Ha scelto di recitare il monologo dal titolo “Resistere” facendosi guidare dalle citazioni di illustri pensatori proiettate sullo sfondo e spiegate, parola per parola, dal giornalista. Lo ha presentato commossa Arianna Ciccone, amica e conterranea, nonché fondatrice del Festival Internazionale del Giornalismo.
“Resistere significa capire, per capire c’è bisogno di tempo” e cos’è il tempo oggi? Una visione istantanea, un click, un momento già passato, secondo le parole di Roberto Saviano.
Come r-esistere allora? Cercando di comprendere che serve la possibilità di rendere le cose complesse e, paradossalmente, prendendoci il nostro tempo, lento, in controtendenza rispetto allo sciame veloce. Lo aveva intuito Sant’Agostino quando affermava che il “proprio” della coscienza è la sospensione del tempo, perché essa mentre è attenta al suono presente, ritiene e ricorda il suono passato, ed aspetta quello futuro. Se riusciamo a sospendere il tempo, riusciamo a percepirlo sia come successione – e quindi come tempo scandito dall’unità di misura – sia come durata, senza la quale nessuna unità di misura sarebbe pensabile.
Il monologo di Saviano recitato ieri sera a Perugia è una riflessione sui mali dell’oggi, dell’epoca in cui “nec vitia nostra nec remedia pati possumus” e cioè un’epoca in cui non siamo capaci di sopportare né i nostri mali né i rimedi che abbiamo cercato di approntare per essi. Ed, infatti, lo stesso Saviano non si pone come un profeta.Sembra immerso e fa immergere gli astanti in un quadro di Dottori, in un trittico di velocità in cui passato, presente e futuro sono indistinti ed indistinguibili ai più. È egli stesso consapevole di essere assoggettato alla velocità, precisamente ai cinquanta minuti ai quali deve attenersi per il suo intervento, ma fuoriesce dallo schema e sfora il tempo a lui riservato.
Il giornalista afferma di non avere una risposta univoca e salvifica per l’epoca che pretende giocoforza ignoranza, superficialità e una velocità pizzicata da un po’ di protervia: sembra proprio che oggi vincano gli spavaldi, indipendentemente dalla verità delle loro affermazioni, vince chi assume una posizione radicale, ma radicale nel senso di estremista, polarizzata e non di certo dialettica, riflettuta e ponderata.
Dice Saviano, oggi assistiamo al ribaltamento dell’autenticità perché i veri autentici sono i non autorevoli. Chi oggi ha una reputazione rispettabile non è ascoltato, anzi è etichettato come inautentico, noioso. A questa visione demistificatrice hanno contribuito i social media, dei quali non va condannata l’esistenza, ma l’uso senz’etica che se ne fa. I social possono essere uno strumento positivo di condivisione, ma anche scaffali dilatabili all’infinito pieni di insulti e di sentenze emanate da incompetenti. Il giornalista deve resistere cercando di rappresentare ancora il discrimine tra una comunicazione istintiva, insensata e senza fondamenti, ed un’informazione certa, attendibile, verificata: questa è la sua vigoria. Deve tenere distinto il concetto di tabloid, di sollecitazione sensazionalistica dalla sua professione di informatore che va esercitata con onestà ed umiltà a favore dei cittadini. Per fare ciò, c’è bisogno di una maggiore attenzione: “non possiamo né osservare un qualsiasi comandamento né l’amore stesso verso Dio e verso il prossimo se vaghiamo qua e là con la mente intorno a diversi oggetti” (Basilio di Cesarea). La cosa che rimane davvero importante è questa: dare tempo alla conoscenza, è questa la cifra della resistenza.
Nel tardo pomeriggio era già lunga la coda fuori dall’Auditorium San Francesco al Prato di Perugia per ascoltare il suo intervento previsto alle 20:30. Saviano è divenuto noto per l’impegno che da anni profonde nelle inchieste sulla camorra e sul mondo della criminalità organizzata, soprattutto a seguito della pubblicazione nel 2006 del romanzo Gomorra che ha suscitato un interesse tale da richiederne la traduzione in oltre 50 lingue. Il prossimo 6 maggio uscirà il nuovo romanzo “L’amore mio non muore”, edito da Feltrinelli, che racconta la storia vera di Rossella Casini, vittima di ‘ndrangheta, sebbene il suo corpo non sia stato mai trovato.
Dal Nostro Inviato Piera Toppi