La realtà Meloni vista da Milwaukee. Antonio Giordano, deputato di FdI e segretario generale di Ecr, presente per la nomination di Trump: ‘Ero da Trump per Ecr, ma tutti mi chiedevano di Giorgia’

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La notte scorsa si è conclusa la convention dei Repubblicani a Milwaukee, dove Trump ha accettato la nomination per la presidenza degli Stati Uniti d’America.

Antonio Giordano, deputato di FdI e segretario generale di Ecr, era presente come ospite in rappresentanza dei Conservatori italiani ed europei, impegnati da questa parte dell’Oceano nella complessa partita del voto su Ursula von der Leyen.  Giordano è stato, suo malgrado,  anche ambasciatore del protagonismo italiano: “Ogni volta che sentivano che sono italiano e del partito di Meloni, mi chiedevano di lei, di portarle i saluti, di dirle che la ammirano. Non solo ad altissimi livelli, ma anche le persone che abbiamo incontrato al ristorante e durante gli eventi. La circostanza è una notizia, intanto perché dimostra che il “fenomeno Meloni” ha travalicato il continente anche a livello popolare, non solo di leadership. E poi perché qua da noi, dopo l’ultima visita di Stato del premier a Washington, su certa stampa si sono moltiplicati i retroscena sulla presunta irritazione di Trump per la familiarità della presidente del Consiglio con Biden, sulla necessità per Meloni di riallacciare i rapporti quando il tycoon ha iniziato a emergere come l’assai probabile vincitore, su quanto rischiasse di rimare isolata e tagliata fuori. Trump è un politico e un imprenditore navigatissimo, pensare che possa irritarsi perché un capo di governo incontra un altro capo di governo significa non capire assolutamente la caratura del personaggio, o non volerla capire”.

Interessante scoprire che il deputato di FdI era l’unico parlamentare del centrodestra italiano presente alla convention repubblicana. “Sono qui in rappresentanza dei Conservatori europei e di Fratelli d’Italia”, spiega, sottolineando la vicinanza di FdI e di Ecr al Partito repubblicano negli Usa. Si tratta della prima partecipazione a una convention di questo tipo, mentre più volte la delegazioni italiana ed europea hanno partecipato al Cpac, la conferenza annuale dei conservatori Usa. Questa vicinanza va dimostrata anche fisicamente dopo quello che è successo, nella speranza che si possa recuperare una maggiore tranquillità nell’espressione politica”, ha spiegato il deputato e segretario generale di Ecr, facendo riferimento all’attentato a Trump. A leggere certe cronache politiche italiane sembra non solo che gli unici trumpiani d’Italia siano nella Lega, ma anche che la Lega sia l’unico riferimento dei trumpiani d’America. Invece a Milwaukee la Lega non c’era, mentre c’era un rappresentate dei Conservatori.

Il presidente di Fratelli d’Italia e di Ecr Party, Giorgia Meloni, ha partecipato al Cpac 2022 che si tenne a Orlando in Florida.

Il Conservative Political Action Conference è la conferenza politica annuale dei conservatori Usa, inaugurata da Ronald Reagan nel ’74, cui partecipano attivisti conservatori e politici da tutti gli Stati Uniti e leader internazionali.

«L’unico modo per essere ribelli è essere conservatori» Negli ultimi anni la CPAC è stata sempre più monopolizzata da Donald Trump e dai suoi sostenitori, ed è diventata tra l’altro l’evento in cui i leader politici italiani approfittano per dimostrare la propria vicinanza al mondo ultraconservatore americano che ruota attorno all’ex presidente e di fatto prossimo candidato Repubblicano contro Joe Biden.

La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni è andata due volte, nel 2019 e nel 2022. Nel 2023 ha inviato una nutrita delegazione di oltre dieci rappresentanti del suo partito, Fratelli d’Italia, guidati dal capo delegazione del partito al Parlamento Europeo, Carlo Fidanza, e da Nicola Procaccini, il presidente del partito dei Conservatori e riformisti europei (ECR) di cui Fratelli d’Italia fa parte. Quest’anno, a seguire la CPAC sono andati solo in quattro: la senatrice Cinzia Pellegrino e i deputati Manlio Messina, Mauro Rotelli e Antonio Giordano, che è segretario generale di ECR. Al di là della composizione della delegazione scelta, meno numerosa e meno prestigiosa rispetto a quelle degli anni passati, è stato evidente come Meloni stavolta abbia voluto partecipare al CPAC più in sordina: nessun comunicato ufficiale del partito, nessun commento di Meloni e dei dirigenti del partito, che anzi hanno raccomandato ai membri della rappresentanza di non farsi notare troppo.

Almeno in parte, questa scelta si spiega con il fatto che ora Meloni ha un ruolo istituzionale, e quindi per lei può essere sconveniente condividere molte delle tesi sostenute da Trump, specie in politica estera. La prima volta che partecipò al CPAC, nel marzo del 2019 a Oxon Hill, nel Maryland, Meloni celebrò i risultati economici ottenuti da Trump, allora presidente degli Stati Uniti, e poi pronunciò un discorso connotato da una violenta retorica antieuropea.

