Federica Muzzarelli, Augusto Roca e Stefania Zuliani hanno dato le dimissioni dal Comitato scientifico della Galleria nazionale d’arte moderna, museo statale diretto da Renata Cristina Mazzantini (nominata dall’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano). Le loro motivazioni: «Alla luce della politica culturale recentemente adottata dalla Gnam, le cui linee non sono state definite attraverso un sereno confronto con il comitato scientifico, che, come previsto all’articolo 6 dello statuto, è chiamato a svolgere “funzione consultiva sulle questioni di carattere tecnico-scientifico nelle materie di competenza della Galleria”, diamo le dimissioni dal Comitato scientifico del museo». L’addio riguarda tre componenti su quattro: l’unico a non firmare la lettera è Francesco Dobrovich, artista, direttore della nota rassegna Videocittà.
«La decisione – spiegano i professori Federica Muzzarelli, ordinaria di Storia dell’arte contemporanea all’università di Bologna, Augusto Roca, ordinario di Storia dell’architettura della Sapienza di Roma, e Stefania Zuliani, docente di Storia della critica d’arte all’università di Salerno, le cui firme compaiono in calce a una lettera con le motivazioni – è maturata anche in considerazione delle ultime vicende conseguenti alla presentazione del libro del direttore editoriale del “Secolo d’Italia” Italo Bocchino tenutasi lo scorso 3 ottobre in Galleria, alla presenza del presidente del Senato Ignazio La Russa. Una sede istituzionale, e quindi di tutti, è stata usata per una manifestazione di carattere eminentemente partitico senza un adeguato confronto preliminare. Chi ha sempre lavorato per le istituzioni trova difficoltà ad inserirsi in questo nuovo contesto, preferendo fare un passo indietro rispetto all’attuale uso di una delle più prestigiose istituzioni museali italiane, a cui continueremo a guardare con rispetto ed attenzione come studiosi e come cittadini».
E così la presentazione del libro ‘Perché l’Italia è di destra’, di Italo Bocchino è riuscita a far dimettere il comitato scientifico della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che aveva ospitato l’evento. Un appuntamento considerato troppo connotato politicamente – l’ennesimo tentativo della destra di riscrivere la storia – per la Gnam. Alcuni dipendenti avevano espresso il loro dissenso scrivendo una lettera alla direttrice in cui chiedevano di annullare la presentazione del volume scritto dall’ex deputato. Ma, secondo la denuncia della Cgil, avevano ottenuto solo una segnalazione, con nomi e cognomi, al ministero. La protesta dentro l’istituzione museale statale era arrivata dopo altri episodi di fibrillazione, tipo la “profanazione” avvenuta per la mostra dedicata a Tolkien e fortemente voluta dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, l’appello contro la cessione dell’Archivio Lonzi e il caos attorno alla mostra sul Futurismo, come ricordato anche da Artribune.
Le dimissioni sono arrivate «alla luce della politica culturale recentemente adottata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, le cui linee non sono state definite attraverso un sereno confronto con il comitato scientifico, che, come previsto all’articolo 6 dello statuto, è chiamato a svolgere “funzione consultiva sulle questioni di carattere tecnico-scientifico nelle materie di competenza della Galleria”».
Una decisione «maturata anche in considerazione delle ultime vicende conseguenti alla presentazione del libro del direttore del Secolo d’Italia tenutasi il 3 ottobre in Galleria alla presenza del presidente del Senato Ignazio La Russa». Anche perché la Gnam è «una sede istituzionale, e quindi di tutti, usata per una manifestazione di carattere eminentemente partitico senza un adeguato confronto preliminare».