Nel 2025 il governo italiano può influenzare la linea strategica europea su quattro dossier: migranti, automotive, agricoltura e difesa

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La Commissione Europea ha sancito che l’Italia è al primo posto in Unione Europea per minori squilibri. Lo ha confermato l’Alert Mechanism Report (AMR), il documento che utilizza 13 principali indicatori macroeconomici (Mip Scoreboard) nel quadro della attività di sorveglianza che attiene alla cosiddetta Macroeconomic Imbalance Procedure e alla formulazione di raccomandazioni agli Stati membri per correggere i loro squilibri economici.

Il 2025 sarà l’anno delle riforme, come ha ricordato il presidente Meloni ad Atreju, per proseguire sulla strada intrapresa fin dall’inizio dalla squadra di questo Governo. La squadra capitanata da Giorgia Meloni è risultata vincente, perché capace di assicurare all’Italia un futuro migliore, da troppo tempo atteso.

Tre dossier ampiamente instradati e un quarto su cui si sta lavorando per arrivare a una svolta quanto mai urgente. Il 2025 in Europa si apre con l’attesa di un ritorno a una visione strategica su migranti, automotive, agricoltura e difesa sul cui sfondo di questa aspettativa c’è anche molta Italia: si tratta di questioni su cui il governo da subito è andato in pressing, riuscendo via via a conquistare un ruolo di leadership tra gli Stati membri e ad aggregare intorno alle proprie proposte alleanze inedite in grado di modificare gli orientamenti comunitari. «Forti degli equilibri mutati, puntiamo a cambiare rotta», ha detto al Secolo il capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza.
Per quanto riguarda il tema dei migranti il focus si è già spostato da tempo dalla redistribuzione interna alla protezione dei confini esterni. Si tratta della questione su cui probabilmente l’azione italiana è stata più evidente a livello di opinione pubblica. Lo è diventata ancora di più dopo l’esplosione del “caso Albania”, finito al centro di un dibattito da cui è uscito come una delle «soluzioni innovative» cui in Europa si guarda con maggiore interesse e con buona pace degli oppositori.

L’applicazione del protocollo si è trasformato in una accelerazione europea che potrebbe aprire la strada alla replica da parte degli altri Stati membri e all’adozione come modello comunitario. Se da un lato, infatti, è atteso il pronunciamento della Corte europea sui ricorsi italiani in base all’attuale normativa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha già annunciato che si sta lavorando per modificare la normativa e anticipare a giugno di quest’anno la revisione del concetto di Paese sicuro, che era attesa per il 2026 nell’ambito del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. La questione è stata al centro anche della lettera inviata da von der Leyen al Consiglio europeo prima dell’ultimo summit, nella quale la presidente ha anche fatto esplicito riferimento al drastico abbattimento degli arrivi dalla rotta del Mediterraneo centrale ottenuti grazie al protocollo con la Tunisia, di fatto reso operativo grazie all’impegno dell’Italia.

Sul dossier automotive novità in Europa sono attese già per questo primo mese del 2025. A gennaio a Strasburgo si discuteranno le risoluzioni per il ritiro delle multe per chi non riuscirà a raggiungere i target di vendita dell’elettrico, per l’anticipo della clausola di revisione sullo stop a benzina e diesel fissato per il 2035, anch’essa inizialmente attesa per giugno 2026, e sulla neutralità tecnologica. I Conservatori e il Ppe, il gruppo più numeroso in seno all’europarlamento, hanno già preparato testi che vanno in questa direzione.

Anche su questo terreno il governo italiano ha avuto un ruolo strategico: l’azione politica a difesa del settore si è trasformata in un non-paper redatto insieme alla Repubblica Ceca e presentato alla Commissione, che ha ottenuto il sostegno di 15 Paesi e di numerose associazioni industriali. Il commissario Ue ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas, popolare di impostazione conservatrice, ha confermato al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la sua piena disponibilità a dialogare sul tema con i governi e con le parti industriali. I due si incontreranno di nuovo proprio a margine della plenaria di Strasburgo di gennaio.

Anche per il settore dell’agricoltura si va verso la dismissione dell’approccio ideologico e anti produttivista che ha caratterizzato le politiche Ue per anni. Il 19 febbraio il nuovo commissario, il popolare Christophe Hansen, presenterà il piano per i 100 giorni, che rappresenta la sintesi della visione strategica per la legislatura. In quella sede si capirà cosa ne sarà della Politica agricola comune. La riforma della Pac formalmente riguarda il settennato che si apre nel 2027, ma di fatto è già in moto, a partire dalla sospensione del meccanismo nefasto dei sussidi condizionati alla messa a riposo delle colture, cioè destinati a chi smetteva di produrre. Quel sistema è stato bloccato con una norma transitoria scaduta con la fine del 2024, ma che ci si aspetta che venga rinnovata.

Infine, il dossier difesa, con lo scorporo delle spese dal Patto di stabilità e l’ipotesi di emissioni di eurobond dedicati. Qui le trattive sono più indietro, ma si vanno intensificando, ancora una volta sotto il pressing italiano. Per ora la Commissione ha mantenuto un atteggiamento di chiusura, ma la necessità strategica e l’urgenza di maggiori investimenti nella difesa, anche nell’ottica degli impegni Nato, è sotto gli occhi di tutti e la linea italiana per cui le spese non possono essere scaricate sulle spalle dei cittadini degli Stati membri sta prendendo sempre più piede. Il tema sarà oggetto del Consiglio europeo straordinario di febbraio. Sul dossier lavorano direttamente sia il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sia il premier, Giorgia Meloni.

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