L’appassionata Elly Schlein, tra proposte politiche ballerine, incassa il sostegno di Stefano Bonaccini e il suo aiuto politico nei casi spinosi

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Elly Schlein, segretaria del Pd, in maniera appassionata  percorre in lungo e in largo la penisola per imprimere una spinta al cambiamento del suo partito. Purtroppo, alcune scelte appaiono piuttosto discutibili per la leader politica di un partito. Firmare un referendum su un tema complesso, come il mercato del lavoro, senza discuterne nelle sedi dove si decide la linea politica del partito, appare sicuramente strano e confusionario.  

Poi, le sue  affermazioni  su temi che riguardano la riforma costituzionale coincidono sulla linea politica  di un partito conservatore e arroccato su posizioni di principio, non in linea politica di cambiamento, come la posizione sempre meno garantista e giustizialista su un tema come la giustizia, che schiaccia il Pd sulla propaganda forcaiola dei 5 stelle.

L’impressione è che nelle ultime settimane la segretaria del Pd abbia proposto mosse, a dir poco, ballerine,  perché prive di capacità analitiche.

Ieri, a Carpi, in visita al campo di deportazione di Fossoli, richiede ‘una memoria condivisa perché non si può scrivere una pagina di futuro migliore se non partiamo dalla memoria delle pagine più insanguinate del Novecento’.

‘Serve la memoria ed è per questo che siamo oggi al campo di Fossoli assieme al Commissario europeo Nicolas Schmit, perché è una memoria condivisa che non dobbiamo mai dimenticare’,  ha spiegato Schlein accompagnata, nella visita al campo, dal presidente del Pd, Stefano Bonaccini, dal Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, dal presidente della Fondazione Fossoli, Pierluigi Castagnetti e dall’ex presidente del Consiglio Romano Prodi: ‘Non si può scrivere una pagina di futuro migliore se non partiamo dalla memoria delle pagine più insanguinate del Novecento che sono passate da qui, da questo campo, dove sono transitate migliaia di persone, private della libertà e private del futuro nel modo peggiore’.

‘È qui che siamo per ricordare le tragedie del Novecento che non si devono ripetere mai, le responsabilità del regime nazifascista, l’importanza della lotta di liberazione da parte di partigiani e alleati. Insomma questa attenzione per l’Europa da qui all’8-9 giugno vogliamo che parta esattamente dalle radici comuni dei valori europei che sono anche valori della nostra Costituzione antifascista. È importante essere qui a ricordare insieme e farlo come una grande famiglia europea, quella socialista, che affonda le sue radici nella memoria di questa tragedia’.

Elly Schlein a Carpi, in visione elettorale per le europee, non trae nulla elencando le responsabilità del regime nazifascista, ma può trarre qualcosa dalla pace fatta con  Stefano Bonaccini, visto il riavvicinamento raccolto  in vista delle elezioni Europee. La Schlein vuole blindarsi da tutto ciò che arriva dall’esterno ma anche dalle tempeste che arrivano   dall’interno del Partito democratico. ‘Il presidente Pd le sta dando manforte anche nei casi più spinosi’, come svela  il Corriere della Sera sull’accordo stretto tra gli allora contendenti per la poltrona di nuovo segretario dei dem.  Bonaccini  cerca di placare i candidati alle prossime elezioni: ‘Le posizioni di Cecilia Strada e Marco Tarquinio sono in netta minoranza. L’aver sostenuto la resistenza ucraina per me, per Schlein e per il partito, è giusto’. ‘Su questo fronte la segretaria non sta scartando dalla retta via come sospetta qualche dem’, è  l’analisi di Maria Teresa Meli sul quotidiano.

Bonaccini, sta sostenendo Schlein anche sul tema dell’alleanza delle forze d’opposizione: ‘Se non vogliamo che la destra governi dobbiamo fare in modo di trovare quello che ci unisce non quello che ci divide. Chi non vorrà costruire un nuovo centrosinistra diventerà il miglior alleato della destra e allora gli andremo a prendere i voti uno a uno in casa loro’.  Schlein, ha poi il problema di designare il numero uno del gruppo Pd  al Parlamento europeo: starebbe pensando strategia utile per blindare il partito dalle voci dissidenti. Il nome utile per questo è quello di Nicola Zingaretti.

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