La giornalista italiana Cecilia Sala, in Iran per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran. Lo rende noto la Farnesina, precisando che su disposizione del ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’ambasciata e il consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. In coordinamento con la presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala. E per verificare le condizioni della sua detenzione.
Cecilia Sala, che lavora anche per Il Foglio, era partita da Roma per l’Iran il 12 dicembre con «regolare visto giornalistico e le tutele di una giornalista in trasferta», precisa Chora Media. Puntualizzando che Sala aveva fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del podcast Stories su cui era al lavoro. Il suo rientro a Roma era previsto per il 20 dicembre. Ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto. E quell’aereo sul quale avrebbe dovuto imbarcarsi, è partito senza di lei…
Non ci sono conferme ufficiali, ma sembra che Cecilia Sala sia stata raggiunta intorno alle 12.30 nell’albergo in cui alloggiava e dove stava lavorando a una puntata del suo podcast quotidiano: lavoro che non sarebbe mai arrivato a destinazione. Di più: a quanto risulta tra gli altri a Libero Quotidiano, sembra che la giornalista italiana avesse smesso di rispondere al telefono poco prima di quell’ora, e che non si sarebbe mai presentata a un appuntamento fissato in agenda per le 13 di quel giorno. Dopo di che il buio e il silenzio…
La Farnesina, allertata sul caso, come anticipato ha subito contattato le autorità italiane. Poi l’ambasciatrice d’Italia in Iran, Paola Amadei, ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione di Cecilia Sala. A renderlo noto ha provveduto proprio la Farnesina, precisando che la famiglia è stata informata dai risultati della visita consolare. In precedenza Sala aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti. Ora però, in accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda.
E man mano che passano le ore, le notizie dall’Iran cominciano a filtrare. Intanto attraverso quanto riferisce Chora Media, la Podcast company italiana per la quale la giornalista realizza Stories, che dopo aver sottolineato che «il motivo del suo arresto non è ancora stato formalizzato», rende noto che la giornalista italiana arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre, si trova da una settimana «in una cella di isolamento» del carcere di Evin, «dove vengono tenuti i dissidenti».
Quella sparizione improvvisa, hanno allertato Chora Media che evidenzia come, conoscendo l’estrema puntualità di Cecilia Sala nell’inviare le registrazioni, sia subito apparso chiaro che qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Così, «insieme al suo compagno, il giornalista del Post Daniele Ranieri, abbiamo allertato l’Unità di Crisi della Farnesina». Se a questo si aggiunge poi che immediatamente sono stati anche chiamati i suoi contatti iraniani, ma nessuno sapeva dove fosse finita, l’angoscia ha preso corpo. E sospetti e preoccupazione hanno cominciato a prendere forma.
Si arriva così alla mattina di venerdì, quando era ormai chiaro che Cecilia – che non era mai salita sul voto del ritorno – era accaduto qualcosa di preoccupante. Poche ore più tardi, infatti, la Sala ha chiamato sua madre e le ha detto che era stata arrestata. Portata in carcere. E che aveva avuto il permesso di fare una breve telefonata, prosegue la Podcast company italiana. Secondo la quale da quel momento è «cominciata l’attività delle autorità italiane, in cui riponiamo tutta la nostra fiducia. E con cui siamo in costante contatto per capire cosa sia successo. E per riportarla a casa».
29 anni, una carriera da giornalista e tante cose da raccontare. Cecilia Sala è una delle reporter più giovani e apprezzate degli ultimi anni. Uno sguardo attento, serio e preparato, intento a raccontarci con voce e immagine storie di donne, uomini e politica estera.
Un impegno il suo che spesso, purtroppo, comporta pericoli ben più gravosi di quelli che siamo abituati ad affrontare, ma che fin troppo spesso siamo soliti ascoltare da giornalisti sul campo tra proteste e bombe, arrivando a essere incarcerati in Paesi così diversi dai propri, come è accaduto a Cecilia, arrestata in Iran durante un viaggio di lavoro.
