Tutto per rimanere al governo ed evitare di finire alla sbarra
Benjamin Netanyahu, leader del partito conservatore Likud, alla Knesset, tenta in tutti i modi di sparigliare le carte per cercare a tutti i costi di rimanere in carica ed evitare di finire alla sbarra, con l’accusa di essere fautore di “crimini di guerra”. Per lui ogni occasione, ogni decisione, è quella giusta per sfuggire alle fauci della giustizia. Intanto, a Gerusalemme, vengono proiettate sui muri, da parte di associazioni pacifiste israeliane e dei parenti degli ostaggi, immagini degli ostaggi accompagnate da scritte come: “insieme vinceremo” o “portali a casa”. Ma il Benjamin nazionale, prima si appoggia al Campidoglio statunitense, per ricevere aiuti, poi, di fatto sbeffeggia gli inquilini della Casa Bianca, poi finge di tornare indietro per inventarsi un altro elemento di disaccordo. Insomma, il nuovo Penelope del Medioriente, un giorno tesse e l’altro scuce. Un giorno si dice possibilista di trovare un accordo in Egitto, sul possibile “cessate il fuoco” e, un momento dopo, non accetta che si possano discutere condizioni. Su di lui pende un mandato di cattura internazionale spiccato dal tribunale dell’AIA, che vede 185 Stati del pianeta pronti a eseguirlo. Ma lui va avanti come un treno sul binario della ancorazione al potere. Quel potere che se gli viene meno gli costerà molto caro averlo gestito. Mentre, in Israele sono ancora sanguinanti le ferite dell’attacco di Hamas, in Palestina si piangono i morti dei raid israeliani, nel mondo crescono le proteste studentesche contro gli attacchi in Palestina, lui decide di chiudere le trasmissioni di Al Jazeera, la televisione araba del Qatar, si di quello stesso Stato Islamico che avrebbe, per anni, finanziato il camaleontico Netanyahu e che oggi, per questo motivo, potrebbe finire sotto ricatto internazionale. Ma, l’unica logia dell’illogica, ai più, strategia del leader del partito conservatore Likud sembra essere la confusione. La caciara, la bagarre, in attesa di tempi migliori. Quali? Forse il risultato delle elezioni di novembre degli Stati Uniti d’America, dove questa situazione, in Medioriente, vede un indebolimento dell’attuale inquilino di Washington, l’anziano Joe Biden, in favore dell’eclettico tycoon, Donald Trump, che in queste condizioni se non stoppato da altri meccanismi interni statunitensi, più legati alla giustizia, tornerà a sedere nello studio ovale tra qualche mese. Situazione che forse, fa pensare all’estroso Netanyahu di poter incassare, con l’appoggio statunitense, al termine del suo mandato di governo, il ruolo di ambasciatore israeliano all’Onu o a Washington in modo da beneficiare, così, dell’immunità diplomatica che lo sottrarrebbe alle fauci della giustizia internazionale. Fantapolitica o fantascienza? E chi lo sa! L’unica certezza è l’irrazionalità dell’azione di governo israeliana che con il suo fare si sta alienando, anche, le simpatie dei suoi più storici alleati. Ma chi vivrà, vedrà.