Lega. No a burqa e nibaq nei luoghi pubblici: depositata proposta di legge

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Divieto di nascondere in pubblico il proprio viso attraverso qualsivoglia tipo di indumento come burqa o niqab. Ed introduzione di un nuovo reato: ‘costrizione all’occultamento del volto’ che può comportare fino a due anni di carcere e una multa fino a 30mila euro oltre che la preclusione dalla richiesta di cittadinanza. É quanto prevede una proposta di legge presentata dalla Lega di Matteo Salvini e ‘partorita’ da Igor Iezzi. Alla base di questa PDL ci sono motivi di ordine pubblico e la necessità di rispettare il principio costituzionale del “rispetto della dignità della donna”.

La proposta di legge interviene sulla norma del 1975 che, per motivi di sicurezza, vieta di non mostrare il proprio volto in luogo pubblico ma salvo “giustificato motivo”. Il testo della Lega, in 4 articoli, cancella quest’ultima previsione e indica gli unici casi in cui il divieto non viene applicato: “Nei luoghi di culto, nei casi di necessità per proteggere la salute propria o di terzi, in materia di sicurezza stradale e per i partecipanti alle gare in occasione delle manifestazioni di carattere sportivo che prevedono l’uso di caschi, nonché nei casi di attività artistiche o di intrattenimento”.

La proprietà di Iezzi La norma introduce un nuovo reato per punire chi costringe a indossare burqa o niqab. Salvo che il fatto costituisca più grave reato – si legge nel testo – è punito con la reclusione da uno a due anni e con la multa da euro 10mila a euro 30mila, chiunque costringa qualcuno all’occultamento del volto con violenza, minaccia o abuso di autorità ovvero in modo da cagionargli un perdurante e grave stato di ansia o di paura” o ingenerando nella persona “un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto”. 

La pena è aumentata della metà se il fatto è commesso a danno di un minore o di una donna o di persona disabile. Nel caso di minori, inoltre, il giudice può anche valutare la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l’allontanamento dalla residenza familiare. Chi è condannato per questo tipo di reato non può ottenere la cittadinanza. La normativa proposta – si legge nella relazione introduttiva – “risponde non solo ad esigenze di carattere securitario ma, soprattutto, di integrazione”. 

“Il principale scopo della presente proposta è quello di introdurre misure a difesa delle donne costrette a celare il proprio volto: le norme proposte sottendono, infatti, il fondamentale principio per cui non è accettabile nella nostra cultura e secondo i valori sanciti dalla Costituzione e dal trattato di Lisbona il fatto che la donna possa essere, in qualsiasi modo, indotta a comportamenti e ad abbigliamenti che la pongono in palese stato di sottomissione e discriminazione”. 

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