La guerra è fatta da uomini e donne che indossano una divisa e che, in nome e per conto, di uno Stato combattono. Uomini e donne che, sotto l’armatura, si sentono forti ma che hanno paura di essere feriti, sequestrati, ammazzati. Quanta crudeltà nutre la mente dei soldati al fronte la cui vita è segnata dal dolore e dalla distruzione. Distruzione di un immagine di essere umano che non è poi tanto lontano dalla barbara dominanza tipica degli animali che, a costo della vita, difendono l’essere parte di un mondo. Essere parte del corpo armato di un Paese è certamente una scelta ma non per questo non merita di essere riconosciuto come parte di una frangia a rischio di problematiche psico emotive conseguenti a tutto ciò che si vede, si sente e si tocca in un campo di battaglia. Campo di battaglia che, inconsciamente, sottopone la mente umana ad un processo di scissione tra il fare e il sentire. Fare la guerra non crea l’immunità al non sentire il peso dell’angoscia, del senso di colpa, della disperazione che inevitabilmente nutre la mente dei soldati al fronte. Al fronte non si annusa l’odore acre del sangue che entra dritto nelle narici e si deposita nei meandri più bui della mente. Mente che, prima o poi, trasforma quell’”odore” in una sensazione di angoscia che neppure il grado più alto di una gerarchia militare può lenire fino in fondo perché, nonostante tutto ciò che ci raccontiamo sulla guerra, la guerra è guerra.
Maura Ianni