Meloni tiene unito il governo sul riarmo Ue riequilibrando i pareri opposti di Tajani e Salvini

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Giorgia Meloni ha dato via libera al ReArm Eu, il piano per la difesa illustrato dalla presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen. Al Consiglio straordinario a Bruxelles, la premier si è allineata agli altri leader europei, ma ha posto una serie di paletti su alcuni punti del programma. A partire dall’uso dei fondi di coesione per acquistare armi su cui Meloni si è detta contraria: “Abbiamo condotto una battaglia per escludere che venissero forzatamente dirottate delle risorse dai fondi di coesione alle spese sulla difesa”, ha spiegato ai giornalisti a margine della riunione con i Ventisette. Rimarrà “una clausola per cui volontariamente le Nazioni possono fare questa scelta”.

In altre parole la possibilità di usare quelle risorse per investire in armi non sarà obbligatoria per tutti gli Stati, ma volontaria. I fondi di coesione resteranno vincolati agli obiettivi per cui sono stati fissati, ovvero la competitività, la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo sostenibile e la crescita economica, ma i Paesi che ne avranno più esigenza – ad esempio quelli al confine con la Russia – potranno attingervi per la difesa.

Ad ogni modo, non sarà il caso dell’Italia. “Noi non possiamo impedire che altri la facciano, soprattutto Nazioni più esposte, ma per quello che mi riguarda proporrò al Parlamento di chiarire fin da subito che l’Italia non intende dirottare fondi di coesione sull’acquisto di armi. Sarà una decisione che prenderemo insieme al Parlamento e sarà una proposta che porterò avanti”.

Meloni in pratica parla dei suoi timori per il debito proponendo di accostare una garanzia europea per gli investimenti nella difesa. Il piano di von der Leyen infatti, prevede lo scorporo delle spese per l’acquisto di armi dai vincoli stringenti del Patto di stabilità e crescita, consentendo ai Paesi di creare debito senza incorrere nelle procedure di deficit eccessivo di Bruxelles. Una decisione accolta positivamente nel complesso, ma che, come ha sollevato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, può essere pericolosa per Paesi come l’Italia. Per questo motivo, Meloni ha insistito sul ricorso a “strumenti di garanzie europee per investimenti privati, su modello di InvestEU” e ha annunciato che una proposta verrà presentata da Giorgetti al prossimo Ecofin.

In altre parole, l’idea della premier sarebbe quella di usare fondi privati in aggiunta a quelli pubblici: “Stiamo facendo delle proposte per cui si possano reperire anche delle risorse per favorire gli investimenti e creare posti di lavoro, aiutare le aziende con delle garanzie europee per quegli investimenti”, ha detto.

Meloni ha ribadito anche il no dell’Italia all’invio di truppe europee al confine con la Russia, mentre si è allineata con la Germania sulla necessità di rivedere interamente il Patto di stabilità, allargando la revisione anche ad altre materie oltre la difesa. Infine, la premier ha chiesto che i fondi previsti per investire in armi vengano ammessi nel computo delle spese di difesa Nato. Per il governo, in sostanza, quanto proposto dal Von Der Leyen è utile se si riesce a creare un meccanismo quasi automatico per riconoscere quelle spese anche nell’ambito dell’Alleanza atlantica e venire così in contro ai target Nato.

Quanto sostenuto dalla premier sul sostegno all’Ucraina e sul riarmo dell’Unione europea è quello che può essere sostenuto tenendo ben chiaro che la sua maggioranza è profondamente divisa e altro non poteva fare. Da un lato Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, perfettamente allineato alle posizioni del PPE e che dà pieno e totale sostegno a Ursula von der Leyen e ai suoi reiterati allarmi sulla minaccia russa per l’Europa.

Dall’altro lato Matteo Salvini, anche lui vicepremier, che ha organizzato i gazebo pacifisti della Lega per l’8 e il 9 marzo e che ha bocciato, insieme al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il piano da 800 miliardi di euro per riarmare l’Ue della presidente della Commissione. Alla fine Giorgia sceglie la linea della mediazione, del compromesso e non mette il veto, cosa che Tajani e Forza Italia non avrebbero mai accettato, ma pone tutta una serie di paletti per non far esplodere l’altro alleato, ovvero il Carroccio.

Meloni, in nuce, sottolinea che “riarmo è parola sbagliata”, che l’Italia non utilizzerà i cosiddetti fondi di coesione per il riarmo, che quindi continueranno a essere usati per scopi sociali o per migliorare le infrastrutture e comunque a favore dei cittadini e le spese militari saranno scorporate dal calcolo dei parametri del Patto di Stabilità. Punto fondamentale soprattutto per il Mef e che in questo modo mette il governo al riparo da una nuova esplosione di debito pubblico e deficit e soprattutto non compromette i progetti, seppur ambiziosi, di taglio delle tasse per il ceto medio e di nuova rottamazione delle cartelle esattoriali, le due battaglie chiave di Forza Italia e Lega.

La premier aderisce al piano di Ursula ma con distinguo e potrà spiegare ai leghisti che il nostro Paese ha una posizione ben diversa da quella della Francia e anche da quella della Germania del cancelliere in pectore Friedrich Merz, sostenuto dai socialdemocratici dell’Spd che per la Lega sono fumo negli occhi. Un equilibri perfettamente governativo quello della premier che negozia a Bruxelles senza compromettere gli equilibri degli alleati di governo.

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