Nuovo incontro tra Giorgia Meloni ed Elon Musk in occasione del vertice di domani a Parigi sull’intelligenza artificiale. La premier ribadirà la sua posizione su Cpi e caso Almasri

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Giorgia Meloni si è schierata con Donald Trump e contro l’Unione Europea sul caso Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica arrestato a Torino lo scorso 19 gennaio, liberato e rimpatriato poche ore dopo.

La premier ribadirà questa posizione anche a Elon Musk, garante del suo patto con il presidente degli Stati Uniti, in un incontro che pare essere già in programma domani, 11 febbraio, a Parigi.
Questo quanto trapela da fonti vicine al Governo secondo cui la premier potrebbe presto vedere il magnate per ribadire la vicinanza dell’Italia agli Usa nell’acceso scontro che vede i due Paesi alleati contro Ue e Cpi sul caso Almasri.

Il fondatore di Tesla, insieme al vicepresidente J.D. Vance, potrebbe essere infatti ospite di un vertice sull’intelligenza artificiale nella capitale francese al quale potrebbe presenziare anche la leader di Fratelli d’Italia.

Il 10 e l’11 febbraio 2025, Parigi diventerà la capitale mondiale dell’intelligenza artificiale (IA) in occasione del Vertice per l’azione sull’IA. Questo evento riunirà i capi di Stato e di governo, dirigenti di organizzazioni internazionali, di piccole e grandi imprese, rappresentanti del mondo universitario, ricercatori, organizzazioni non governative, artisti e altri membri della società civile di tutto il mondo.

L’intelligenza artificiale, il cui sviluppo è sempre più rapido, sta trasformando profondamente le nostre società ed economie. Questa tecnologia “dirompente” sta aprendo opportunità senza precedenti che potrebbero rivoluzionare settori chiave come la salute, l’istruzione, il lavoro o l’innovazione. La sua rapida diffusione solleva anche grandi sfide in termini di affidabilità delle informazioni, di tutela dei diritti fondamentali e di accessibilità. Alla comunità internazionale spetta il compito di mantenere l’equilibrio delle nostre società e di modellare un’IA che rispetti i valori universali.


La Francia si sta affermando come uno dei principali attori nel campo dell’intelligenza artificiale grazie a una serie di punti di forza fondamentali:

Una strategia nazionale messa in campo sin dal 2018, costruita sull’eccellenza della ricerca francese, sullo sviluppo della capacità di calcolo (supercomputer Jean Zay e Alice Recoque) e sull’adozione massiccia dell’IA nell’economia;

Un ecosistema di 600 start-up specializzate nell’IA, che giova di un numero di fondi raccolti in costante crescita;

Un asset diplomatico pienamente mobilitato, con la Francia che è uno dei sette Paesi a partecipare alle iniziative internazionali di riferimento sull’IA;

Un modello dedicato all’amministrazione – Albert – e al servizio degli utenti.

Come riporta Repubblica, la premier sarebbe tentata di rivendicare di persona a Musk la scelta di spalleggiare gli Usa e mostrare la differenza di Roma da Parigi e Berlino. Francia e Germania sono anzi sospettate di aver ordito la trappola Almasri, accusato dalla Corte dell’Aia di crimini di guerra e contro l’umanità, rilasciato e poi diventato un caso internazionale come testimonia anche l’inchiesta della Procura di Roma.

Meloni dunque tira dritto e alimenta la campagna contro la Corte penale Internazionale, una battaglia questa che, come scrive il quotidiano, non era programmata ma rappresenta una buona occasione politica.

“Noi giochiamo questa partita al fianco della Casa Bianca anche perché la nuova amministrazione vuole andare fino in fondo contro l’Aia”, questo il messaggio fatto trapelare dal Governo ai suoi membri alle Nazioni Unite.

Secondo alcune fonti, alla Commissione europea, Meloni avrebbe già anticipato le proprie intenzioni a Ursula von der Leyen. Sono giorni davvero concitati per la Presidente del Consiglio che ha partecipato a un consiglio dei ministri, sta battagliando pubblicamente ma soprattutto in incontri privati, mostrandosi poco per strategia, e ora programma il prossimo incontro con Elon Musk.

Il rapporto tra i due è ottimo, più volte hanno testimoniato la stima reciproca e si sono trovati concordi su molti temi politici e non. Il magnate l’ha definita “riflessiva, onesta e autentica” quando l’ha premiata con il Global Citizen Award, e ha sottolineato come la premier italiana fosse “più bella dentro che fuori”.

Dopo la marcia indietro di Donald Trump sui dazi nei confronti di Canada e Messico a fronte dell’impegno dei due Paesi nel contrasto a immigrazione illegale e spaccio di droghe, ma soprattutto in cambio di accordi bilaterali a vantaggio delle imprese statunitensi), ora l’attenzione si rivolge all’Europa. Elon Musk ha lanciato lo slogan Make Europe Great Again, ossia MEGA, ispirato all’analogo motto di Donald Trump (MAGA, Make America Great Again, peraltro diventato un marchio registrato), facendo leva sui sovranisti del Vecchio Continente. Ma a preoccupare sono i dazi annunciati anche nei confronti dei prodotti europei, come accaduto con quelli cinesi in ingresso negli Usa.

