L’Italia e la Mongolia, sono due Paesi che hanno diversi punti di affinità, soprattutto, sotto il profilo storico e culturale. Il paese asiatico è innamorato della canzone italiana e potrebbe essere un’interessante partner economico per il nostro Paese. Del Paese di Gengis Khan e delle sue prospettive ne abbiamo parlato con la giovane, competente ed esperta Ambasciatrice italiana in Mongolia, Giovanna Piccarreta, in carica, a Ulaanbaatar, da dicembre scorso.
Eccellenza, qual è la situazione geopolitica, attuale della Mongolia?
La Mongolia è una democrazia “circondata” da Russia e Cina, con vaste risorse minerarie e terre rare, cruciali per la transizione energetica e digitale a livello globale. Un Paese di grande interesse geopolitico e strategico. Non a caso sono, ormai, molto frequenti le visite ad altissimo livello, recentemente quelle del Santo Padre, del presidente francese Macron, del presidente tedesco Steinmeier, del Ministro degli Esteri britannico Cameron e, pochi giorni fa, del Segretario di Stato USA Blinken. La popolazione della Mongolia, che conta circa tre milioni e mezzo di abitanti, vive, ancora, molto di pastorizia, spostandosi nel vasto territorio del paese alla ricerca di pascoli, con le tipiche tende, dette “ger”. La Mongolia sta riscoprendo, sempre di più, la sua storia e le sue radici a partire dall’eroe nazionale, Gengis Khan a cui sono state dedicate una statua monumentale e un bellissimo museo inaugurato pochi anni fa, in cui ho recentemente portato per la prima volta un dipinto di Caravaggio. La capitale, Ulaanbaatar ospita, quasi, la metà della popolazione mongola. La maggioranza della popolazione è di fede buddista con una forte presenza, anche, del tradizionale sciamanesimo.
A suo giudizio quali sono le prospettive economiche della Mongolia?
E’ un Paese che cresce a ritmi che in Europa ameremmo sperimentare. 6,8 per cento lo scorso anno e 7 per cento nel primo semestre del 2024. Le prospettive future dipenderanno, anche, da come il Paese riuscirà a districarsi tra dipendenza economica ed energetica dai potenti vicini e attrazione degli investimenti occidentali, anche, nella green e digital economy, nonché da come investirà gli importanti introiti derivanti dalle vaste risorse naturali, sia minerarie che agricole, incluso il cashmere, di cui la Mongolia e’ il secondo maggiore produttore dopo la Cina.
Che cosa vede nel futuro della Mongolia?
La Mongolia potrà continuare a crescere, a mio avviso, se amministrerà in modo strategico le sue risorse naturali e riuscirà ad attrarre investimenti mediante un potenziamento del suo “business climate”. Da qualche anno il Paese sta puntando, tanto, anche sul turismo e sulla promozione culturale.
Ci sono dei punti di affinità tra l’Italia e la Mongolia? Se si quali?
Sono due Paesi dal ricco patrimonio storico e culturale, con dei sistemi economici complementari, ciò che li rende partner naturali. Ho scoperto, peraltro, il profondo amore della Mongolia per l’opera e per la nostra tradizione musicale, inclusa quella popolare. Il popolo mongolo è, infatti, molto legato alla canzone italiana di Sanremo, retaggio questo del periodo comunista, quando la tv consentiva di captare, solo, alcuni programmi occidentali, tra cui il Festival di Sanremo. L’Italia è il maggior importatore, tra i Paesi G7, dalla Mongolia per la forte domanda di cashmere. Le nostre aziende, che comprendono brand importantissimi della moda, si sforzano di contribuire alla sostenibilità della filiera. Altri ambiti di collaborazione si stanno aprendo nel settore della transizione energetica, delle costruzioni e in altri settori innovativi e strategici. Inoltre, il crescente investimento della Mongolia nel turismo rappresenta un ulteriore ambito di collaborazione.
