Da Sunak a Keir Starmer la stima dei premier britannici per Giorgia Meloni è un fatto assodato: tanto che ormai a Londra si parla di Meloni style. Cambiano i premier, da quello conservatore ai leader dei laburisti, ma la somma degli apprezzamenti per il nostro presidente del Consiglio non diminuiscono, come conferma il Sunday Times.
L’edizione della domenica del quotidiano di proprietà di Rupert Murdoch, in prima pagina lancia la notizia, che conferma l’apprezzamento per il “Meloni style” sull’immigrazione: il punto della questione è che il governo laburista sta seriamente pensando di dotarsi di una fitta rete di accordi “in stile italiano con diversi Paesi per aiutarli – si legge – a fermare migliaia di migranti illegali che intraprendono il pericoloso viaggio verso la Gran Bretagna”. Entro la fine dell’anno, Yvette Cooper, ministro degli Interni, dovrebbe riuscire a siglare accordi “con diversi governi, tra cui quelli del Kurdistan in Iraq, Turchia e Vietnam, con accordi di “cooperazione e sicurezza””.
Secondo il Sunday Times, tutto è iniziato quando “Keir Starmer ha incontrato la sua controparte italiana, Giorgia Meloni, a Roma a settembre”: in quell’occasione, i due omologhi “hanno discusso di come il suo governo di destra sia riuscito a ridurre il numero di migranti che raggiungono le coste italiane in barca, con il ministero degli Interni che ha segnalato un calo del 62% degli arrivi nei primi sette mesi di quest’anno. Frontex – si legge ancora –, la forza di frontiera dell’Ue, ha calcolato un calo del 64% del numero di persone in arrivo dal Nord Africa e da Malta”.
Ciò che ha aiutato l’Italia a combattere l’arrivo di immigrati clandestini è dunque anche e soprattutto la rete di accordi siglati con Tunisia e Libia: “Al centro del calo degli attraversamenti – riconosce il giornale – ci sono gli accordi finanziari con Tunisia e Libia, da dove la maggior parte delle persone parte per l’Europa”. Il Sunday Times riporta i numeri: “L’Ue ha pagato alla Tunisia 105 milioni l’anno scorso per aumentare la sicurezza delle frontiere e addestrare la sua Guardia costiera, l’Italia ha fornito al Paese navi di pattugliamento e ha dato al suo governo altri 100 milioni per sostenere le piccole aziende e investire in istruzione ed energie rinnovabili” anche tramite gli accordi di cooperazione che rientrano nel Piano Mattei. Continua: “Meloni ha anche firmato un accordo sul gas con la Libia e sta addestrando ed equipaggiando la sua Guardia costiera. L’approccio è inteso a offrire incentivi ai residenti per rimanere nel Paese e deterrenti per impedirgli di andarsene”. Un modo per garantire ai cittadini il diritto a non emigrare, a restare nella propria terra e a servire il proprio Paese.
La linea di simpatia per Giorgia Meloni, che ha tutte le carte in regola per questa difficile missione, è molto forte. Dai solidi rapporti con i conservatori e la destra religiosa americana ai buoni termini che ha con Ursula von der Leyen. L’Italia ha pochi settori criticamente esposti, come visto, e di certo non fa paura come la Germania.
Inoltre, Meloni è la leader più salda del continente: in Francia domina una fragile coabitazione, in Spagna Pedro Sánchez dipende dagli indipendentisti catalani, e in Germania Olaf Scholz è già un leader zoppicante. Questa posizione le conferisce una doppia legittimità: è forte in patria e credibile sul piano internazionale. Inoltre, ha già dimostrato di saper prendere decisioni difficili e dire no quando necessario..
Da un lato Trump è nemico dei migranti e amico della vita nascente. “Chi abortisce assolda un sicario”, ha ribadito Bergoglio, in un momento in cui il dibattito sull’aborto negli Stati uniti è più aperto che mai, riproposto proprio da Donald Trump e dai suoi, con grande favore della destra religiosa di tutto il mondo.
Proprio sul voto cattolico si innesta una parte consistente della vittoria di Trump, che cattolico, al contrario di Biden, non è, ma sui temi etici è percepito molto più vicino, da parte di tutte le confessioni cristiane con orientamento conservatore. Un voto che, stando alle stesse fonti cattoliche, è finito sul Gop a piè pari, non solo quello bianco, ma anche quello ispanico. Secondo il Washington Post, il 56% dei cattolici ha sostenuto il tycoon, percentuale che arriva al 60% fra i cattolici bianchi. In generale il 62% dei cristiani, con la forte pressione degli evangelici, ha votato a destra. “Il successo di Trump, e soprattutto il forte distacco di 15 punti rispetto alla candidata democratica, riflette una tendenza profonda all’interno del cattolicesimo americano – spiega Avvenire, il quotidiano della Cei – dove i più giovani si stanno sempre più allineando con il partito repubblicano grazie alle sue posizioni in difesa della libertà religiosa e contro l’aborto”.
