La Manovra riparte dopo la frenata. Il maxi emendamento elaborato dal governo è stato spacchettato in sei emendamenti in base alle materie trattate e depositato in commissione Bilancio della Camera a firma dei relatori e non del governo. Il documento unico era stato presentato ma, in base alle regole parlamentari attuali, in commissione non può essere depositato un maxi emendamento. Le opposizioni hanno sollevato la questione, chiamando in causa la presidenza della Camera e ottenendo il suo spacchettamento. Un lavoro, questo, che ha richiesto tempo per redistribuire correttamente le coperture nei tre testi elaborati.
Il governo ha presentato una serie di nuovi emendamenti e correttivi finali per la Manovra. Ciò ha ritardato i lavori, posticipando l’approdo in Aula di alcuni giorni. Lo ha confermato il presidente della Commissione bilancio della Camera, Giuseppe Mangialavori. Spuntano le modifiche del governo alla manovra. Ma i lavori della commissione Bilancio della Camera, che sta esaminando la finanziaria, procedono a rilento. A frenare il percorso della legge di bilancio è il nodo del “mini-maxi” emendamento dell’esecutivo, un contenitore omnibus delle correzioni che permetterebbe al governo di sostituire il testo approvato dalla commissione. Ma la presidenza della Camera, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, avrebbe fermato lo schema perché incompatibile con le regole attuali.
Tra le nuove proposte si torna a parlare di web tax, criptovalute, Ires e bonus elettrodomestici. L’opposizione ha chiesto che le proposte vengano spacchettate per materia e non inserite in un maxi-emendamento, per facilitarne l’esame da parte della Commissione.
Al termine della riunione della Commissione bilancio della Camera, si è reso necessario allungare i tempi dell’approdo in Aula della Manovra 2025. La seduta di sabato si è conclusa infatti con il deposito di una serie di nuovi emendamenti da parte del governo Meloni, prolungando così i lavori di esame. Per facilitare questa fase, l’opposizione ha proposto di spacchettare per materia tutte le nuove misure, che sono numerose.
Il calendario segna una fase di affanno. I lavori riprenderanno oggi, lunedì 16 dicembre, ed è probabile che il testo approdi in Aula entro martedì mattina, prima dell’intervento di Giorgia Meloni sul Consiglio Europeo. Secondo le tempistiche, il testo sarà licenziato non prima di giovedì sera o venerdì mattina.
Il rischio di altri inciampi lungo il cammino è sempre in agguato, soprattutto dopo la proposta delle modifiche sugli stipendi dei ministri, le concessioni autostradali e la distribuzione elettrica.
Potrebbe essere confermato l’emendamento sugli aumenti degli stipendi per i ministri non parlamentari, equiparati a quello dei ministri parlamentari che ieri ha scatenato gli attacchi delle opposizioni. 1,3 milioni di euro all’anno di spesa per otto ministri e una decina tra viceministri e sottosegretari a cui andrebbe adeguato il trattamento economico per parificarlo a quello dei colleghi eletti.
“Mentre con una mano aumentano gli stipendi ai ministri, con l’altra bloccano il salario minimo. Che non si dica che questo governo non sa scegliere le priorità”, l’affondo della segretaria Pd Elly Schlein. Durissimo anche il Movimento 5 Stelle per cui la scelta del governo “grida semplicemente vendetta” e bolla come “vergognosa norma per aumentare gli stipendi ai ministri non parlamentari”.
Difende invece la sostanza dell’emendamento proponendone però lo slittamento dell’applicazione alla prossima legislatura il ministro della Difesa Guido Crosetto. “I relatori della legge finanziaria hanno pensato che fosse giusto e ragionevole che i ministri, quelli che non sono parlamentari, dovessero avere lo stesso trattamento di deputati e senatori. Io penso che sia giusto”, scrive Crosetto in un lungo post su X. “Se non è il caso di estenderlo anche ai ministri non parlamentari, in questi anni ed in questa legislatura, penso che l’emendamento debba essere mantenuto per chi verrà dopo di noi, perché è giusto e si basa sugli stessi principi che ho sempre difeso per i parlamentari e chi lavora nelle Istituzioni. E continuerò a difenderlo, pur consapevole che varrà anche per personaggi di cui non ho stima. I relatori del testo in questione hanno voluto presentare un atto giusto e sensato che va difeso come principio e siccome non ci servono inutili polemiche pretestuose per smorzarle basta prevedere che non valga per gli attuali membri del Governo non parlamentari ma solo per i ministri dei futuri Governi”.
Sono diverse le misure proposte con il pacchetto depositato sabato dal governo Meloni. Tra queste:
una web tax solo per le grandi aziende con ricavi sopra i 750 milioni di euro;
una Ires ridotta per le imprese che reinvestono l’80%;
il bonus elettrodomestici;
una tassa sulle plusvalenze delle criptovalute (per il 2025 dovrebbe scomparire l’aumento del 42% dell’imposta sostitutiva, che resta al 26%, mentre nel 2026 la stessa salirà al 33%).
Nella bozza circolata tra i deputati compare anche la mini decontribuzione per il Sud, ovvero uno sgravio del 25% sui contributi dovuti per i lavoratori. L’importo massimo dovrebbe aggirarsi intorno ai 145 euro mensili per 12 mesi, per ogni lavoratore a tempo indeterminato assunto entro il 31 dicembre 2024. Per il 2026 e il 2027 la percentuale cala al 20%.
Proposto inoltre un fondo di 30 milioni di euro per il 2025, come rimborso spese per le attività sportive e ricreative dei più piccoli (tra i 6 e i 14 anni) all’interno dei nuclei familiari con Isee sotto i 15.000 euro.
Un tema molto discusso sui giornali è quello dell’aumento degli stipendi dei ministri non parlamentari, che passerebbe, secondo la proposta, da 5.000 euro a quasi 8.000 euro. A questa cifra si aggiungono un bonus di 3.690 euro per i rimborsi spese e un ulteriore bonus di 1.200 euro come indennità di viaggio.
Nella bozza compaiono anche modifiche ai turnover per le forze di polizia, i ricercatori e gli enti locali. Infine, sembra che siano previsti ritocchi sulle detrazioni fiscali: via dal calcolo per gli sconti i premi di assicurazione e i bonus edilizi.