L’equiparazione degli stipendi tra parlamentari, sottosegretari e ministri non eletti, è cosa giusta e corretta? Ai lettori l’ardua risposta…

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“Io credo che sia una cosa di buon senso, perché non è giusto pagare un ministro meno di un altro, a parità di funzioni e responsabilità, solo perché uno non è eletto in Parlamento. A maggior ragione con un ventaglio così ampio di incompatibilità con altri incarichi, che penalizza soprattutto i ministri tecnici”. A dirlo, in un’intervista alla Stampa, Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, già capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, commentando la norma, inserita in manovra, che equipara l’assegno dei ministri e dei sottosegretari non eletti a quello dei colleghi parlamentari.

“Io faccio un’altra proposta – taglia corto Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, ad Agorà, su Rai Tre – Siccome un ministro guadagna un terzo, un quarto di un parlamentare, io proporrò in Senato che tutti noi parlamentari, a cominciare dalla Schlein e da Borghi di Italia Viva, che hanno detto che non va bene, di equiparare i trattamenti di noi parlamentari a quelli dei ministri che non sono parlamentari. Così risolviamo il problema. La Schlein, che protesta, guadagna il quadruplo di Crosetto o di Giuli“.

Mentre il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze Federico Freni in una intervista a ‘Repubblica‘ precisa: “L’aumento degli stipendi dei ministri non eletti? Sono i frutti avvelenati di anni di antipolitica. Ministri e sottosegretari non eletti lavorano tanto quanto quelli eletti. E poi parliamo di un’equiparazione, non di un regalo di Natale”.

Più defilata la posizione del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini. “Non ho seguito la vicenda e non ne sapevo nulla”, ha detto il leader della Lega a margine del congresso regionale lombardo, a Milano, rispondendo a quanti gli hanno chiesto dell’aumento degli stipendi dei ministri non parlamentari.

Tra i componenti del governo non parlamentari, è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, quello con un reddito imponibile più alto, pari a 180 mila 895 euro, in base alla dichiarazione del 2024 riferita ai redditi del 2023. Seguono il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, con 163 mila 338 euro, e quello dello Sport, Andrea Abodi, con 157 mila 563 euro, anche se il dato si ricava dalla dichiarazione del 2023 riferita al 2022. Fuori classifica il titolare della Cultura, Alessandro Giuli, in quanto i 203 mila 170 euro di imponibile dichiarati nel 2024 fanno riferimento all’anno precedente, quando non era ministro.

A suscitare curiosità per questi dati, la discussione in atto alla Camera sulla proposta di inserire nella legge di Bilancio una norma per equiparare i compensi dei componenti del Governo non parlamentari a quelli di senatori e deputati.

Tra i ministri, dopo Valditara e Abodi, il titolare della Sanità, Orazio Schillaci, dichiara 105mila 215 euro, precedendo i colleghi Guido Crosetto (Difesa), con 101 mila 647 euro; Alessandra Locatelli (Disabilità), con 99mila 780 euro; Matteo Piantedosi (Interno), con 96mila 635 euro; Marina Calderone (Lavoro), con 95mila 260 euro.

Per quanto riguarda invece viceministri e sottosegretari, dopo Mantovano si piazzano il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, con un imponibile di 128mila 787 euro, quindi Fausta Bergamotto, sottosegretaria alle Imprese, che dichiara 109mila 304 euro, e Claudio Barbaro, sottosegretario all’Ambiente, che nella dichiarazione del 2023 riferita al 2022 registra 107 mila 271 euro.

Tutti gli altri non superano i 100mila euro. In particolare Valentino Valentini, viceministro alle Imprese, si ferma a 99mila 800 euro; Giuseppina Castiello, sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, a 99mila 781; Luigi D’Eramo, sottosegretario all’Agricoltura, a 99mila 147; Sandra Savino, sottosegretaria all’Economia, a 98mila 936; Maria Tripodi, sottosegretaria agli Esteri, a 96mila 846; Matteo Perego, sottosegretario alla Difesa, a 94mila 621.

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