Il motto MAGA è diventato popolare negli Usa soprattutto in occasione della campagna elettorale di Donald Trump, che poi lo ha portato alla vittoria delle presidenziali lo scorso novembre.

Ancora oggi però continua a tenere banco, anche perché è diventato un marchio registrato, a fronte di poco più di 300 dollari: una mossa prettamente commerciale, per permettere al tycoon di stampare merchandising sui gadget venduti a sostegno della sua campagna elettorale.
In realtà la frase, seppure di poco differente, era già stata utilizzata da Ronald Reagan nella sua corsa alla Casa Bianca nel 1980 (Let’s Make America Great Again). Persino Bill Clinton vi ricorse nel 1992,mentre la moglie Hillary lo ricordò in uno spot radiofonico del 2008 quando si candidò a sua volta alle presidenziali.

Elon Musk lancia oggi MEGA: Make Europe Great Again, appello del miliardario ai cittadini europei. L’obiettivo sarebbe quello di far leva sui sovranisti del Vecchio Continente, perché si formi una rete che possa includere i tedeschi di Afd, Nigel Farage nel Regno Unito, ma anche la premier Giorgia Meloni in Italia, insieme al portoghese Andrea Ventura di Chega, al francese Éric Zemmour di Reconquête, all’olandese Dick Schoof e al belga Tom Van Grieken di Vlaams Belang. Nel dibattito sulle possibili conseguenze di dazi e di un crescente nazionalismo anche in Europa, si è inserito anche Marco Reguzzoni, ex presidente della Provincia di Varese e deputato della Lega, oggi in Forza Italia, che ha ricordato: “L’Europa deve tornare a essere grande non investendo cifre enormi in armamenti, ma riportando soprattutto il lavoro, che è la fonte della ricchezza. Perché l’Europa può tornare a essere grande se la produzione industriale torna in Europa”. È sempre lui a ricordare che Make Europe Great Again è un marchio già registrato, in particolare legato al quotidiano online dell’associazione I Repubblicani, dal 1° gennaio 2024, dopo la richiesta inviata all’ufficio europeo dei marchi e dei brevetti nel settembre del 2023. Può dunque essere utilizzato per “stampati e pubblicazioni, pubblicazioni multimediali, elettroniche, manifesti, fotografie, documenti, opuscoli, riviste, periodici, cataloghi e volantini”.

“Invocare il ritorno di un’America nuovamente grande non è una novità portata da Trump, anche se lui ha contribuito a renderlo uno slogan efficace. Ogni volta che gli Stati Uniti escono da un periodo di crisi – reale o percepita – si fa leva su questo concetto. Lo fece Ronald Reagan nel parlare di un’America che doveva tornare grande potenza e leader del mondo libero, dopo gli anni del Vietnam e in un momento di forte crisi istituzionale e di fiducia nella politica. Ricordiamo che Reagan arrivò dopo Jimmy Carter, considerato un presidente debole e che a sua volta seguiva Gerald Ford e Richard Nixon”.

Sicuramente la volontà di rilancio dell’America è un messaggio alla comunità internazionale. Ma in buona parte Trump parla anche agli americani. La questione dei dazi credo che sia destinata a rimanere tale centrale per i prossimi quattro anni. Le tariffe hanno diversi obiettivi: da un lato dovrebbero riequilibrare la bilancia dei pagamenti americana, ristabilizzare i conti statunitensi, quindi, ma hanno anche lo scopo di punire la delocalizzazione delle imprese Usa e dovrebbero essere uno strumento di pressione più esplicitamente politica. È il caso, per esempio, del Messico, che infatti ha reagito promettendo un rafforzamento del controllo delle proprie frontiere. Infine, servono anche in termini di consenso interno. Trump ne fece ricorso già 8 anni fa. Oggi ribadisce che gli Usa non vogliono fare guerre in senso stretto, perché costano investimenti, sono impopolari e portano a rafforzare il potere federale, cosa che Trump non vuole. I dazi aiutano, invece, a ottenere risultati in minor tempo, come si è potuto vedere. In Europa in molti guardano con interesse a Donald Trump, per il suo modo di essere e, soprattutto, di fare. Non è nuova una certa voglia di decisionismo, di discutere meno per dare invece più spazio al pragmatismo. Trump ha in qualche modo sdoganato questo atteggiamento, specie rafforzando l’idea che così facendo si portano a casa i risultati. Elon Musk, nella fattispecie, può permettersi di dire ciò che Trump, che è pur sempre il Presidente statunitense, non può dire. È colui che può permettersi di spingersi oltre l’istituzionalità, lanciando messaggi che, apparentemente, sono a titolo personale, anche se agisce in coordinamento con la Casa Bianca. Musk è in pratica un battitore libero che ha incarichi di rilievo all’interno del sistema amministrativo americano. Per ora sono fuochi d’artificio, ampiamente annunciati e veicolati. La realtà ci dice che bisogna aspettare per vedere fino a che punto può reggere la coppia Trump-Musk, visto che hanno entrambi caratteristiche molto, e forse troppo, particolari”.

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