Il sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, ha lanciato un appello, a dir poco fazioso, all’unità della magistratura contro le politiche del governo Meloni. Eppure anche all’interno della magistratura quella email sembra aver destato un certo sconcerto, tanto che Magistratura indipendente ha rilasciato una nota in cui avverte che “essere e apparire indipendenti è la prima condizione per la credibilità della magistratura che mai deve essere coinvolta nelle contingenti vicende e contrapposizioni politiche. Le recenti affermazioni di un collega, che hanno avuto ampia risonanza mediatica, ci impongono una riflessione che, senza alcun intento polemico, è essenziale per la vera salvaguardia dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura”, si legge nella nota di Magistratura indipendente, firmata dalla presidente Loredana Miccichè e dal segretario generale Claudio Galoppi. “Il Presidente del Consiglio dei Ministri, di qualsiasi partito politico, non è mai un avversario da fermare o da combattere, ma un interlocutore istituzionale da rispettare. Sempre”, prosegue il comunicato, che avverte che “deflettere da questo principio significa indebolire la funzione giudiziaria compromettendone il ruolo e la funzione costituzionale”. Quindi quel monito che appare rivolto ai colleghi che esondano con le sentenze e le dichiarazioni: “Essere e apparire indipendenti è la prima condizione per la credibilità della magistratura che mai deve essere coinvolta nelle contingenti vicende e contrapposizioni politiche. Di questa sensibilità, condivisa da moltissimi colleghi, vogliamo essere chiari e coraggiosi interpreti, difendendo sempre l’indipendenza della giurisdizione”.
Non è in discussione il rispetto della magistratura, che appartiene alla nostra storia”, ma la necessità di chiarire la “zona grigia” in cui le prerogative di magistratura e politica rischiano di confondersi. Mentre infuria ancora il caso aperto dalla sentenza sui migranti in Albania ed esplode lo scandalo dell’email con cui il sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, ha invitato la magistratura a compattarsi contro l’azione del governo Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa riflette sull’opportunità di trovare una soluzione strutturale al rapporto tra i poteri dello Stato, a tutela di entrambi: “A chi spetta definire esattamente i ruoli della politica e della giustizia? Alla Carta costituzionale. In passato tutto sembrava funzionare. Dopo Tangentopoli non è più stato così. Ci sono magistrati che vanno oltre, dando la sensazione di agire con motivazioni politiche. E ci sono d’altro canto politici che hanno il dente avvelenato con i giudici. Se la Costituzione non appare sufficientemente chiara, si può chiarire meglio“.
Intervistato da Repubblica, La Russa ha ribadito che la destra non ha un problema con il potere giudiziario e che, piuttosto, esistono “singoli casi” di magistrati, che “non sono la regola”, che vogliono “affermare la propria visione della società e della politica attraverso la giurisdizione”. “Leggo che Santalucia dice: la nostra è una Costituzione progressista. In realtà l’hanno scritta cattolici, liberali, comunisti, conservatori. Capisco che possa affermare che è permeata da spirito antifascista, ma non è progressista”, ha proseguito il presidente del Senato, ricordando che “nel senso comune (progressista, ndr) vuol dire di sinistra”.
“Nei casi grigi a volte si intende affermare la propria visione del mondo. Questa lettura forse può spiegare la sentenza sul centro in Albania”, ha proseguito, chiarendo che “la destra, che vuole governare, vorrebbe rispetto per le prerogative della politica. Ed è per questo che dobbiamo chiarire questa zona grigia”. “Perché altrimenti – ha avvertito la seconda carica dello Stato – non si capisce quale sia il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica. Insieme, in modo concorde – maggioranza, opposizione, magistrati – dobbiamo perimetrare questi ambiti. La lite non funziona”. Una riforma complessiva del Titolo IV della Carta, quello sui “Rapporti politici”, introdotta da una domanda di Tommaso Ciriaco, che firma l’intervista, potrebbe dunque essere un’ipotesi, perché “potrebbe essere utile una riforma che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura”. “Così – ha sottolineato La Russa – non funziona”.
Quanto alle polemiche innescate dalla sentenza sull’Albania, il presidente del Senato ha ricordato che “una sentenza si può criticare” ed “è sempre successo, a destra come a sinistra”. E ha difeso la scelta di Meloni di ripubblicare senza commenti la lettera di Patarnello: “Ha fatto bene. Cosa può dire di più a un magistrato che dice a un altro magistrato di voler contrastare il governo e definisce pericoloso il premier?”.