Durante la registrazione di “Porta a Porta” la presidente del Consiglio Giorgia Meloni rivela di essere stata vittima di minacce di morte dai trafficanti di esseri umani in relazione al caso dei centri in Albania. La premier difende il protocollo d’intesa con Tirana, definendolo una soluzione efficace per gestire i flussi migratori, attirando l’attenzione dell’Europa, sottolineando inoltre come la sua strategia stia funzionando malgrado un marcato ostracismo.
Giorgia Meloni dichiara il suo impegno per far funzionare il protocollo con Tirana, considerato cruciale per gestire i flussi migratori: “Viene osteggiato perché forse si è capito che è una soluzione”, osserva Meloni parlando dei centri in Albania, considerati “la chiave di volta nella gestione dei flussi non solamente italiani” e capaci di catturare “l’interesse dell’Unione Europea”.
“Se tu migrante irregolare che paghi gli scafisti perché arrivi in Italia ma vuoi andare in Germania ti ritrovi fuori dai confini europei, questo è il più grande deterrente. È fondamentale per smontare questo business, farò di tutto per farlo funzionare: ho tanti nemici ma anche tanti amici.
Il riferimento è anche ai trafficanti di esseri umani. I centri “li faremo funzionare” chiarisce “rispettando il diritto internazionale ma creando problemi seri ai trafficanti che mi hanno minacciato di morte“.
Durante l’intervista, Giorgia Meloni punta il dito anche sul tribunale di Bologna, che chiede alla Corte europea di disapplicare il decreto sui Paesi sicuri. Un tentativo che a Meloni sembra “più un volantino propagandistico”: “Pochi giorni fa il Consiglio d’Europa ha attaccato la polizia italiana, e seguendo questi ragionamenti potrei allora dire che gli immigrati non possono venire in Italia perché l’Italia non è un Paese sicuro. Se noi diciamo che l’Egitto non è un Paese sicuro, parliamo di 140 milioni di persone a cui diciamo che possono venire qui, e chi lo regge l’impatto? Allora penso che qui si stia dicendo che l’Italia non può fermare l’immigrazione illegale e deve accogliere tutti. Si vuole impedire che ci si metta un freno. Addirittura le opposizioni in Europa hanno chiesto una procedura di infrazione che non è contro l’Italia, è contro gli italiani. C’è aggressività perché la strategia del governo sta funzionando, gli sbarchi sono diminuiti del 60% e i rimpatri aumentati del 30%. Si vuole impedire che ci si metta un freno, ma ho preso degli impegni con gli italiani e farò tutto quello che posso per seguire le indicazioni che ho avuto”.
Felice per il successo conseguito in Liguria: «Siamo 11 a 1 per il centrodestra tra Regionali e elezioni nelle Province autonome», la premier si dice pronta «per tutti i referendum». Non solo quello sulla separazione delle carriere dei magistrati auspicato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. La domanda di Vespa è diretta: siete pronti anche per il referendum sul premierato? «Su tutto – replica Meloni -. Non cambio idea sul premierato, sono davvero convinta sia la madre di tutte le riforme. Non la sto facendo per me, perché questo governo è stabile. Se non approfitto di questa occasione per cambiare davvero questa nazione che ci sto a fare. Mi sono presa un impegno con cittadini, rispetto il programma».
Riguardo i dossieraggi Meloni dice a Vespa:«Bisogna mettere fine allo schifo dei dossieraggi, implacabili coi funzionari infedeli.In questa nazione esiste ormai un mercato delle informazioni. Penso che bisogna mettere fine a questo schifo. Noi prima che tutti questi casi scoppiassero avevamo già varato un decreto sulla cybersicurezza, adesso si lavora a un tavolo tecnico per una nuova iniziativa sui dossieraggi.La cosa più importante riguarda l’infedeltà dei funzionari, l’hackeraggio non è il tema più importante – chiarisce – le nostre banche dati non sono violate da estranei ma da funzionari dello Stato che dovrebbero proteggerle ma usano il loro potere per fare altro con quei dati. Bisogna essere implacabili e non lo dico solo per loro ma anche per chi ha il dovere della vigilanza. Tutto è cominciato durante il Governo Draghi: reato di eversione”.
Nell’intervista a Porta a Porta la premier affronta anche la questione dei fondi alla sanità, al centro delle polemiche con le opposizioni. «Noi veniamo accusati di aver tagliato. I numeri non sono un punto di vista: quanto c’era sul Fondo sanitario prima del Covid? Nel 2019 c’erano 114,5 miliardi di euro. E quanti soldi ci saranno nel 2025? 136,5 miliardi di euro. Ci sono 22 miliardi in più sulla sanità».
La premier si dice «ottimista» sull’efficacia del decreto sulle liste d’attesa. «Ho qualche dato che arriva ma voglio essere precisa. Mi dicevano, ad esempio, che nel Lazio da quando abbiamo fatto il decreto le prenotazioni per le liste d’attesa sono aumentate del 300%». E cosa pensa dell’annuncio del ministro Orazio Schillaci che punta a portare in Italia 10mila infermieri indiani? «Questo può accadere, ma è una extrema ratio» chiarisce Meloni. E spiega: «Abbiamo avuto il numero chiuso a Medicina che ci ha portato un tema di carenza di medici, poi il test d’ingresso a Medicina con le crocette lo abbiamo superato. Oggi abbiamo carenza di medici, non assoluta ma in alcune specialità. Bisogna incentivare, convincere i medici a preferire il Servizio sanitario nazionale al resto. Dove non ci sono bisogna tamponare con altri provvedimenti. Ma sono l’extrema ratio» ribadisce.
La premier affronta anche il tema del lavoro. «Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil…»: dice Meloni parlando dello sciopero generale «convocato qualche giorno prima della convocazione del governo sulla legge di bilancio». E su Stellantis, le parole della premier suonano chiare: «Questa mancanza di rispetto verso il Parlamento me la sarei evitata» dice riferendosi alla decisione di John Elkann di disertare l’audizione in commissione.
Un passaggio anche su Raffaele Fitto, in attesa del test delle audizioni al Parlamento europeo per la conferma del suo incarico come nuovo Commissario e vicepresidente: «Il Pd- dice Meloni – dovrebbe farsi sentire di più» perché «io escludo che la posizione» dei Dem sia quella dei socialisti europei che si dicono «chiaramente contrari al fatto che l’Italia abbia una vicepresidenza».