La Commissione Europea ha presentato l’11 marzo 2025 una nuova proposta di regolamento sui rimpatri, con l’obiettivo di uniformare le procedure nei 27 Stati membri e rendere più efficace la gestione dell’immigrazione irregolare. Il testo introduce “l’Ordine di rimpatrio europeo”, il divieto d’ingresso per chi non collabora con il rimpatrio volontario e la possibilità di accordi con Paesi terzi per la creazione di hub extra UE. Attualmente, ogni Stato membro applica norme e criteri differenti in materia di rimpatrio, causando inefficienze e ritardi nei processi di espulsione. La bozza del nuovo regolamento mira a superare questa frammentazione introducendo “l’Ordine di rimpatrio europeo”, un meccanismo che dovrebbe permettere decisioni più rapide e coerenti tra i Paesi dell’UE. Gli Stati membri saranno obbligati a rispettare le stesse regole, riducendo le possibilità di elusione da parte dei migranti irregolari. Il regolamento prevede regole più severe per chi non ha diritto alla protezione internazionale, pur garantendo il rispetto dei diritti fondamentali. Viene ribadito che nessun individuo sarà espulso verso un Paese dove potrebbe subire pena di morte, tortura o trattamenti degradanti. Tuttavia, in caso di mancata collaborazione da parte del migrante, le autorità potranno determinare il Paese di origine sulla base delle informazioni disponibili. Un’altra novità significativa riguarda l’introduzione del divieto d’ingresso per chi non coopera con il rimpatrio volontario. Chi non lascia il territorio dell’UE entro il termine stabilito o si sposta in un altro Stato membro senza autorizzazione, potrà ricevere un divieto di ingresso fino a un massimo di 10 anni. Tale misura si applicherà anche a chi rappresenta un rischio per la sicurezza pubblica, prevedendo la detenzione fino all’espulsione nei casi più gravi. L’articolo 29 del regolamento stabilisce inoltre i criteri per la detenzione amministrativa dei migranti, incluso il rischio di fuga. Tuttavia, sono previste eccezioni per famiglie con minori e per i minori non accompagnati. Un aspetto particolarmente discusso del nuovo regolamento riguarda la possibilità di rimpatriare i migranti verso Paesi terzi con i quali esistano accordi o intese di rimpatrio. Questi “hub di rimpatrio” saranno soggetti a condizioni specifiche per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. L’obiettivo è evitare che i migranti restino irregolarmente sul territorio europeo, incentivando partenariati con Stati terzi per la gestione dei rimpatri. L’Unione Europea dovrà chiarire quali Stati terzi saranno considerati sicuri e stabilire criteri di valutazione. Su questo tema, il governo italiano è particolarmente interessato, in quanto il progetto degli hotspot in Albania ha incontrato ostacoli legali relativi alla definizione di “Paesi sicuri”. Attualmente, solo il 20% dei cittadini di Paesi terzi a cui viene ordinato di lasciare l’UE effettivamente esegue il rimpatrio. Il nuovo regolamento punta a migliorare questa percentuale, riducendo ambiguità legali e ritardi amministrativi. Il testo sottolinea come l’attuale sistema di gestione dell’immigrazione venga messo in crisi dalla scarsa applicazione delle decisioni di rimpatrio: attualmente solo il 20% dei cittadini di Paesi terzi a cui viene ordinato di lasciare l’UE lo fa effettivamente. Il nuovo regolamento punta quindi a una gestione più efficace, riducendo le ambiguità legali e i ritardi amministrativi che oggi compromettono il sistema. Nonostante l’approccio più rigoroso, il regolamento richiama il rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi internazionali, tra cui la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e le principali convenzioni internazionali sui diritti umani. Il principio di non respingimento resta un pilastro della normativa, assicurando che nessun migrante venga rimpatriato in un Paese dove potrebbe subire persecuzioni, tortura o trattamenti disumani. Questo nuovo regolamento rappresenta un passo significativo nell’attuazione del Patto su migrazione e asilo, mirato a rafforzare la credibilità e l’efficacia delle politiche migratorie dell’UE. Secondo il testo, un sistema migratorio funziona solo se accompagnato da una politica di rimpatrio credibile: il mancato rispetto delle regole mina la fiducia dell’opinione pubblica, incentiva arrivi irregolari e alimenta il traffico di esseri umani. L’obiettivo è quello di trovare regole comuni per gestire il rimpatrio dei migranti irregolari che non hanno visto accolta la propria domanda di asilo nei Paesi Ue. La nuova proposta di regolamento dovrebbe anche chiarire la definizione di “centri di rimpatri” in Paesi terzi su cui l’Unione europea vorrebbe investire, sulla falsariga di quanto fatto dal governo italiano. Tuttavia, la presentazione della lista degli Stati terzi considerati sicuri, contestualmente alla revisione dei criteri di definizione, che secondo quanto ha riferito il commissario europeo dovrebbe arrivare “entro giugno”. Entro l’estate la Corte di giustizia dell’Unione europea, poi, si esprimerà sui ricorsi pregiudiziali presentati dal Tribunale di Roma che finora non ha mai riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti poi trasferiti in Albania perché – questa l’argomentazione dei giudici – provenienti da Paesi ritenuti sicuri (come Egitto e Bangladesh) solo in alcune porzioni di territorio e solo per specifiche categorie o gruppi di individui. L’accordo dovrà stabilire le modalità di trasferimento e le condizioni di permanenza del migrante nel Paese terzo, che potranno variare da breve a lungo termine. Inoltre, sarà previsto un meccanismo di monitoraggio continuo per verificare l’attuazione dell’accordo e adeguarsi ad eventuali cambiamenti nelle condizioni del Paese terzo. I minori non accompagnati e le famiglie con minori saranno esclusi dai rimpatri verso questi hub, in linea con la protezione dei diritti dell’infanzia. Con questa proposta, l’Unione Europea cerca quindi di bilanciare controllo e diritti, mirando a una gestione più razionale dell’immigrazione irregolare senza rinunciare ai principi di umanità e protezione internazionale. L’attuazione concreta del regolamento dipenderà però dagli accordi che l’UE riuscirà a stringere con i Paesi terzi e dalla capacità degli Stati membri di applicare le nuove misure in modo uniforme ed efficace. La proposta fa parte del più ampio Patto su migrazione e asilo e rappresenta un tentativo di bilanciare il controllo dei flussi migratori con il rispetto dei diritti umani.
Paolo Iafrate