Marco Paternello tra Cossiga e Palamara. Marina Berlusconi: ‘Certi giudici sono nemici del Paese’

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Il Tempo ha riportato la mail che il dottor Marco Patarnello, sostituto procuratore presso la Corte di Cassazione, ha mandato ai suoi colleghi. Anche se il magistrato dice testualmente che “non dobbiamo fare opposizione politica, ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini ad un giudice indipendente”, il testo denota un atteggiamento di parte della magistratura che deborda i limiti che le sono assegnati dalla Costituzione. Parlando delle riforme della Giustizia il magistrato, infatti, dice che l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte e pericoloso perché la Meloni non si muove per interesse personale, non cerca un salvacondotto, ma agisce per una visione politica. Basterebbe questo passaggio, questo primo rigo, per comprendere quanto il ragionamento di Patarnello sia al di fuori non solo dei dettami costituzionali ma anche del principio della separazione dei poteri.

Invocare la compattezza della magistratura, la sua capacità di cercare il consenso sociale contro le riforme che la maggioranza volesse individuare è un atto politico che, in quanto tale, non compete alla magistratura, ma al Parlamento e alle forze politiche. In quel rimpianto per la mancanza di “interessi personali” da parte del Presidente del Consiglio c’è molto del metodo Palamara e, soprattutto, del rammarico per non poter utilizzare la clava delle indagini per colpire il premier.

E’ da ricordare l’irruzione che l’emerito Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, fece su Sky  durante un’intervista che Maria Latella stava facendo proprio a Palamara, all’epoca uno dei vertici dell’Associazione nazionale magistrati. Era il 2008, c’era in carica il governo Prodi e Clemente Mastella aveva appena annunciato una timida riforma della Giustizia, che introduceva dei criteri di merito nelle progressioni di carriera dei magistrati eliminando gli automatismi legati all’anzianità. Mastella era stato costretto alle dimissioni a causa delle misure cautelari che, immediatamente dopo l’inizio del processo di riforma, avevano colpito la moglie, nell’ambito di un’indagine nella quale era stato coinvolto lui stesso (entrambi furono poi assolti con formula piena). L’ex Presidente della Repubblica, con lo stile aggressivo che caratterizzava i suoi interventi, disse apertamente di aver consigliato a Mastella e Prodi di ritirare la riforma, anzi di introdurre una riforma “demeritocratica”, così tutte le indagini sarebbero state archiviate. Un intervento durissimo quello di Cossiga.

Lo stesso Palamara anni dopo, in un’intervista resa nel 2021, disse che, pur essendosi offeso nell’immediatezza, a distanza di tempo era costretto ad ammettere che “quelle parole hanno costituito una sferzata critica nei confronti del nostro mondo perché fotografavano, anche da chi aveva vissuto direttamente nel rapporto tra il presidente della Repubblica e il Csm, quella che era la realtà interna: il corporativismo e l’eccesso di chiusura che caratterizzava il mondo della magistratura”. Sostanzialmente Palamara, a distanza di anni, ammetteva la veridicità delle parole di Cossiga e, quindi, anche l’utilizzo della giurisdizione per motivi politici.

C’è viva necessità di sanare il mancato equilibrio tra i poteri dello Stato e anche la trasversalità delle “vittime” di questa sperequazione di poteri. Ecco perché il governo Meloni ha il diritto e il dovere di riformare la Giustizia e l’Ordinamento giudiziario nel senso di equilibrare il rapporto tra i poteri e restituire la piena sovranità al Parlamento e, quindi, alla democrazia rappresentativa.

“Non c’è uno scontro con la magistratura, ci sono alcuni magistrati singoli, politicizzati, che si scontrano con la nostra volontà di riformare la giustizia”. Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, intervistato dal Corriere della Sera, parla a 360 gradi: del governo, della Manovra economica e soprattutto dello scontro con la magistratura dopo il caso Albania. Rifiuta, anzitutto, questo termine: “Non c’è uno scontro con la magistratura, ci sono alcuni magistrati singoli, politicizzati, che si scontrano con la nostra volontà di riformare la giustizia”. Non è una scoperta, è tutto molto chiato nelle parole usate nella famosa chat. “Non a caso -spiega Donzelli a Paola Di Caro-  il magistrato Patarnello nella sua chat diceva che andava fermata Meloni: in una discussione che partiva dai migranti ma arrivava al nodo della riforma della giustizia. I migranti diventati strumento di lotta”. Il nocciolo della questione è questo, sostiene Giovanni Donzelli: ‘Noi andremo avanti con la riforma della giustizia anche per salvaguardare proprio la terzietà dei tanti giudici che non sono politicizzati e fanno bene il proprio lavoro’.

In un altro passaggio, il responsabile dell’organizzazione di FdI si dice per nulla preoccupato delle critiche e delle polemiche intorno al governo. «No, perché il clima è agitato non per noi, ma per chi non si è rassegnato al fatto che Giorgia Meloni ha vinto le elezioni, governa e lo fa bene». Certo, aggiunge, «per la sinistra va tutto male. Una sinistra che arriva perfino a proporre al Parlamento europeo una procedura di infrazione contro il proprio Paese, una cosa mai vista, gravissima».

“Certi giudici sono nemici non di mio padre o della Meloni, ma dell’intero Paese…”, ha poi detto la presidente di Fininvest e del gruppo Mondadori, rispondendo alle domande dei giornalisti.

Intervenuta a Roma all’inaugurazione del nuovo bookstore Mondadori, Marina ha spiegato che le avrebbe fatto piacere la presenza del premier, “ma potete immaginare – ha sottolineato – gli impegni della presidente del Consiglio”.

Ad accogliere la manager c’era lo stato maggiore di Forza Italia e una nutrita pattuglia di governo. Assente giustificato Antonio Tajani, impegnato al G7 a Pescara, a Galleria Sordi, che si trova proprio di fronte a Palazzo Chigi, sono arrivati i capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri, il vicesegretario azzurro Deborah Bergamini, i ministri Carlo Nordio, con il quale Marina ha un breve colloquio, Maria Elisabetta Casellati, Paolo Zangrillo, Nello Musumeci e i sottosegretari all’Editoria, Paolo Barachini e alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto. Non sono mancati gli storici collaboratori dell’ex premier, Gianni Letta, Marcello Dell’Utri e Fedele Confalonieri, attuale presidente di Mediaset. Presente anche Paolo Berlusconi.

Prima di tuffarsi a salutare l’affollatissimo parterre, Marina Berlusconi è tornata a parlare di maternità surrogata: ”Massima apertura sui diritti, perché non sono né di destra, né di sinistra”, ma “dubbi” sull’utero in affitto: “La maternità non si può trasformare in una mercificazione del corpo femminile”. “Io non sono di sinistra, sono una liberale berlusconiana”, ha rivendicato. Poi un passaggio sulle misure inserite in finanziaria che chiedono un contributo alle banche: “Questo provvedimento deciso dal governo mi sembra condivisibile e di buon senso,   intanto perché tutela anche la credibilità del nostro sistema creditizio”, ha detto Marina Berlusconi, ribadendo la sua contrarietà alla tassa sugli extraprofitti.

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