L’Ue chiede alla Mongolia di arrestare Putin

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Il presidente russo Vladimir Putin, la notte scorsa, è atterrato in Mongolia per una serie di colloqui in una yurta. Da Bruxelles, la Commissione Europea ha chiesto al Paese  asiatico di adempiere ai suoi obblighi nei confronti della CPI, la Corte penale internazionale arrestando il presidente russo. L’inquilino del Cremlino secondo la Corte penale internazionale sarebbe responsabile di aver organizzato la deportazione e il trasferimento illegale di bambini ucraini in Russia. L’euro governo europeo ha rimarcato, attraverso una dichiarazione ufficiale, che “la Mongolia è uno Stato parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale dal 2002, con gli obblighi legali che esso comporta. Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per la visita e dichiarato chiaramente la nostra posizione nei confronti della CPI attraverso la nostra delegazione in Mongolia. L’Ue sostiene le indagini del procuratore della Corte penale internazionale in Ucraina e chiede la cooperazione di tutti gli Stati contraenti”. La visita di Oggi in Mongolia del presidente russo, per la comunità internazionale, rappresenterebbe una sorta di sfida essendo la prima volta, dopo la richiesta di arresto della Corte Penale Internazionale, che Putin, visita un Paese sotto la giurisdizione della CPI. Qualche settimana fa un suo viaggio in Sudafrica, essendo questo uno Stato parte, era stato cancellato dopo una protesta internazionale. Per Maria Elena Vignoli, consulente senior per la giustizia internazionale di Human Rights Watch, che è intervenuta nel dibattito, invitando fermamente la Mongolia a negare l’ingresso a Putin o a metterlo agli arresti, “accogliere Putin, un latitante della Corte penale internazionale, non solo sarebbe un affronto alle numerose vittime dei crimini commessi dalle forze russe, ma minerebbe anche il principio fondamentale secondo cui nessuno, per quanto potente, è al di sopra della legge”. La settimana scorsa la CPI ha ricordato alla Mongolia i suoi obblighi ai sensi dello Statuto di Roma e ha affermato che “in caso di mancata collaborazione, i giudici della CPI possono fare una constatazione in tal senso e informare l’Assemblea degli Stati parte. Spetta poi all’Assemblea prendere le misure che ritiene appropriate”. La Mongolia è tra i 94 Paesi che, lo scorso giugno, hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui si dichiarava un incrollabile sostegno alla Corte penale internazionale dopo che il procuratore Karim Khan si era scontrato con la richiesta di mandati di arresto contro due funzionari israeliani, tra cui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e tre leader di Hamas.  Attualmente, uno dei togati in carica CPI in carica, Erdenebalsuren Damdin, è un mongolo.

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