Le Pen in ascesa con debacle Macron che tenterà di formare un nuovo governo

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Le urne hanno consegnato un nuovo ritratto dei cisalpini con una riconfermata virata a destra rispetto alle elezioni europee. Il furbetto dell’Eliseo, all’indomani del risultato delle “euro consultazioni”, aveva puntato subito su due effetti. Il primo psicologico e il secondo strategico. Psicologicamente, con lo scioglimento del parlamento, il presidente aveva tentato di giocare la carta del carattere cercando di dimostrare, più alla comunità internazionale che al suo popolo, di aver avuto il coraggio di rimettersi al giudizio dell’elettorato. Poi, sul tavolo del gioco delle strategie aveva puntato tutto sull’effetto tempo, ovvero il risicato lasso di tempo che intercorre tra scioglimento e nuove elezioni, in modo da cercare di arginare in qualche modo la crescita della destra. Una mano questa, però, che gli è riuscita a metà, perché se è vero come è vero che il fronte nazionalista non ha raggiunto una percentuale che gli consente di guardare alla maggioranza, a fronte di un potenziale accordo tra macroniani e sinistra che manterrebbe salda la maggioranza parlamentare, è altrettanto vero che non si può ignorare che un francese su tre ha votato per la compagine della Le Pen. Ora che succede? Se questi risultati dovessero essere confermati, anche, al secondo turno Macron potrebbe comporre una maggioranza di poco più del 50 per cento, insieme a i socialisti. Ma lo farebbe da una posizione di svantaggio rispetto a tutti i suoi competitors, contando su circa 90 seggi rispetto ai precedenti 250. Con la rivale che, rispetto alle consultazioni politiche del 2022, ha praticamente raddoppiato il suo consenso passando dal 18 al 34 per cento dei consensi. Un risultato che pone la strada di Macron in salita. Una strada che sconta anche il fardello di una mancanza di retaggio storico culturale degli elementi cardine della politica. Macron alle spalle non può contare sugli insegnamenti autoctoni delle correnti e pensieri filosofici greci o romani ma è il frutto di quella nuova rigenerazione politica mondiale del terzo millennio. Un presidente certamente scaltro ma, come dimostrano i risultati, non efficiente stratega. Basti pensare alle diverse decine di contestazioni interne che negli ultimi anni sono cresciute in tutto il Paese. Adesso, però, il presidente sarà costretto, per il ballottaggio, a giocarsi l’ultima carta del mazzo rimasta e per questo conosciuta a tutti i giocatori. Punterà tutto sullo spauracchio di una destra ultraconservatrice anti europeista per cercare di ridurre al minimo i danni dentro e fuori casa. Ma quanto costerà alla presidenza e al popolo francese tutto questo? Molto probabilmente tantissimo, anche, in considerazione che l’inquilino dell’Eliseo, negli ultimi tempi, stava tentando di assumere la leadership europea approfittando del vuoto lasciato dall’Uk con l’uscita dall’Unione Europea e dalla posizione non più dominante della Germania del dopo Merkel. Una cosa la storia degli ultimi decenni ci ha insegnato ed è quella che quando la Francia ha assunto decisioni unilaterali preponderanti nell’assetto geopolitico internazionale, vedi questione Libia, gli esiti della storia hanno assunto connotazioni catastrofiche.

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