Descrisse l’Unione Europea come una «entità sovranazionale e non democratica» che «ha imposto alle nazioni europee le scelte delle élite mondialiste e nichiliste volute dalla grande finanza», criticò il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel come rappresentanti dell’Europa «di chi vuole sempre maggiore cessione di sovranità degli Stati nazionali verso i tecnocrati». Sono toni e argomenti che oggi Meloni non può più adottare, da presidente del Consiglio italiana che collabora a stretto contatto, sia pure con qualche assestamento, con i rappresentanti e i dirigenti di tutte le istituzioni europee, e che, al tempo,  si accingeva a sostenere Ursula von der Leyen per la sua riconferma come presidente della Commissione Europea dopo le elezioni europee di giugno.

Il 26 febbraio 2022, a Orlando, in Florida, Meloni tenne invece un discorso incentrato sulla necessità di garantire convintamente il sostegno dell’Occidente alla resistenza dell’Ucraina. «Di fronte a questo inaccettabile attacco [quello della Russia di Vladimir Putin, ndr] essere qui è il modo migliore per chiarire da che parte stiamo in questo conflitto. Noi siamo dalla parte del diritto internazionale, della libertà, e in definitiva siamo dalla parte di una nazionale orgogliosa che sta insegnando al mondo cosa significa combattere per la libertà».

Anche in questo caso, sarebbe arduo per lei ripetere le stesse parole davanti alla platea del CPAC oggi: stavolta non perché sia stata lei a cambiare idea sulla guerra in Ucraina, ma perché Trump e i suoi seguaci Repubblicani al Congresso statunitense hanno assunto posizioni sempre più ostili all’invio di nuove armi all’Ucraina (per ragioni di politica interna nel tentativo di mettere in difficoltà Biden, e perché ormai la politica estera di Donald Trump è sempre più isolazionista e ostile a impegnarsi militarmente in difesa degli alleati).

Meloni è costretta a tenere un complicato equilibrio quando si pone di fronte alla politica americana, in vista delle elezioni di novembre che vedranno con ogni probabilità Trump contro l’attuale presidente, Biden. Ovviamente negli Stati Uniti la scelta della presidente del Consiglio italiana di sostenere un candidato o l’altro è irrilevante: la comunità italiana negli Stati Uniti può essere solo vagamente influenzata dalle sue scelte, o forse non influenzata affatto, e in generale l’Italia ha un peso diplomatico molto inferiore a quello del Regno Unito o della Francia sullo stesso tema. Il posizionamento è semmai significativo per la politica interna, perché testimonia il loro orientamento generale in politica estera, contribuisce al modo in cui vengono percepiti i leader italiani nei contesti internazionali, e in una certa misura può riformulare il loro orizzonte di valori anche nel dibattito interno.

Succede spesso che un presidente del Consiglio italiano debba collaborare con un presidente americano di colore politico diverso. Per l’Italia non c’è altra opzione se non mostrarsi affidabili alleati degli Stati Uniti, data l’enorme influenza economica e diplomatica che questi hanno sulle vicende del nostro paese. Ma nel caso di Meloni, questa relazione è particolarmente controversa, in parte per la natura estrema del trumpismo e in parte per le contraddizioni enormi che Meloni stessa ha dovuto affrontare nella sua transizione da leader di opposizione di estrema destra a capo del governo.
   

Giordano ha partecipato anche a diversi speech a suscitare la maggiore curiosità era il premier. “Cercano di capire il fenomeno Meloni, tanto più oggi che con Vance hanno anche loro un ‘underdog’ candidato ai massimi livelli”, ragiona ancora Giordano, soffermandosi sugli elementi che accomunano il vicepresidente designato alla premier, pur nella consapevolezza delle grandi differenze che esistono tra il contesto sociale americano e quello italiano.

Giordano ha vissuto la convention anche da osservatore politico: “È stata una manifestazione molto festosa, che si è conclusa con tutta la sua famiglia Trump sul palco, compresi i nipoti. Credo ci fossero 20mila persone, eppure è stato tutto ordinato, positivo. Quando Trump ha nominato Biden c’è stato qualche mugugno, ma nulla di più.  È stato comunque uno speech molto emotivo, ma diverso dal solito. Non c’era alcuna carica di aggressività in Trump, che ha parlato per 15 minuti dell’attentato che gli è quasi costato la vita, ma ha fatto un ragionamento di riappacificazione. Ha anche raccontato di aver raccolto circa 6 milioni per la famiglia del pompiere assassinato. Ha promesso un’America ‘come non l’hanno mai vista’, dal taglio delle tasse all’influenza sulle crisi internazionali. Non ha parlato dell’ipotesi di abbandonare Kiev al suo destino. Ha parlato della possibilità che avrà da presidente di operare per la pace tanto in Ucraina quanto in Medioriente, mettendo al tavolo gli interlocutori su un ragionamento serio”.

Il saluto finale sulle note di Nessun dorma

“Sotto il presidente Bush, la Russia ha invaso la Georgia. Sotto il presidente Obama, la Russia ha preso la Crimea. Sotto l’attuale amministrazione, la Russia ha quasi preso l’Ucraina. Sotto il presidente Trump, la Russia non ha preso niente”, sono state le parole del tycoon. La convention si è conclusa sulle note Nessun dorma, un altro tassello dell’orgoglio italiano a Milwaukee.

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