Un commiato, breve, dal Resolute Desk nello Studio Ovale. Undici minuti per dire alla nazione, con tono sobrio e a tratti malinconico, che è arrivato il momento di passare il testimone. «C’è un giorno e un luogo per nuove voci, voci fresche – e sì, voci più giovani. Quel giorno è oggi». Perché una «nuova generazione» si impegni a difendere la democrazia.
Joe Biden ha spiegato così la sua decisione di ritirarsi dalla corsa per una rielezione alla Casa Bianca a novembre e di appoggiare al suo posto la vicepresidente Kamala Harris, 59 anni, che, ha detto rivolto alla nazione, «ha esperienza, è capace, è tenace».
Soprattutto l’81eenne Biden ha presentato al Paese le elezioni in arrivo, il duello nuovamente con Donald Trump e il suo vice JD Vance mai menzionati esplicitamente, come una partita con un’alta posta in gioco. «Quel che rende grande l’America è che qui re e dittatori non governano, lo fa il popolo». E «il popolo americano sceglierà il corso del futuro dell’America. La storia è nelle vostre mani. Il potere è nelle vostre mani. L’idea di America risiede in voi. Dobbiamo aver fede, avere fiducia, ricordare chi siamo». Ha detto che «la difesa della democrazia è più importante di qualunque titolo» e aggiunto che il quesito «se terremo la nostra repubblica è ora nelle vostre mani».
Parlando con voce rauca, Biden ha tuttavia assicurato che porterà a termine il suo mandato. «Nei prossimi sei mesi sarò concentrato sul mio lavoro di Presidente. Questo vuol dire che continuerò ad abbassare i costi per le famiglie che lavorano duro, a far crescere la nostra economia, continuerò a difendere le libertà personali e i diritti civili, dal diritto di voto a quello di scegliere», quest’ultimo un riferimento all’aborto.
Tra le priorità concrete che ha citato, iniziative per combattere la diffusione delle armi, riforme della Corte Suprema, la ricerca sul cancro. In politica estera la fine della guerra a Gaza, perorata nel giorno in cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu l’ha invece difesa al Congresso Usa, il rafforzamento della Nato e il rimpatrio di americani ingiustamente detenuti all’estero. Su Gaza, su un accordo di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi in mano a Hamas. Biden ha suggerito che la liberazione degli ostaggi potrebbe essere vicina.
Non sono mancati momenti introspettivi e personali. «È stato il grande privilegio della mia vita servire il Paese per 50 anni», ha detto ricordando anche la sua carriera da senatore e i suoi modesti inizi dalla cittadina di Scranton in Pennsylvamia. «Venero la presidenza, ma amo di più il Paese», ha poi aggiunto. Ancora: «Nulla deve ostacolare il salvataggio della nostra democrazia. Questo comprende le ambizioni personali».
A preparare il breve discorso, il quarto alla nazione della sua presidenza ma il secondo in un mese (l’altro era stato dopo l’attentato a Trump), hanno contribuito il suo collaboratore senior Mike Donilon, lo storico Jon Meacham e lo speechwriter della Casa Bianca Vinay Reddy.
Prima che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si ritirasse dalla corsa e indicasse Kamala Harris, la vicepresidente era dipinta dai trumpiani come una persona insignificante, dal passato sbiadito. Adesso è diventata il bersaglio dell’odio social: la mostrano nei meme e nelle clip come una svampita, incapace di mettere insieme due parole, piena di rughe, il volto di pergamena, e poi una passata dall’essere l’amante di un uomo sposato al farsi vedere abbracciata a Jeffrey Epstein, il milionario newyorchese morto in carcere dopo essere stato arrestato con l’accusa di pedofilia e traffico di minorenni.