L’incontro tra Meloni e Trump per la sinistra nostrana è stato inutile. Mario Monti, ex premier, ne celebra il successo politico

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L’incontro alla Casa Bianca è stato un buon inizio di dialogo: Trump e Meloni hanno in comune, oltre che la famiglia politica il variegato mondo dei conservatori , pure la dote del pragmatismo, il che certo aiuta a trovare soluzioni invece di esasperare le divisioni.

Chi da settimane ha pressato la Meloni con il «devi scegliere tra l’America e l’Europa» non ha capito che l’obiettivo della premier non è mai stato quello di dover scegliere, bensì quello di sminare le ragioni della scelta. Per farlo, come in ogni trattativa, bisogna essere disposti a fare dei passi indietro su alcuni punti e in avanti su altri.

C’è una sola certezza: l’Italia ha assunto un ruolo internazionale come da tempo non accadeva, e se Trump ha accettato l’invito a venire a Roma per partecipare a un vertice europeo, questo già sarebbe un successo politico che ridisegna gli equilibri all’interno dell’Unione a favore dell’Italia, visto che il «governo delle destre» che doveva portare l’Europa a sbattere si sta dimostrando una scialuppa di salvataggio per l’Europa stessa. E questo è il vero risultato politico che Giorgia Meloni porta a casa dal viaggio a Washington, che già avrà una coda in Italia con la visita del vice presidente americano Vance.

Dicevano che la scelta di volare negli Stati Uniti sarebbe stata un errore e che l’Italia sarebbe andata a Washington con il cappello in mano. Dicevano che questo viaggio sarebbe stato un pericolo perché, con la complicità di #Trump, avrebbe disintegrato l’Europa. I fatti dicono che Giorgia Meloni, con coraggio e determinazione, ha seguito la strada della negoziazione e ha aperto un dialogo tra l’Unione europea e gli #USA, dopo settimane di tensione e contrapposizioni. Giorgia Meloni porta a casa un risultato importante, ovvero l’impegno di Trump a raggiungere un accordo sui dazi e ad incontrare a Roma i vertici dell’Ue. E poi sintonia su dossier come l’immigrazione, la Nato, la lotta all’ideologia woke. GiorgiaMeloni, con l’incontro alla Casa Bianca, segna una svolta nelle relazioni tra il nostro Paese e Washington, difendendo così anche l’interesse nazionale.

Elly Schlein in una intervista al Sole24Ore si lamenta di non essere stata coinvolta dal governo nelle decisioni relative a dazi e Ue. “Le nostre proposte sono pronte e sono a disposizione delle parti politiche. Siamo sempre disponibili a collaborare su queste grandi questioni nell’interesse del Paese, ma a differenza di quanto avvenuto altrove in Europa il governo Meloni non ci ha ancora convocato per discutere la questione dazi”, dice la segretaria Pd, critica con la visita a Washington di Giorgia Meloni: “La premier si è impegnata ad aumentare la spesa militare e a far investire 10 miliardi alle imprese italiane negli Usa quando non ne ha trovato ancora uno per tutelare quelle colpite dai dazi ed evitare delocalizzazioni. In cambio pare abbia ottenuto una visita di Trump in Italia. Per ora non mi pare un gran bilancio”.

“In generale il problema non è dialogare con Trump, ma farlo a testa alta. La questione fondamentale è non dare a Trump l’idea che possa trattare in bilaterale con ciascun Paese, che è quello che vorrebbe per indebolire l’Unione europea. L’Europa deve essere unita e compatta in questo negoziato e deve essere pronta a colpire dove fa più male, ossia le Big tech americane che sostengono Trump. L’attuale Presidente – osserva la leader dem – è un nostro avversario politico ma questo non significa rinunciare al fondamentale rapporto con gli Stati Uniti. Bisogna dunque negoziare fino all’ultimo minuto utile… i dazi di Trump rischiano di colpire soprattutto imprese e lavoratori italiani… occorre sventare a tutti i costi una guerra commerciale…”. E quindi? L‘obiettivo di un vertice Usa-Ue per “scongiurare la guerra commerciale”, ottenuto dalla Meloni, non è forse utile alla causa?

L’acredine di Lucia Annunziata, giornalista al servizio del Pd dopo la sua “uscita” dalla Rai nell’era meloniana, per approdare all’Europarlamento sotto la bandiera della sinistra, è quella di sempre. Anche a dispetto dei commenti favorevoli al vertice della Casa Bianca arrivati da autorevoli commentatori, anche di sinistra. Lei, invece, dalle colonne di “Repubblica”, fornisce la sua chiave di lettura critica e la sua gufata. “Trump ha anche detto che sarà un nostro alleato finché ci sarà lei a Palazzo Chigi. Parole. La realtà vista alla tv dice altro… Trump ha monopolizzato l’intera conferenza stampa, lasciando a Meloni appena due minuti. La telecamera inquadrava solo lui. Del resto lui concepisce lo Studio Ovale come un set fatto a sua misura… al dunque se l’è dimenticata”.

I veleni di Lucia Annunziata contro Giorgia Meloni
Nessun successo della Meloni, dunque? “A Trump interessa soltanto che l’Italia compri il suo petrolio”. E il summit in Italia, chiesto e ottenuto dalla Meloni? Farà dialogare il presidente Usa con von der Leyen? “Non credo proprio. Intanto l’Europa è più complessa della mediazione di Meloni, la cui influenza a Bruxelles viene enfatizzata dai suoi. Può essere che si incontrino ma non per la mediazione di Meloni. Von der Leyen non è un Capo di Stato ma di una struttura politica tra Stati. Occorre tenere conto della volontà di 27 nazioni”.

La Annunziata non si compiace neanche per la coerenza della Meloni sull’Ucraina. “Qui non poteva non smarcarsi da Trump, perché sennò avrebbe chiuso con l’Europa… il vero controcanto a questa narrativa trionfalistica l’ha fatto Giorgetti che ha espresso tutte le sue preoccupazioni sul futuro, a cominciare dai ritardi sul Pnrr”.

Lilli Gruber rimane stupita dai complimenti di Mario Monti, che celebra a Otto e Mezzo «il successo politico di Giorgia Meloni con Trump». «Credo sia stato un successo politico sia per il presidente del consiglio per l’Italia. Ha schivato la patata bollente dei dazi, non trattandone concretamente. Non si è invischiata in una materia sulla quale non ha potere. E ha dimostrato in Europa che non era lì per togliere potere alla Commissione europea», spiega Monti. Gruber prova a stimolare un parere diverso della notizia coinvolgendo la giornalista del Sole 24ore Lina Palmerini. Ma non le riesce: anche per lei la visita di Meloni «è un successo politico» e non ci si dovevano attendere risultati pratici.

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