L’imposizione della teoria gender, il cedimento completo sui temi etici e, soprattutto, il divieto di dissentire, non sono digeribili per un mondo non necessariamente oltranzista e confessionale. Un’idea che propugna la libertà completa dell’individuo, anche quella di cambiare sesso, può essere imposta nelle scuole, nelle università e negli edifici pubblici con la forza, espellendo dal consesso civile chi non è d’accordo? La risposta è no, soprattutto negli Stati Uniti dove la concezione della società, per lo meno nell’anima profonda, è libertaria e puritana. Dunque, libertà dalle imposizioni dello stato che non deve ficcare il naso negli affari privati, soprattutto economici, ma con una forte etica pubblica.
Donald Trump si auto professa cristiano, ma non fa parte di una confessione particolare e non risulta che sia particolarmente praticante. Non avendo un’identità religiosa ben precisa, non ha nessun pregiudizio verso un particolare gruppo, né nutre sentimenti di rivalità. Questo dato ha permesso la convivenza nel suo “mondo” di politici di più provenienze confessionali. Durante la sua presidenza non ha quindi avuto alcuna preclusione nel posizionare ai vertici delle istituzioni Usa persone di orientamento conservatore, cattoliche o protestanti che fossero. In particolare, il vicepresidente Mike Pence faceva dell’essere, nell’ordine, “cristiano, conservatore e repubblicano” un proprio punto cardine, tanto che fra le prime attività del 2016 si registrarono la limitazione dei finanziamenti alle cliniche abortiste da parte del governo e l’endorsement pubblico alla marcia per la Vita di Washington. Oggi il vicepresidente in pectore, J.D. Vance, è un cattolico approdato al tradizionalismo, che si prefigge di riprendere la battaglia sui temi etici. Un altro tema chiave della prima presidenza Trump fu quello delle nomine alla corte Suprema. Nominando due cattolici, The Donald stabilì una maggioranza conservatrice fra i giudici, aprendo la strada alla sentenza che ha ribaltato la “Roe vs Wade”, riaprendo i giochi sul tema dell’aborto.
Trump ha un suo stile nelle negoziazioni e, come prima cosa, tende a non riconoscere legittimità alla struttura burocratica dell’Ue. In secondo luogo è un “people’s man“. Lui dà, cioè, maggiore importanza alla persona rispetto a carica, ideologia o posizione. Il suo più stretto alleato in Europa è Viktor Orbán, ma non è realistico immaginare il premier ungherese da solo impegnato in una trattativa sui dazi.
La seconda in linea di simpatia è Giorgia Meloni, che ha tutte le carte in regola per questa difficile missione. Dai solidi rapporti con i conservatori e la destra religiosa americana ai buoni termini che ha con Ursula von der Leyen. L’Italia ha pochi settori criticamente esposti, come visto, e di certo non fa paura come la Germania.
Inoltre, Meloni è la leader più salda del continente: in Francia domina una fragile coabitazione, in Spagna Pedro Sánchez dipende dagli indipendentisti catalani, e in Germania Olaf Scholz è già un leader zoppicante. Questa posizione le conferisce una doppia legittimità: è forte in patria e credibile sul piano internazionale. Inoltre, ha già dimostrato di saper prendere decisioni difficili e dire no quando necessario.
L’importanza del voto cattolico
Il voto cristiano, comprendente tutte le confessioni religiose, negli Usa è da sempre un elemento politico imprescindibile. Il primo a cercare di “federare” al partito repubblicano le varie chiese fu Reagan. Successivamente, il voto specificatamente cattolico, legato al Partito Democratico per via delle condizioni economiche di italiani, irlandesi e ispanici ha iniziato a virare a destra, con un’accelerazioni negli anni 2000. I democrats, visti ormai troppo vicini alle élite, sono diven portatori di istanze incompatibili con la Chiesa, tanto che alcuni prelati influenti, come l’arcivescovo Cordileone, hanno ipotizzato di negare la comunione a politici di origine cattolica, come Nancy Pelosi. La sinistra ha quindi perso per strada un blocco che oggi è dirimente, se consideriamo che ormai si contano quasi 70 milioni di fedeli a Roma, su una popolazione totale di 335 milioni. I cattolici rappresentano quindi circa il 21% della popolazione totale, laddove il gruppo protestante più numeroso, gli evangelici, contano il 25%. Con una particolarità non sottovalutabile. I gruppi protestanti sono auto convocati, organizzati, dediti all’autogestione e alla nascita di realtà slegate fra loro, mentre la Chiesa cattolica è un istituto gerarchico e fortemente regolato. Probabilmente oggi è la minoranza organizzata più importante degli Usa.
Prospettive contro gender e woke
Sembra dunque che il mondo statunitense stia reagendo allo stress gender e woke, nonché all’assalto della cancel culture, in modo inaspettato, riprendendo un’antica spiritualità che sembrava in via di estinzione. Si tratta di un percorso che oltreoceano avviene ciclicamente. Quando la società americana sembra preda del collasso morale e sociale, diventa protagonista di un “Grande Risveglio”, storicamente se ne contano tre, che la riporta sui binari. Donald è il motore di questo passaggio e sposa perfettamente le decisioni di Giorgia in diversi settori.