Mattarella a Civitella in Val di Chiana: Il 25 Aprile è la festa della libertà per l’Italia

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“Il 25 aprile è, per l’Italia, una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche. Quella pace e quella libertà, che – trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista – hanno prodotto la Costituzione repubblicana, in cui tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di saldo diniego di ogni forma o principio di autoritarismo o di totalitarismo”. A Civitella in Val di Chiana, con queste parole, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riassume il significato profondo della festa della Liberazione dell’Italia dal gioco nazifascista. “Siamo qui, a Civitella in Val di Chiana, riuniti per celebrare il 25 aprile – l’anniversario della Liberazione -, a ottanta anni dalla terribile e disumana strage nazifascista perpetrata, in questo territorio, sulla inerme popolazione”. E tra questa popolazione italiana cita Giacomo Matteotti. “Il fascismo aveva in realtà, da tempo, scoperto il suo volto, svelando i suoi veri tratti brutali e disumani. Come ci ricorda il prossimo centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti”, sottolinea il Presidente della Repubblica. “Sono venuto qui, oggi, a Civitella – uno dei luoghi simbolo della barbarie nazifascista – per fare memoria – dice Mattarella – di tutte le vittime dei crimini di guerra, trucidate, in quel 1944, sul nostro territorio nazionale e anche all’estero”. “Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca; cercavano di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani; cercavano di operare vendette nei confronti di un popolo considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore. Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale,  contrari all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità. Nessuna ragione, militare o di qualunque altro genere, può infatti essere invocata l’uccisione di ostaggi e di prigionieri inermi”, continua nel suo discorso Mattarella. “I nazifascisti ne erano ben consapevoli: i corpi dei partigiani combattenti, catturati, torturati, uccisi, dovevano rimanere esposti per giorni, come sinistro monito per la popolazione. Ma le stragi dei civili cercavano di tenerle nascoste e occultate, le vittime sepolte o bruciate. Non si sa se per un senso intimo di vergogna e disonore, o per evitare d’incorrere nei rigori di una futura giustizia, oppure, ancora, per non destare ulteriori sentimenti di rivolta tra gli italiani”. “Generazioni di giovani italiani, educati, fin da bambini, al culto infausto della guerra e dell’obbedienza cieca e assoluta, erano stati mandati, in nome di una pretesa superiorità nazionale, ad aggredire con le armi nazioni vicine: le «patrie degli altri» come le chiamava don Lorenzo Milani”. “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. E poi l’esaltazione della Resistenza. “Nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre termine al dominio nazifascista sul nostro territorio, per instaurare una convivenza nuova, fondata sul diritto e sulla pace”. “Vi fu l’eroica Resistenza dei circa seicentomila militari italiani che, dopo l’8 settembre, rifiutarono di servire la Repubblica di Salò, quel regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il totale controllo di Hitler.  Furono passati per le armi, come a Cefalonia e a Corfù, o deportati nei lager tedeschi. Vi fu la Resistenza della popolazione, ribellatasi spontaneamente di fronte a episodi di brutalità e alle violenze, scrivendo pagine di eroismo splendido di natura civile. Vi furono le coraggiose lotte operaie, culminate nei grandi scioperi nelle industrie delle città settentrionali. In tutta la Penisola, nelle montagne e nelle zone di mare, si attivò spontaneamente, in quegli anni drammatici, la rete clandestina della solidarietà, del risveglio delle coscienze e dell’umanità ritrovata”, spiega Mattarella. “Fu la Resistenza civile, la Resistenza senza armi, un movimento largo e diffuso, che vide anche la rinascita del protagonismo delle donne, sottratte finalmente al ruolo subalterno cui le destinava l’ideologia fascista. La Resistenza, nelle sue forme così diverse, contribuì, in misura notevole, all’avanzata degli Alleati e alla sconfitta del nazifascismo. Liberazione, dunque, dall’occupante nazista, liberazione da una terribile guerra, ma anche da una dittatura spietata che, lungo l’arco di un ventennio, aveva soffocato i diritti politici e civili, calpestato le libertà fondamentali, perseguitato gli ebrei e le minoranze, educato i giovani alla sacrilega religione della violenza e del sopruso. A differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza fecero uso delle armi perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia”, conclude il Presidente della Repubblica.

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