La gip di Milano Silvia Perrucci ha disposto l’archiviazione per i giornalisti di Report, Sigfrido Ranucci e Giorgio Mottola, indagati per la presunta diffamazione aggravata nei confronti del padre e del fratello di Ignazio La Russa.
L’indagine era nata in seguito alla querela presentata dal presidente del Senato che lamentava l’esposizione di fatti non veritieri nei servizi giornalistici trasmessi da Report l’8 ottobre 2023 e il 12 novembre 2023 intitolati rispettivamente “La Russa dynasty” e “La ragnatela dei La Russa”.
“A prescindere da eventuali aspetti di cattivo gusto oltre che non funzionali alla narrazione, relativi alle modalità con le quali il racconto è stato accompagnato in qualche punto della trasmissione” vanno riconosciuti “i presupposti generalmente riconosciuti ai fini dell’operatività dell’esercizio del diritto di cronaca e critica giornalistica”, ha spiegato la gip Silvia Perrucci disponendo l’archiviazione del caso, accogliendo la richiesta del pm Mauro Clerici.
Ma nel frattempo arriva una notizia significativa sul conto di Michele Riccio, uno dei personaggi intervistati da Report nelle trasmissioni oggetto della querela: le due puntate del 2023 intitolate «La Russa dinasty» e dedicate a ricostruire i presunti rapporti di Antonino La Russa, padre del presidente del Senato, con ambienti legati a mafia e massoneria deviata.
A sostegno della sua ricostruzione, Report intervistava l’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio, che riferiva a sua volta confidenze ricevute dal mafioso Luigi Ilardo, ucciso nel 1996 a Catania, sui legami tra i La Russa e Cosa Nostra. Le dichiarazioni di Ilardo su La Russa, come quelle su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, sarebbero finite in un rapporto di Riccio denominato «Grande Oriente» misteriosamente sparito, e sarebbero state alla base dell’uccisione di Ilardo da parte di apparati deviati dello Stato.
Una parte delle «confidenze» di Ilardo a Riccio, quelle sulla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano a Mezzojuso, sono già state considerate inattendibili nel corso del processo al generale Mario Mori, assolto con formula piena. Ma Riccio non si è dato per vinto, e nel 2023 ha inviato un nuovo esposto alla Procura di Firenze, sempre a alla caccia dei mandanti occulti delle stragi del 1993 (con Marcello Dell’Utri tuttora iscritto nel registro degli indagati). Il fascicolo da Firenze è stato trasmesso a Catania, e qui – stando a quanto si è appreso ieri – è stato archiviato. Per il giudice, nelle nuove denunce di Riccio non c’è nulla di nuovo e di verosimile più di quello che l’ex ufficiale ha sostenuto negli scorsi anni, e che è stato ritenuto falso.
Il 29 novembre 2023, pochi giorni dopo essere stato intervistato da Report, Riccio era stato interrogato a Catania e aveva fornito affermazioni sconvolgenti, sostenendo che Ilardo era stato ammazzato perché si temeva che dalle sue rivelazioni «potessero emergere i coinvolgimenti di soggetti rilevanti, quali Berlusconi, Dell’Utri, Mannino, Andò e altri con settori deviati delle istituzioni, della massoneria, della destra eversiva e addirittura con esponenti delle Brigate Rosse. Per quello che mi disse Ilardo i contatti con gli esponenti delle Brigate Rosse passavano attraverso un magistrato, Moschella Luigi, originario di Messina ma in servizio a Torino».
Ma l’inedita teoria del triangolo Stato-Mafia-Brigate Rosse non deve avere convinto la Procura di Catania, che ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’indagine scaturita dalle nuove dichiarazioni di Riccio, che continua a essere considerato da Report autorevole testimone d’accusa nei confronti un po’ di tutti. Vogliamo sottolineare che l’ex pubblico ministero antimafia Ilda Boccassini, nel suo libro di memorie, lo avesse descritto come un «inquinatore». Riccio nel 2022 annunciò una querela per diffamazione ma non risulta che la Boccassini sia mai stata condannata.