Legali e medici penitenziari su Renato Vallanzasca: ‘Non è più lui, ha perso il controllo, non può stare in carcere, deve andare in una Rsa’. La decisione a breve

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Renato Vallanzasca, il ‘Bel Renè’, simbolo negli anni scorsi della mala milanese, attualmente detenuto nel carcere di Bollate, considerato uno dei più terribili criminali italiani, autore di rapine a mano armata, con omicidi e sequestri di persona, condannato a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione, legato a numerose rivolte carcerarie e varie evasioni durante i suoi 52 anni di detenzione.

Le cronache riportano, infatti, che la sua prima interruzione nell’ascesa della carriera criminale avvenne nel 1972 dopo una rapina ad un supermercato. Allora ad arrestarlo furono gli uomini della squadra mobile di Milano, diretta da Achille Serra.

Dopo l’ennesima fuga, dopo uno scontro a fuoco, in cui persero la vita 2 poliziotti, Vallanzasca riesce a scappare e trova rifugio a Roma, ma dopo pochi giorni, viene rintracciato e catturato. Tutto ciò quando ancora non ha compiuto 27 anni. Tornato in carcere, decide di sposarsi con una delle tante ammiratrici che gli scrivono. Come suo testimone di nozze, Albert Bergamelli del clan dei Marsigliesi e come `compare di anelli´ l’ex arcinemico Francis Turatello. Nel 1980, Vallanzasca si rende protagonista di un nuovo tentativo di evasione dal carcere milanese di San Vittore. Ma nella fuga, quando ormai era per le strade della città, Vallanzasca viene ferito e catturato. È il 1981 quando nella prigione di Novara, si rende protagonista di un’ennesima rivolta carceraria durante vennero uccisi alcuni collaboratori di giustizia. Vallanzasca fu in questa occasione protagonista della barbara uccisone di un ex componente della sua banda. Scatta per lui il regime di carcere duro. Riesce però ad evadere nuovamente nel 1987, scappando rocambolescamente attraverso un oblo’ del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo al carcere dell’Asinara, in Sardegna. Pochi mesi dopo viene ripreso. Tornato in galera tenta un’altra volta la fuga, nel 1995, questa volta dal carcere di Nuoro. Dal 1999 è rinchiuso nella sezione dell’alta sicurezza del carcere di Voghera. Dal 2005, dopo aver usufruito di un permesso speciale di tre ore per incontrare l’anziana madre, ha formalizzato la richiesta di grazia, inviando una lettera al ministro di Grazia e Giustizia. L’anno dopo, gli viene notificata la mancata concessione della grazia da parte del Capo dello Stato e Vallanzasca continuerà quindi a scontare la sua pena nel Carcere di Opera a Milano. Nel 2008 si risposa e dal 2010 può usufruire del beneficio del lavoro esterno.

Oggi, 74 anni,  gravemente malato anche sul piano mentale per via dell’età,  aveva chiesto di potere accedere ai suoi permessi premio, revocati a marzo di quest’anno, per frequentare la comunità Il Gabbiano onlus.

E’ stato accolto il reclamo della difesa di Renato Vallanzasca dal Tribunale della Sorveglianza di Milano che ha concesso il permesso di trascorrere del tempo non ancora definito in una comunità di cura.

Per i medici dell’équipe del carcere di Bollate il carcere non è un posto adatto a una persona nelle sue condizioni, rischia di peggiorare e compromettere gravemente la sua situazione. Avrebbe piuttosto grande necessità di «stimoli cognitivi» per il «mantenimento della memoria» e delle «capacità verbali».

La procura generale di Milano aveva dato parere negativo all’istanza.

Nel provvedimento, i magistrati invece hanno accolto il reclamo contro il no all’ultimo permesso per andare in comunita’ negato in precedenza, riaprendo cosi’ la via alla possibilita’  di frequentare la struttura terapeutica ritenuta utile alla “risocializzazione” e a rallentare il decorso del declino cognitivo. La data del primo ingresso in comunita’ sara’ concordata tra le parti. Potrà dunque ottenre i permessi premio per uscire, durante il giorno dal carcere, con legali e medici che tornano alla carica.

Ora, ad aggiungersi alla richiesta di poter scontare in una «condizione più adeguata alla situazione di salute del paziente» Renato Vallanzasca – ossia «una Rsa, struttura residenziale per persone affette da Alzheimer/demenza» – c’è una relazione indirizzata al Tribunale di Sorveglianza di Milano dell’ambulatorio di psichiatria del servizio di medicina penitenziaria dell’Asst San Paolo, che propone appunto «il differimento della pena in residenza sanitaria assistenziale». O, in subordine, «se non possibile» questa soluzione, «il trasferimento» da Bollate «in un istituto penitenziario dotato di Sai-Sezione di assistenza sanitaria intensiva».

La relazione del servizio di medicina penitenziaria per il Tribunale di sorveglianza.

Una relazione che, al di là delle richieste e delle argomentazioni giuridiche, assevera soprattutto, scrive sempre il Corriere, quanto «il personaggio Vallanzasca non abbia ormai più nulla a che vedere con la persona Vallanzasca, più simile a tanti altri anziani minati da decadimento cognitivo». Sottolineando anche: «Ha perso completamente il controllo» della propria quotidianità, «non è assolutamente in grado di badare» a sé. E ancora: «È disorientato nel tempo e nello spazio». «A tratti emerge la sofferenza di non riuscire a esprimere con il linguaggio quello che si produce nel suo pensiero». Ed è ormai «visibile lo stato di prostrazione» di quanti nel carcere di Bollate lo aiutano, «non formati e preparati per la gestione di un paziente con queste criticità».

A giugno l’appello della moglie di Vallanzasca.

Una relazione, peraltro, che va ad aggiungersi all’appello lanciato negli ultimi due anni dalla ex moglie del detenuto, Antonella D’Agostino, che fino allo scorso giugno, del bandito un tempo suo coniuge, ha ripetuto: Renato Vallanzasca «è malato. Come direbbe lui “fuori di testa”». Tornando pertanto a chiedere di concedere all’ex Bel René di uscire dal carcere per poter andare in un struttura di cura perché «non muoia solo». «Non è più lui e non si ricorda neanche chi era. Vallanzasca è malato», scriveva neanche tre mesi fa l’ex moglie all’Ansa, sottolineando: «Dopo quasi 50 anni di carcere faccio un appello affinché siano disposti a fargli passare gli ultimi anni della sua vita in un ricovero. Cosa che i pochi che gli sono rimasti vicini senza nessun interesse, chiedono alle autorità competenti».

La decisione del giudice attesa per martedì prossimo.

Ora dunque, la situazione si aggiorna a martedì prossimo, quando in udienza la giudice di sorveglianza Carmen D’Elia sarà chiamata a decidere sulla istanza dei legali Corrado Limentani e Paolo Muzzi. E se da un lato non potrà comunque non tenere conto del decadimento neurologico e cognitivo del detenuto. Dall’altro non potrà neppure sorvolare su quanto sostenuto dalla Procura che, sulle richieste e gli appelli degli ultimi periodi, si era opposta alle istanze avanzate dai difensori di Vallanzasca, sostenendo che le sue attuali condizioni di salute lo rendono inadeguato a rispettare le regole e ad essere accolto nella struttura dove, fino allo scorso inverno, trascorreva alcune ore prima di rientrare nel carcere milanese di Bollate. Con queste stesse motivazioni, del resto, i permessi erano stati revocati a marzo. Ora l’ultima parola attesa a giorni.

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