Secondo Lei che prospettive ci possono essere per il mercato italiano in Mongolia?
Molto ampie, proprio per la complementarietà tra i due sistemi economici. Inoltre, la Mongolia ha numerose piccole imprese, soprattutto nelle regioni rurali e troverebbe naturale “appropriarsi” del sistema italiano delle cooperative e dei distretti. Sicuramente vi è qui in Mongolia una forte richiesta di Italia e di prodotti e cultura italiani. Per quanto il mercato mongolo sia di limitate dimensioni, l’interesse per il nostro modo di vivere è notevole e può rappresentare uno sbocco per le nostre produzioni di qualità sempre più richieste, soprattutto, dalla fascia più abbiente della popolazione. Inoltre, molto resta, ancora, da fare nel settore del cashmere dove si può potenziare la sinergia tra Italia e Mongolia attraverso una produzione sostenibile locale su larga scala, avvalendosi della tecnologia italiana. Molto del cashmere mongolo, ancora, viene acquistato da altri Paesi allo stato grezzo, con scarso valore aggiunto per la Mongolia. In poche parole, vedo grandi potenzialità nell’interscambio tra i due Paesi, che il prossimo anno celebreranno il 55mo anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche.
Quanto è impegnativa la carriera diplomatica e il carico di impegni è più pesante per una donna rispetto ad un uomo o no?
La carriera diplomatica è molto impegnativa, non ha praticamente orari e non vedo molta differenza tra i generi, salvo per il fatto che le donne in carriera sono, tuttora, una minoranza rispetto agli uomini e, anche, nei posti apicali la loro presenza è limitata. Per il resto non vi sono disparità retributive e le donne, ormai, ricoprono incarichi in posti, particolarmente, disagiati o in sedi belliche. Il problema della disparità retributiva è, invece, sentito in Italia in altri settori, soprattutto, nell’impresa privata. Si tratta di uno dei temi su cui si sta incentrando il filone di lavoro G7 dedicato alla parità di genere, assieme al problema del “care”, ovvero della cura della famiglia, della casa e degli anziani che, è tuttora, in prevalenza affidato alle donne e che, spesso, impedisce o rende difficile l’accesso al mercato del lavoro o a progressioni di carriera.
Qual è stato l’incarico più impegnativo che ha svolto fino ad oggi? E quello più piacevole?
Tutti gli incarichi sono stati impegnativi e piacevoli al tempo stesso, anche, perché la carriera diplomatica è stata, da sempre, la mia aspirazione e mi stimola molto in tutti i suoi aspetti, anche più complessi. Per citare un esempio, ho trascorso quattro bellissimi anni a Londra dove svolgevo il ruolo di Console. In tale veste sono stata invitata più di una volta a Buckingham Palace e nella residenza dell’allora Principe di Galles, esperienza molto bella. Al contempo, a Londra ho assistito la famiglia della ragazza italiana rimasta vittima degli attentati terroristici del 2005, esperienza molto provante da un punto di vista emotivo. L’esperienza, poi, da Ambasciatore è ugualmente un grande onore, fonte di gratificazioni e stimoli ma, al tempo stesso, di responsabilità e impegni significativi. Il momento della presentazione delle “lettere credenziali” al presidente della Mongolia è stato un momento di grande gioia e orgoglio, pur svolgendosi parte della cerimonia all’aperto, ad una temperatura di circa meno trenta gradi, è questo un altro esempio di come un momento molto bello possa essere accompagnato da qualche sacrificio.
Secondo un luogo comune le carriere diplomatiche sono difficili e blindate, concorda con questa? Se si o no perché?
In verità il concorso di ammissione alla carriera diplomatica è estremamente impegnativo e selettivo ma anche molto serio. E’ un concorso che offre opportunità a chiunque sia davvero preparato e motivato e che abbia, ovviamente, i requisiti previsti dal bando. Il merito rappresenta, davvero, il criterio di scelta per l’ingresso in carriera, essendo le prove scritte del tutto anonime.