Le prefiche del Pd piangono, tra accuse reciproche, il campo largo che è, ormai, morto e sepolto

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L’apparente ’imperturbabilità di Elly Schlein che con  i cronisti non torna sul voto in Liguria non può nascondere la preoccupante stecca che parla del suo fallimento come federatrice e leader del centrosinistra, come afferma l’accettare  il veto di  Conte contro Renzi, vera realtà che le è costata la sconfitta.

La segretaria Pd finge di accontentarsi di essere il primo partito in Liguria: è una sconfitta che brucia e che può costarle molto cara nelle prossime scadenze:  si vota  tra venti giorni in Umbria e in Emilia Romagna.

“Ora ci sono Emilia e Umbria, dopo tireremo le somme”, dice un esponente dell’area riformista Pd, visto che c’è   una preoccupazione che va oltre la sconfitta in Liguria e che riguarda  la competitività della coalizione, dell’alternativa alla destra che il Pd cerca di costruire, un progetto al momento inesistente.  

Manca, dice Beppe Sala, la forza centrale che deve reggere il   centrosinistra: quella moderata, pragmatica, capace di riforme, europeista. Una nuova componente liberal, che al momento non ha  una rappresentanza definita, partendo al Nord,  con i 5 Stelle “sotto il 5%”. Goffredo Bettini è chiarissimo: “Le lacerazioni della coalizione hanno pesato negativamente.  Stabilizzarla e allargarla, significa costruire un soggetto liberale e di centro, collocato nel campo democratico; che superi i residui e i conflitti del passato e guardi al futuro, nella speranza che i 5 Stelle escano dalla loro crisi: il Movimento 5Stelle vive una fase di grandi difficoltà e di incerta transizione. Speriamo tutti che anch’esso chiuda la parte della sua storia ormai esaurita e abbia l’energia di costruirne una nuova’.

Conte, ovviamente,  è il reo non confesso, autentica causa  dei “mali” della coalizione. Lo sfascio del campo largo è certificato dalle   accuse incrociate tra dem, grillini e Italia Viva sul “colpevole” della sconfitta. C’è chi sostiene che il tonfo sia stato provocato dal “no” a Italia Viva, c’è chi sostiene invece che lo smembramento della coalizione sul piano nazionale abbia influito sulle scelte locali. Ma anche c’è chi accusa i grillini di aver sabotato il voto con la rissa tra Conte e Grillo poco prima dell’apertura delle urne.

Uno dei membri della segreteria del Nazareno, Alessandro Alfieri,  esponente di spicco dell’ala riformista afferma: “Il Pd ha incassato un notevole 28%, il doppio di FdI. Ancor di più per questo la nostra sconfitta in Liguria brucia. Sono prevalsi i veti. E ai veti   è seguito un errore politico: pensare che si dovesse scegliere tra il 6% di Conte e il 2% di Renzi” dei “sondaggi”. Il “no al leader di Iv sarebbe stato inevitabilmente percepito – e quindi strumentalizzato accusa Alfieri – come un no alla parte centrista della coalizione. Dobbiamo concentrarci sulle sfide in Emilia Romagna e Umbria, ma subito dopo serve una discussione seria”.

Tra le righe Alfieri critica  la Schlein per  non aver saputo vedere al di là dello steccato di partito. In sintesi: ‘Bene il Pd, male la segretaria’. 

Stefano Bonaccini è fortemente contrito: “Il risultato mancato per un soffio deve far riflettere, e agire,  per fare un passo avanti risolutivo nella costruzione di un centrosinistra nuovo, capace di vincere. Non sembra che la cosa sia alla portata, realisticamente’’.

Debora Serracchiani segue Bonaccini: ‘Va chiarito con tutti, alleati attuali e potenziali: se la volontà di creare l’alternativa a Meloni e alla destra viene prima, è autentica; oppure è inquinata da personalismi e tattiche di sopravvivenza. Una lunga serie di sconfitte, per quanto ognuna con le sue caratteristiche, pone interrogativi sui mondi con cui il Pd vuole parlare; sulle rassicurazioni e le speranze da offrire a ceti, categorie e persone che ascoltano la destra, votano o rinunciano a votare. L’interdizione non è più un’opzione accettabile e qualcosa va rivisto   nel rapporto con un mondo di cosiddetti ‘moderati’,  che non è un blocco compatto né una sigla. Sono aree d’opinione che esistono, hanno storie e identità, e pure dei voti: non mi sembra politicamente saggio lasciarle sole alle lusinghe di Forza Italia e simili”.  

“Lo dico chiaro : se non la smettiamo di polemizzare e litigare tra chi avanza veti e chi li pone continueremo a non vincere, quando invece il risultato positivo è alla nostra portata”, è la reprimenda  della vice capodelegazione del Pd in Ue, Alessandra Moretti. “L’errore drammatico è uno solo: continuare ad assistere al triste spettacolo di personalità troppo ingombranti. Che raccolgono sempre meno voti e sempre più veti. C’è bisogno del lavoro di tutti, quindi bisogna remare tutti dalla stessa parte, mettendo da parte gli ego spropositati e pensando solo al risultato”.

Gli attacchi di Italia Viva a Giuseppe Conte sono espressione di forte durezza: “È dal 2015 che la sinistra ligure vuole perdere. Prima affondando Raffaella Paita e spianando la strada Toti; e adesso ponendo veti. C’è stato il diktat di Conte che non ha ancora imparato la lezione: perché continua a dire che con Italia Viva Orlando avrebbe perso più voti. Ricordo che, quando ci hanno escluso, Orlando era avanti nei sondaggi”. Lo dice a Skytg24 la senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent: “Noi avevamo amministratori che sono stati esclusi, e che avrebbero potuto motivare gli elettori: così si spiega anche il grande astensionismo. Questa coalizione  era troppo spostata a sinistra. La mancanza di un centro ha fatto la differenza”.

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