la coalizione di governo, il 52% sarebbe favorevole a un passo indietro del presidente. «Sociologicamente, le dimissioni di Macron sarebbero accolte quasi all’unanimità, tranne che tra gli anziani e i pensionati», osserva Gaël Sliman, presidente di Odoxa. I giovani (70%) e le classi popolari (72%) guidano questo coro di disillusione.
Il fallimento di Michel Barnier non è che l’ultima crepa di un sistema ormai logorato. Macron, che in passato si era imposto come il “riformatore” per eccellenza, oggi appare l’architetto di una crisi che sta divorando la Quinta Repubblica. Più che un presidente, sembra un attore isolato su un palcoscenico vuoto, incapace di governare un Paese che, giorno dopo giorno, gli volta sempre più le spalle.