Chi è Cecilia Sala
Cecilia Sala è una giornalista nata a Roma nel 1995. Inizia la sua carriera accademica trasferendosi a Milano per frequentare il corso di Economia Internazionale all’Università Bocconi, portando avanti un percorso che le permette di laurearsi nel 2018. Da sempre appassionata di giornalismo, muove i suoi primi passi nel mondo della stampa ben prima della fine dei suoi studi: coraggiosa e con uno spiccato senso critico, tra il 2013 e il 2014 muove i primi passi nel mondo dell’informazione prendendo a programmi di approfondimento di La7 come Piazzapulita di Corrado Formigli e Announo di Michele Santoro. La prima collaborazione da reporter è quella per Vice Italia ottenuta nel 2015. L’anno dopo lascia Milano e reporter per Servizio Pubblico: il primo passo per portare avanti il praticantato per diventare giornalista professionista. Nel corso della sua carriera si specializza in politica estera e collabora con testate come Wired, Vanity Fair e L’Espresso. Con il tempo si fa strada nell’informazione, arrivando a scrivere per Il Foglio, Will Media e prendendo parte alla redazione di Otto e Mezzo. Carismatica e promotrice di un giornalismo fresco e attento, Cecilia Sala regala agli spettatori un vero spaccato di ciò che accade fuori dai confini nazionali. Passa gran parte del suo tempo in viaggio per lavoro e scrive e racconta, attraverso uno schermo del cellulare o una telecamera da vanti a cui quasi sempre si presenta con un foulard in testa, dell’America Latina e del Medio Oriente vivendo con donne e uomini che, per sopravvivere, si vedono costretti a combattere.
Per raccontare al meglio le storie che vive, Cecili Sala presta la sua voce anche ai podcast. Nel 2020, insieme a Chiara Lalli, produce Polvere per Huffington Post Italia: otto puntate che raccontano l’omicidio di Marta Russo, la studentessa di giurisprudenza morta alla Sapienza di Roma. Un progetto tanto brillante da diventare libro: ‘Polvere, il caso di Marta Russo’. Dal 2022 Cecilia è anche la voce di Stories, il podcast di Chora Media in cui racconta giornaliere storie dal mondo.
Nell’apprendere la notizia, gli organi nazionali competenti si sono subito impegnati ad aiutare la giornalista: “Su disposizione del ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’ambasciata e il consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio” si legge in un comunicato.
Con una nota pubblicata sul proprio sito, la Farnesina ha condiviso la propria versione di quanto accaduto in Iran alla giornalista Cecilia Sala, arrestata lo scorso 19 dicembre a Teheran mentre si recava in aeroporto per rientrare in Italia. Sul proprio profilo X anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha espresso il proprio punto di vista sulla vicenda.
La versione della Farnesina
Sul proprio sito, la Farnesina ha quindi confermato quanto accaduto, chiarendo che “su disposizione del Ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l’Ambasciata e il Consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio”.
“La Farnesina – continua il comunicato – ha lavorato con le autorità iraniane.
Anche il ministro della difesa Guido Crosetto, con un post pubblicato sul proprio profilo X, ha fornito la sua versione della vicenda: “Fin dal primo giorno, da quando è arrivata la notizia dell’inaccettabile arresto di Cecilia Sala da parte delle autorità Iraniane, tutto il Governo, in primis il Presidente Giorgia Meloni ed il Ministro Tajani, si è mosso per farla liberare”.
“Ogni persona che poteva e può essere utile per ottenere questo obiettivo si è messa al lavoro” ha spiegato il ministro, chiarendo anche che il riserbo avuto fino a ora è stato necessario anche perché “le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare”.
Secondo il ministro difatti bisogna agire attraverso “un’azione politica e diplomatica di alto livello. L’Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada” ha poi concluso Crosetto.