Negli Stati Uniti torna farsi pesante lo spettro di una nuova interferenza elettorale sulle presidenziali di novembre, dopo che eventi simili, poi confermati da un’indagine federale, avevano portato allo scandalo delle mail di Hillary Clinton, candidata democratica nella tornata del 2016 che vide vincitore il rivale repubblicano.
All’epoca ad essere accusata di interferenza sul voto a danno di un candidato – in quel caso i democratici – fu la Russia di Vladimir Putin, già all’epoca accusata da più parti e da più anni di condurre una guerra ibrida ai danni dell’Occidente a colpi di disinformazione e sostegno di varia natura a partiti di ispirazione sovranista, anti-Ue e anti-Nato. La tesi, all’epoca, era che il Cremlino tentasse di favorire l’elezione a sorpresa del tycoon perché una minore assertività di Washington a livello internazionale – Trump oggi come allora è un isolazionista dichiarato – avrebbe facilitato le mosse internazionali di Mosca, a partire dal dossier ucraino.
Otto anni dopo, il candidato repubblicano alla Casa Bianca è sempre Trump. Ma stavolta, se la ricostruzione dovesse essere confermata, la vittima dell’interferenza straniera sarebbe proprio lui, nemico provato della Repubblica Islamica, avendo la sua amministrazione, sette anni fa, fatto saltare l’accordo sul nucleare tra Usa-Ue e Iran, faticosamente negoziato dal predecessore Barack Obama. Durante i quattro anni di quella presidenza, Trump mise in campo tutte le opzioni possibili per colpire e indebolire Teheran, a colpi di sanzioni ma anche di bombardamenti mirati, se si pensa alla sorte toccata al comandante delle brigate Al Quds dei Pasdaran, Qassem Soleimani, considerato falco numero uno degli anti-americani del regime persiano e fulminato con un Tomahawk tirato dagli americani nel 2020 su ordine diretto del presidente.
L’accusa che lo staff della campagna per la ri-elezione del Tycoon ha lanciato in queste ore – hacker al soldo dell’Iran avrebbero rubato un documento pieno zeppo di vulnerabilità del vice, il senatore dell’Ohio J.D.Vance per poi cercare di veicolarle alla stampa americana – potrebbe essere credibile. L’accusa è stata lanciata da uno degli addetti alla comunicazione storici di Trump, Steven Cheung, che ha fatto riferimento a un report pubblicato venerdì da Microsoft nel quale il gigante informatico afferma di avere le prove che hacker iraniani avrebbero provato a penetrare nell’account e-mail di un importante esponente dello staff di una delle due campagne presidenziali durante il mese di giugno di quest’anno. Secondo quanto riporta il Washington Post, domenica 11 agosto, la campagna a cui si fa riferimento nel report di Microsoft è proprio quella di Trump.
La voce che gli iraniani stanno per influenzare le prossime elezioni americane è sostenuta da un recente rapporto di Microsoft. Secondo la mega corporation tecnologica, gli iraniani hanno creato per mesi siti di notizie false, fingendosi attivisti, preparando il terreno per alimentare la divisione e potenzialmente influenzare gli elettori. L’ultimo report di intelligence di Microsoft mostra come l’Iran stia sviluppando le sue tattiche in vista delle imminenti elezioni presidenziali statunitensi, che avranno implicazioni globali. Il dossier va un passo oltre quello che hanno rivelato gli 007 degli Stati Uniti, dando esempi concreti di gruppi iraniani operativi sul campo e delle azioni che hanno intrapreso fino ad ora.
A giugno, un gruppo legato alla Guardia rivoluzionaria iraniana ha preso di mira un alto funzionario della campagna presidenziale statunitense con un’e-mail di phishing. L’obiettivo era quello di hackerare l’account di un ex candidato alla presidenza senza riuscirci. L’azienda ha informato le persone colpite.
Un altro gruppo iraniano ha creato siti web che si spacciavano per siti di notizie statunitensi, prendendo di mira gli elettori degli opposti schieramenti politici. Un sito di fake news ha insultato il candidato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump definendolo un “pazzo furioso” e insinuando che faccia uso di droghe.
Tuttavia, Microsoft non specifica quali siano le intenzioni dell’Iran, oltre a quella di seminare il caos. L’Iran ha negato di avere intenzione di interferire o lanciare attacchi informatici durante le elezioni presidenziali americane.
Il rapporto di Microsoft descrive anche come sia la Russia che la Cina stiano sfruttando la polarizzazione politica in seno agli Stati Uniti per promuovere i propri messaggi divisivi in un anno elettorale di enorme importanza.
L’Iran si difende dalle accuse
“L’Iran è stato vittima di numerose operazioni informatiche offensive che hanno preso di mira le sue infrastrutture, i servizi pubblici e le industrie. Le capacità informatiche dell’Iran sono difensive e proporzionate alle minacce che deve affrontare. L’Iran non ha intenzione o piani per lanciare attacchi informatici. Le elezioni presidenziali statunitensi sono una questione interna in cui l’Iran non interferisce” dicono le autorità iraniane.
Le conclusioni di Microsoft sono in ogni caso coerenti con i recenti avvertimenti dei servizi di intelligence statunitensi, secondo cui attori stranieri sono determinati a diffondere false affermazioni in vista delle elezioni Usa di novembre.
Iran non ha né l’intenzione né il piano di lanciare attacchi informatici o interferire nelle elezioni presidenziali americane e considera le elezioni un affare interno di quel Paese”: lo ha affermato la missione permanente dell’Iran presso l’Onu in riferimento ad un rapporto della Microsoft secondo cui Teheran sta accelerando le attività online, compresi gli attacchi di phishing, per influenzare le elezioni statunitensi.
Le capacità informatiche dell’Iran sono difensive e proporzionate alle minacce che deve affrontare, come le precedenti operazioni informatiche contro il Paese, ha aggiunto la missione.
“Tali accuse fanno parte di operazioni psicologiche volte a creare un falso slancio per le campagne elettorali negli Stati Uniti”.
E’ stata la campagna del repubblicano Donald Trump a denunciare che le vittime dell’attacco – volto a ottenere, secondo una ricostruzione fornita dal Washington Post, informazioni confidenziali sul candidato vice di The Donald, J.D. Vance – sarebbero proprio i repubblicani. Dietro l’attacco ci sarebbe la Repubblica Islamica dell’Iran. Vera o falsa che sia, la notizia dell’interferenza di una potenza straniera nella corsa alla Casa Bianca – non una novità se pensiamo ai fatti del 2016, quando a essere eletto fu proprio Trump – si inserisce in un contesto geopolitico delicato, dove un ruolo da protagonista lo gioca proprio l’Iran, paese nemico di Israele, dal quale ci si aspetta presto o tardi una dura ritorsione contro Tel Aviv per l’uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran lo scorso 31 luglio.