Un pentagramma, alcune parole, un animo buono e gentile sono le caratteristiche principali della storia di Milad Fatouleh. Lui un ragazzo palestinese nato a Betlemme, vive ormai da trent’anni in Italia con nel cuore il sogno di poter cantare la pace. Quella pace che nella sua terra d’origine sembra essere una allegorica utopia. Ma Milad ci crede, ci crede insieme alla sua meravigliosa famiglia che, all’ombra del francescanesimo, ha maturato un’esperienza di vita davvero unica. Accanto a lui e alla sua famiglia, quasi come un delicato soffio di vento che accarezza la pelle e percorre le arterie dei suoi e dei loro corpi un amico, un fratello, un padre, un angelo in terra. Un omone dalla carnagione olivastra, dagli occhi pieni di gioia, dal cuore intriso di pace, gioia e, soprattutto, tanta speranza. È padre Ibrahim Faltas, un frate francescano di origini egiziane che oggi riveste il ruolo di vicario custodiale di Terra santa e rettore delle scuole di quel lembo di terra dove tutto nacque. Un incredibile connubio di grande umanità quello tra Milad, la sua famiglia e il “fratacchione” che hanno scritto una delle pagine più belle della storia dell’umanità. Una testimonianza di vita reciproca di amore, solidarietà e impegno che costoro hanno riversato sul mondo e a favore del mondo. Di un mondo che, troppo spesso, è condizionato dall’incomprensibile irrazionalità surreale della violenza. Circa vent’anni fa, poco dopo la seconda intifada e mentre lo Stato di Israele iniziava a costruire il muro che doveva dividere e proteggere lo stato ebraico da quello palestinese Milad vive, quasi inconsapevolmente una esperienza che gli cambierà la vita in tutti i sensi. Padre Ibrahim, avendolo udito cantare lo iscrive nella sezione estera alla storica kermesse antoniana dello Zecchino d’Oro. Miald, con la sua inseparabile famiglia arriva in Italia ignaro di quanto stava per vivere e si trova catapultato sul palcoscenico del famoso mago Zurlì. Canta le note che più che dalle corde vocali, insieme alle parole arrivavano dal cuore di quel bambino incantano chi lo ascolta. Lui vince lo Zecchino d’argento in un Paese, l’Italia, nel quale il francescanesimo, quello che lui ha conosciuto e ha imparato ad amare all’ombra della Grotta, è nato. Decide, con la famiglia, di restare in Italia. Alla vigilia della partenza dalla Puglia per San Marino dove venerdì prossimo, Milad canterà per la selezione delle semi finali del famoso concorso canoro, lo abbiamo incontrato insieme alla sua meravigliosa famiglia e lo abbiamo intervistato.
Milad, come sei arrivato in Italia? E Perché?
In Italia sono arrivato nel 2004, per partecipare al 47° Zecchino d’Oro, come primo rappresentante della Palestina grazie a Padre Ibrahim Faltas. L’esperienza dello Zecchino è indelebile nella mia vita, è stato il lancio per una nuova vita a me e alla mia famiglia.
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Qual è la storia della tua famiglia?
Nel 2004 durante lo Zecchino d’Oro mia mamma ha instaurato un forte legame di amicizia con una mamma di un’altra concorrente che risiede a Cassano delle Murge, in Puglia, e da lì questa famiglia, la famiglia Perotti Rausa ha fatto l’impossibile, insieme ai loro parenti, per farci venire e restare in Italia non come fossimo dei rifugiati ma con un normale e regolare permesso di lavoro dandoci la possibilità di avere una vita di pace e serenità.
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Che ruolo ha avuto padre Ibrahim Faltas e i francescani nella tua Vita?
Padre Ibrahim Falatas, che dire ? Lo conosco da quando avevo quattro anni, era il mio preside a scuola, ha sentito la mia voce a 6 anni e ha creduto in me, mi ha permesso di andare allo zecchino d’oro, mi ha dato tantissime opportunità come le ha, anche, date a tanti altri palestinesi. Lui è un uomo di pace, portatore di pace. Il messaggio di San Francesco: “signore fa di me uno strumento della tua pace”, è il mio motto, grazie a padre Ibrahim e ai francescani, cerco di far sentire la voce dei bambini e degli indifesi al mondo intero.
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Per chi hai cantato?
Grazie ai francescani ho avuto l’onore di incontrare il santo padre, di cantare per il Presidente Abu Mazen, di cantare per i Capitani Reggenti di San Marino a Gerusalemme nel 2018. Ho avuto l’onore di cantare l’inno nazione alla festa della Repubblica organizzata dal consolato generale a Gerusalemme, ho cantato per Biden quando nel 2022 venne a Betlemme.
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Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è uno: vedere la pace in Medio Oriente, come disse il Santo Padre e padre Ibrhaim Faltas: “niente più muri, ma ponti di pace”. È il momento di dire basta e di trovare una soluzione e permettere ai bambini che sono il futuro, di realizzare i propri sogni e di vivere in pace. Già 15 mila bambini morti, questi 15 mila non sono numeri sono persone, sono sogni, sono i medici del futuro, gli ingegneri del futuro, gli artisti del futuro. Meritano di crescere e di realizzare i propri sogni.
Cosa pensi della situazione in Terra Santa?
Penso che la situazione in Terra Santa dovrà risolversi il prima possibile, la pace in Medio Oriente è preziosa e darà la speranza all’intera umanità.
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Chi ha scritto i testi e la musica della canzone per l’Eurovision? E di che parla?
La canzone l’ho scritta io, pensando a tutto ciò che sta passando il mio popolo, vorrei far arrivare la voce dei bambini e dei deboli, infatti l’ho chiamata: “l’umanità chiama! Risponderete alla chiamata?”.
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Ti manca la tua Palestina?
La Palestina mi manca sempre e vorrei riuscire ad avere un aeroporto in Palestina, perché la Palestina non ha un aeroporto ed è chiusa, per poterci andare bisogna fare un giro immenso dalla Giordania e aspettare ore e ore al confine per poter passare e arrivare finalmente a casa.
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